giovedì 23 ottobre 2014

A casa di Molly


Il matrimonio fra persone dello stesso sesso, inteso come fenomeno sociale di massa, in Occidente è un fenomeno storicamente nuovo e recente, ed è stato reso possibile solo dal passaggio della concezione della famiglia intesa come organizzazione che ha per scopo la gestione di un patrimonio e di una prole a quella di un luogo di soddisfazione di affetti personali reciproci, di condivisione e di cura della prole. In Italia, nel 1897 il criminologo Abele De Blasio, tra i discepoli di Cesare Lombroso, dava alle stampe il suo Usi e costumi dei camorristi con un capitolo interamente dedicato a O spusarizio masculino (il matrimonio fra due uomini, ndr.):

« Il luogo del sacrifizio è quasi sempre qualche lurida locanda, dove in giorno ed in ora stabilita si fa trovare l’amante, qualche sonatore di organetto e chitarra ed una schiera di ricchioni, che fan corona alla timida... fanciulla [De Blasio usa il femminile con intento denigratorio ma sta parlando di un femminello, ndr.]. Dopo un balletto erotico, il più provetto della... materia augura alla felice coppia la buona notte; ma la sposina [si legga "lo sposo", ndr.], prima di lasciar partire gl'invitati, distribuisce loro i tradizionali tarallucci e vino. Il giorno dopo, 'o ricchione anziano, accompagnato da un caffettiere ambulante, porta agli sposi due piccole di latte e caffè e poi fa nel talamo un'accurata rivista per accertarsi se il sacrifizio fu compiuto in tutta regola »
Nel 1902 un fatto di cronaca nera, con la scoperta del cadavere “orrendamente mutilato” a Pianezze di Marostica nel vicentino, porta alla luce un “auto-matrimonio” tra due donne. Il cadavere apparteneva al marito di Angeli Celli, la donna, che si era sposata simbolicamente in chiesa con l'amante Libera Battaglin aveva narcotizzarono e ucciso l’uomo.
Da esattissime informazioni assunte ci risulta che queste due donne - le quali nell'assenza durata sei mesi del marito della Celli si erano date alle più raffinatamente perverse azioni sessuali - si amavano d’un amore così tenace e terribile da oscurare per esse qualunque altro affetto, tanto che la Marinella era giunta a dire questo: Io voglio così bene ad Angela, che per essa rinnegherei tutti, padre, madre, sorelle… la religione stessa!.
Il 12 aprile 1904 la polizia suonò alla porta d'un bordello clandestino nel rione Vasto a Napoli, gestito da un individuo soprannominato "la Signora", che aveva al proprio servizio "una schiera di ruffiani deputati a girare per i caffè e per le vicinanze degli alberghi ed accaparrare l'elemento attivo". All'interno del bordello furono trovati: « alcuni giovanotti vestiti da donna, che si scambiavano carezze coi loro amanti ed avventori. (...) Busti di sera e scarpini ricamati in oro stavano accantonati sopra una sedia a sdraio. Ciascun piano di toletta era ricco di ninnoli contenenti profumi, polvere di cipria, rossetto e lapis pel trucco degli occhi. In un armadio stavano attaccati abiti maschili di gran lusso, destinati alle feste per simulare la celebrazione del matrimonio. Questo avveniva nella prima congiunzione carnale cui si assoggettava qualche ragazzo, ed in quest'occasione la... pudibonda fanciulla non mancava di coprirsi con un lungo velo e di adornarsi di gioie e di fiori d'arancio. Fra la profusione di dolci e liquori non veniva dimenticato il sacchetto coi rituali confetti di nozze. » Quanto al movimento gay italiano, fin dalla sua nascita non aveva dubbi: il matrimonio era un'istituzione borghese e soffocante, da abbattere per tutti e non certo da allargare. Un "matrimonio gay" sarebbe stato semplicemente uno "scimmiottamento" d'uno stile di vita che ormai stava stretto agli stessi eterosessuali, come dimostravano le battaglie per l'introduzione del divorzio anche in Italia. Le notizie di richieste di accesso al matrimonio venivano perciò considerate, con divertimento, come manifestazioni folcloristiche di frange marginali ed ultraconservatrici, attardate in un passato ormai superato (cosa che in parte effettivamente erano). Il film Il vizietto sembrò a lungo il "manifesto programmatico" di questo tipo di coppie.

