sabato 15 novembre 2014

Il Gioco d'azzardo patologico


Il gioco d'azzardo (il termine azzardo deriva dall'arabo az-zahr, che significa dado: infatti i più antichi giochi d'azzardo si facevano utilizzando dadi scommettendo sul numero che sarebbe uscito), consiste nello scommettere beni, per esempio denaro, sull'esito di un evento futuro. La letteratura ha prodotto giocatori d'ogni tipo, tutte le diverse incarnazioni del mito dell'alea. Dall'autoritratto di Dostoevskij nel suo Il giocatore al quasi meccanico ufficiale di Schnitzler di Gioco all'alba, passando attraverso Bukowsky, Dickens, Maupassant, Wodehouse. 

In Dickens, per esempio, il gioco assume le sembianze di una parabola psicologica nella figura del signor Micawber che non fa che rilanciare la posta: tutta la sua vita è il suo tavolo verde, con dietro le spalla signora Micawber ad incitarlo a rischi sempre più assurdi. Ma il giocatore per antonomasia è quello di Dostoevskij. Dietro la maschera dell'esiliato dalla grande madre Russia, il prototipo del vero "gap", il giocatore d'azzardo patologico, di cui lo scrittore offre la prima, dettagliata diagnosi letteraria e poetica. 

Secondo un approfondimento del 30.05.2014 condotto da Matteo Iori, a Reggio nell’Emilia, presidente dell’Associazione Onlus ‘Centro sociale Papa Giovanni XXIII’ e di Conagga, coordinamento nazionale gruppo giocatori d’azzardo, in Italia nel 2013 sono stati "persi" 17 miliardi di euro. Le statistiche mettono l’Italia al 4° posto nel mondo per spesa in gioco d’azzardo. Approfondendo il discorso e aggiungendo qualche criterio, però, si delinea una situazione ben diversa, addirittura peggiore, che fa salire l’Italia al 2° posto. Lo studio parte da un numero: 84,7. Sono i miliardi giocati nell’azzardo nel 2013 secondo il Libro blu dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Di questi, 67,6 sono ritornati ai giocatori sotto forma di vincite; 17 definitivamente persi, andati parte all’Erario, parte alla filiera del gioco d’azzardo. Concentrandoci solo sui soldi persi: secondo i risultati del più autorevole report internazionale sul fenomeno (quello di H2 Gambling Capital), sono solo 10, al mondo, i Paesi nei quali gli abitanti perdono oltre 10 miliardi di dollari all’anno. Davanti a tutti, Stati Uniti (119 miliardi), seguiti da Cina, Giappone e poi Italia, con quasi 24 miliardi di dollari (ovvero i 17 miliardi di euro citati prima). “Ho fatto un passo successivo: ho diviso queste cifre per il numero di abitanti dei vari Stati, neonati inclusi, per capire quale fosse la spesa pro-capite. Così facendo, l’Italia sale al 2° posto, con 400 dollari persi a testa all’anno nel gioco d’azzardo. Davanti solo gli australiani, con 795 dollari pro-capite” In Veneto, nei primi dieci mesi del 2014, sono stati spesi per videolottery e slot machine oltre 3,3 miliardi di euro, con una spesa pro-capite di 670 euro (nell’interno Paese il fatturato del gioco d’azzardo nel 2013 ha fatto segnare i 90miliardi di euro). Il gioco d’azzardo patologico, che in Italia coinvolge circa 800mila soggetti, fa segnare proprio nel Nord-Est il suo record di penetrazione, registrando il 38% dei giocatori a rischio di dipendenza (dati CONAGGA, Coordinamento nazionale gruppi per Giocatori d’Azzardo). Sono cifre e percentuali impressionanti, che indicano come la nostra regione sia l’osservato speciale numero Uno di questo comportamento patologico dei nostri tempi. Questi dati sono purtroppo seguiti una constatazione: nonostante sia a così forte rischio di “contagio”, il Veneto è ad oggi una delle poche regioni senza una legge regionale di riferimento e contrasto, nonostante sia stata la primissima ad aver registrato (già nella primavera del 2013) proposte legislative in merito. Sono ormai otto gli enti locali sul territorio italiano che hanno legiferato in materia