Effettivamente, prima della riforma del Diritto di Famiglia nel 1975 e della laicizzazione del matrimonio, in Italia il matrimonio fu davvero questo, sancendo l'ineguaglianza dei coniugi e la preminenza del marito sulla moglie. Ci sarebbero quindi voluti due decenni di cambiamenti prima che il matrimonio, ormai trasformato, diventasse "interessante" anche per le coppie dello stesso sesso. Ma già a partire dagli anni Settanta la pratica del matrimonio simbolico tra omosessuali sarebbe diventata più comune, dapprima in limitate frange conservatrici e fortemente marcate dalla visione religiosa della vita, che soffrivano di fronte all'esclusione dall'unione religiosa, ma col tempo e sempre di più anche al di fuori di questo àmbito, fino a diventare un fenomeno di costume. Tra i primi atti pubblici di questo tipo è annoverato quello del 2 settembre 1976 a Roma, nella sede d'un piccolo gruppo di militanti, l'Mpo (Movimento politico degli omosessuali, poi Ompo's) con Massimo Consoli che celebrò una sorta di "matrimonio laico" per alcune coppie di persone dello stesso sesso. Nel 1975 due cronisti del settimanale "Il Borghese" avevano chiesto un rito cattolico di benedizione matrimoniale a don Marco Bisceglia, prete del dissenso (che di lì a pochi anni avrebbe fondato Arcigay). Il loro scopo era comprometterlo, e infatti dopo la pubblicazione del loro articolo venne sospeso a divinis. Ma quante altre coppie all’epoca avranno contratto un matrimonio grazie al sacerdote consenziente? A queste cerimonie puramente simboliche si contrappose nei primi anni Ottanta l'azione di Doriano Galli, che sia pure in un contesto ancora immaturo tentò una prima, rudimentale "via giudiziaria".Nella sua battaglia per registrare l'unione con il suo compagno, Galli tentò la strada di sostenere che nessuna legge stabiliva per iscritto che per il matrimonio fosse necessaria la differenza di sesso tra i coniugi. Il dato risultò vero, ma il tribunale gli diede torto egualmente facendo riferimento alle "intenzioni del legislatore", rese esplicite dal fatto che nelle leggi si parla di "prole". Ad ogni modo, Galli riuscì ad ottenere il 30 dicembre 1981 il primo stato di famiglia tra due uomini conviventi more uxorio, in base alla legge 182, art. 8, del 23 marzo 1956, con i conseguenti diritti legali. Venne aiutato in ciò dall'avvocatessa Simonetta Massaroni, dall'On. Adele Faccio (Radicale) e dall'allora sindaco di Roma, Ugo Vetere. Doriano Galli avrebbe proceduta a una seconda registrazione con un nuovo partner il 21 gennaio 1988, ma a un terzo tentativo, compiuto il 30 giugno 2005, la cancelliera del tribunale rifiutò di registrare l'atto notorio, forse perché preavvisata il giorno prima da un articolo di quotidiano che annunciava il gesto. Galli ha poi sporto denuncia per omissione d'atto d'ufficio e abuso d'autorità. Interessante rilevare come Galli, il giorno prima che gli venisse rifiutata la registrazione, avesse criticato il movimento gay italiano e soprattutto Arcigay per la sua insistenza sull'ottenimento dei Pacs, quando in Italia la legge esisteva già, bastava solo richiederne l'applicazione. Evidentemente, le cose non erano tanto semplici quanto da lui prospettato. Nel 1980 Pina Bonanno, nel corso della battaglia per diritto a cambiare sesso anagrafico condotta dal Mit, chiese le pubblicazioni per il matrimonio con un'altra donna, sostenendo a ragione che per l'anagrafe risultava Giuseppe Bonanno, di sesso maschile. Si trattava però di un'azione tesa a dimostrare le assurdità create dall'assenza di una legge per la riattribuzione anagrafica, e non di una vera richiesta di matrimonio: in effetti la Bonanno una volta ottenuto quanto richiesto si sarebbe sposata sì, ma con un uomo, e in chiesa. Nel 1983 attirò la curiosità dei cronisti un finto matrimonio, che aveva intenti dissacratori, tra femminelle napoletane. Nel 1986 una lettrice del mensile gay "Babilonia" andò con la compagna a Parigi, dove il pastore protestante Pierre Doucé celebrava "benedizioni dell'amicizia". Ancora nell'estate del 1988, a Riccione, fu celebrato un matrimonio gay con tanto di pranzo di nozze; la manifestazione aveva lo scopo di stimolare l'approvazione di una proposta di legge riguardante i diritti delle coppie di fatto, che veniva discussa proprio in quel periodo in Parlamento. Di più forte impatto politico fu l'iniziativa del Centro d'Iniziativa Gay e di Paolo Hutter, consigliere comunale gay a Milano, per l'allora PDS, che unì il 27 giugno 1992 dieci coppie gay e lesbiche in piazza della Scala: Si noti però che all'epoca l'obiettivo non era ancora la richiesta di vero e proprio matrimonio, ma "solo" di una qualche forma di riconoscimento delle "unioni civili" in Italia (inutile aggiungere che da allora non è stato concesso né l'uno né le altre). Negli ultimi tempi, ai tentativi simbolici di unire coppie gay, si aggiunge la richiesta di celebrazione di rito matrimoniale religioso celebrato da sacerdoti consenzienti. Don Franco Barbero, ad esempio, celebra riti di questo tipo per coppie di gay e lesbiche. Questo rito ha ovviamente un valore esclusivamente morale e simbolico per le persone che lo celebrano, non essendo riconosciuto né dalla Chiesa cattolica né dallo Stato italiano. Con il XXI secolo inizia in Italia la battaglia per il riconoscimento delle unioni celebrate all'estero, tra le quali figurano anche unioni matrimoniali, dato che numerosi Paesi stranieri si