di gioco d’azzardo e contrasto alla diffusione della patologia ad esso legata. La spinta a produrre delle leggi regionali in materia, che hanno finito per non limitarsi solo alla ludopatia, ma ad introdurre profonde differenze sul gioco in territori anche molto vicini. Il primo legislatore in ordine di tempo è stata la provincia autonoma di Bolzano, il cui provvedimento originario risale addirittura al 1992 e l’ultimo al 2010. Dopo sono venuti tutti gli altri interventi: nel 2012 la Liguria, mentre nel 2013 in ordine sono venute Emilia-Romagna, Lazio, Toscana, Lombardia, Abruzzo e ultima la Puglia che è in attesa di promulgare la propria legge a breve. Si parla dell’esistenza di una “riserva statale” per la volontà del legislatore centrale che fosse strettamente governato a livello centrale; in origine per preservarlo dalle infiltrazioni criminali, e ora più che mai per tutelare le fasce più deboli e la salute dei cittadini. Quello che accomuna le leggi citate è la volontà di disincentivare l'introduzione di nuovi apparecchi in risposta soprattutto ai sindaci che chiedono con sempre maggior forza, anche attraverso l’ANCI, voce in capitolo su orari e dislocazione dell’offerta di gioco, in particolar modo di Slot e VLT, sia all'interno degli esercizi commerciali esistenti, che rispetto all’apertura di nuove sale dedicate. Per questo quasi tutti si sono ispirati ad uno dei punti cardine stabiliti dal Decreto Balduzzi nel 2012 e cioè la distanza dai luoghi ritenuti sensibili perché frequentati dalle categorie tradizionalmente più deboli come minori e anziani. Questo ha posto gli apparecchi ad una distanza considerata di sicurezza di 300/500 metri da scuole, oratori, ospedali, chiese e altro. Non solo questo tema è stato traslato dal decreto citato: capitolo a parte merita la pubblicità per la sua capacità di indurre al gioco, e quindi alla patologia, ma rovescio della medaglia anche per la sua funzione “necessaria” di informare correttamente il giocatore sulle reali probabilità di vincita di ciascun gioco. Molti enti hanno previsto il divieto di pubblicizzare l’apertura di nuove sale, ma progressivamente anche di ogni altra attività correlata al gioco, seppur lecito. E sono pesanti le sanzioni decise, dove spicca la Regione Lazio con un massimo di 15 mila euro. Previsti anche sgravi su tasse comunali e regionali per chi decidesse di dismettere gli apparecchi e apporre un marchio no slot che è stato mutuato dalla protesta di area cattolica contro la penetrazione dell’offerta di gioco sul territorio. Ultima grande innovazione sono i corsi di formazione per i gestori e una massiccia pubblicizzazione dei rischi legati al gioco, alla stregua di quanto è avvenuto nel nostro Paese ad esempio con il tabacco. Tutta la legislazione quindi mette al primo posto la salute e la tutela del cittadino, anche con l’istituzione di Osservatori Regionali che si stanno attrezzando). Una delle conseguenze, però, di una legislazione a macchia di leopardo è senza dubbio il rischio di alterare il funzionamento del mercato del gioco lecito, favorendo inevitabilmente la ripresa del mercato illecito. 

Mentre si discute sulla moltiplicazione delle slot machine , sul dilagare del gioco d’azzardo e della ludopatia come malattia sociale succede una cosa paradossale. Il Comune di Isernia perde (provvisoriamente) la sua battaglia contro un locale di Eurobet collocato in via Erennio Ponzio, esattamente di fronte al Servizio per le tossicodipendenze e a pochi metri da due scuole medie. Dunque, Isernia diventa un simbolo. Con l’augurio che vinca la sua battaglia, nel solco di altre Regioni «virtuose» del Paese: come l’Emilia Romagna, che ha aperto servizi per le cure in tutte le città, e la Lombardia, che ha appena approvato un programma per prevenire e ridurre il rischio della dipendenza dal gioco.