sono dotati di questo istituto mentre l'Italia no. Il 28 giugno del 1993 in piazza Pretoria a Palermo Massimo Milani e Gino Campanella si uniscono simbolicamente in matrimonio. Il 21 marzo 1994 Ettore Brondolo e Filippo Meda Bernareggi si presentano con parenti e amici all'Ufficio dello stato civile di Nepi (Viterbo) chiedendo di potersi sposare. Secondo la cronaca, già nel 1998 si sposarono Tommaso Giartosio e Gianfranco Goretti, rendendo pubblica la loro unione.Fino alla presentazione nel 2002 della proposta di legge 2982 di Franco Grillini ed altri, che è volta a regolare le "unione affettive" ma avanza anche la richiesta d'estensione del matrimonio civile alle coppie gay, il matrimonio fra persone dello stesso non entra nell'agenda. Le cose cambiarono radicalmente con l'approvazione del matrimonio gay in Spagna, il 30 giugno 2005, che dimostrò che è perfettamente possibile che un Paese cattolico approvi leggi di questo tipo, con la conseguenza che la richiesta dei Pacs fu subito tradotta nella contro-offerta dei Dico, che ne erano un annacquamento, poi ulteriormente ridotta a quella dei Didore (priva di conseguenze concrete), per arrivare infine alla proposta di riconoscimento di non meglio specificati "diritti individuali dei partner della coppia", concludendo con il nulla di fatto. Allo stato attuale, due persone aventi lo stesso sesso possono accedere all'istituto del matrimonio in 19 nazioni: Paesi Bassi, Belgio, Spagna, Norvegia, Svezia, Portogallo, Islanda, Danimarca, Francia, Regno Unito (le coppie dello stesso sesso possono contrarre matrimonio in gran parte del Paese), Lussemburgo (a inizio 2015 le celebrazioni dei primi matrimoni tra persone dello stesso sesso nello Stato), Canada, Stati Uniti (le coppie dello stesso sesso possono contrarre matrimonio nella capitale e in 32 Stati della federazione), Messico (le coppie dello stesso sesso possono contrarre matrimonio nella capitale e in 2 Stati della federazione), Argentina, Brasile, Uruguay, Sudafrica e Nuova Zelanda. Inoltre in Israele, in Aruba, in Curaçao e in Sint Maarten, pur non essendo consentito alle persone aventi lo stesso sesso di accedere all'istituto del matrimonio, vengono registrati i matrimoni fra persone dello stesso sesso celebrati altrove. In vari Paesi si può accedere a ufficializzazioni diverse dalle nozze; le persone omosessuali, aventi o meno la possibilità di contrarre matrimonio, hanno spesso accesso a questa tipologia di unioni civili. Il 3 aprile 2009 il Tribunale di Venezia ha emesso, su ricorso di una coppia omosessuale, un'ordinanza di remissione alla Corte costituzionale con cui si chiede alla Corte di valutare se l'interpretazione corrente e sistematica del codice civile che esclude le coppie omosessuali sia costituzionale. Il Codice civile italiano, pur non prevedendo nulla a proposito della diversità di sesso degli sposi, in alcuni articoli contiene le parole "moglie" e "marito"; ed è su questa previsione, secondo la corte di Venezia, che si fonda l'impossibilità di celebrare un matrimonio omosessuale. A questa prima ordinanza, che lamenta la violazione degli articoli 2, 3, 29 e 117 della Costituzione della Repubblica Italiana oltre che della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali e della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, se n'è aggiunta una seconda, emessa dalla corte d'appello di Trento nell'agosto 2009. Analoghe ordinanze sono state in seguito emesse dalla Corte d'Appello di Firenze e dal Tribunale civile di Ferrara. Il 14 aprile, con la sentenza n. 138/2010, la Corte Costituzionale ha respinto i ricorsi del Tribunale di Venezia e della Corte d'appello di Trento come inammissibili (in riferimento agli artt. 2 e 117 della Costituzione), poiché la questione non rientra nelle competenze della Corte, e infondati (con riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione), "in quanto le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio". Successivamente, con l'ordinanza n. 276/2010 del 7 luglio 2010 e l'ordinanza n. 4/2011 del 16 dicembre 2010, sono stati respinti con motivazioni analoghe anche i ricorsi della Corte d'appello di Firenze e del Tribunale di Ferrara. L'11 giugno 2014 la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali le norme dell'ordinamento italiano che disciplinano l'automatico scioglimento del matrimonio in seguito al cambiamento di sesso di uno dei coniugi laddove non consentono ai coniugi stessi, dopo lo scioglimento del matrimonio, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal legislatore. Il 15 marzo 2012, la Corte ha emesso una sentenza da più parti definita storica in cui, pur esprimendosi negativamente sulla richiesta da parte di una coppia dello stesso sesso italiana sposatasi all'estero di vedere riconosciuto il proprio matrimonio in Italia, ha dichiarato che nell'ordinamento giuridico italiano la diversità di sesso dei nubendi non è presupposto indispensabile, naturalistico, del matrimonio. Oggi la battaglia si apre tra il Ministero dell’Interno ed il sindaco di Roma, ciò che rileva giuridicamente è che le trascrizioni presso i registri comunali della capitale non hanno alcuna validità giuridica ma solo simbolica ed opinionista. All’abrogazione del DOMA, il Presidente degli Stati Uniti, Obama, ha affermato: “quando tutti gli statunitensi sono trattati equamente, a prescindere dalla persona che amano o che li ama, siamo tutti più liberi”.

mercoledì 1 ottobre 2014

Danny Crane!!



Giro sul web come giro per la mia città in bicicletta, di fretta ma curiosa ed è così che trovo pagine e pagine di consigli per scegliere un buon avvocato per la vostra causa. Sull’argomento ne scrivono giudici, clienti, ex clienti ed opinionisti: gli avvocati, stranamente, tacciono; meglio non risultare antipatici o supponenti. Secondo i più, giudici esclusi, in giro è pieno di bravi avvocati, tranne poi fermarsi al bar e sparlare della categoria,  ma quali sono le migliori caratteristiche che i malcapitati dovrebbero avere per guadagnarsi il titolo vero e proprio di “Ottimo Avvocato”? La prima dote che deve avere, secondo il web, un buon avvocato per farsi strada è la conoscenza di tutte le leggi o di una buona parte di esse, perché questo gli permetterà di capire subito il problema che gli viene posto dal cliente. Un buon avvocato deve avere una buona dialettica per esporre  la sua tesi in maniera convincente e persuasiva, tanto da farla apparire l’unica verità al cospetto degli altri. Tra i cinque talenti biblici deve possedere l’intuito, utilissimo in una causa per prevenire le mosse dell’avversario e per capire, sempre, se si è di fronte alla menzogna oppure alla più scontata delle verità. Un buon avvocato deve essere sempre disponibile e rispettare i clienti, ascoltarli e indicargli la giusta strada da seguire. In pratica dire la cosa giusta al momento giusto e quello che il cliente si vuole sentir dire. Questo piccolo rotocalco non tiene conto della nostra arguzia, del nostro coraggio, della nostra professionalita’, della nostra compassione né della nostra passione
Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la nostra professione l’essere esercenti di un pubblico servizio. Innanzitutto il lavoro di un avvocato comporta una responsabilità d’immagine di tipo etico e morale che si traduce nella sua professionalità, intesa come preparazione formativa ma allo stesso tempo nella sua capacità d’improvvisare; una caratteristica un po’ teatrale. Non è la” tuttologia” un po’ remissiva compiacente ed un po’ sudicia sopradescritta che caratterizza la nostra professione. No! Più di tutte è la passione, sì la passione insieme alla dedizione ed alla costanza. La passione quella descritta da La Rochefoucauld: l'unico oratore che spesso persuade. Inoltre, non è l’intuito che sa risponderci e predirci se il cliente dice la verità, non è chiromanzia la nostra professione. Cerchiamo di  affermare una verità processuale non assoluta. L’avvocato è  un partigiano. Chi vive veramente la professione di avvocato non può non parteggiare. L'indifferenza è la fatalità; su cui non si può contare che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti. Serve l’abilità di vedere  chiaro nelle cose, di prospettare soluzioni dei problemi più urgenti, o di quelli che, pur richiedendo ampia preparazione e tempo, sono tuttavia altrettanto urgenti. L’importante è che queste soluzioni siano animate da una luce morale;
Vivo, sono partigiano. Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti un po’ come, ugualmente ma diversamente, affermava Antonio Gramsci