domenica 12 aprile 2020

IL PONTE DEGLI ASINI

Il termine è usato come metafora per un problema o una sfida che separerà i sicuri di mente dai semplici, il pensatore agile dal lento, il determinato dall'esitante: rappresenta un test critico per verificare la capacità o comprensione. In questi tempi di emergenza sanitaria la giustizia italiana è quasi ferma. Il covid19 ha bloccato il lavoro dei giudici, degli avvocati, dei cancellieri e delle forze dell’ordine con l’eccezione dei processi indifferibili come disposto dal decreto Cura Italia. Se è escluso che i tribunali riprendano la loro attività ordinaria nel breve termine, ciò non vuol dire che la paralisi del sistema sia inevitabile, e le prime iniziative in tal senso cominciano a vedersi. In particolare, il settore giustizia sta prendendo spunto ed estendendo una disposizione prevista dal decreto Cura Italia, che consente la partecipazione a qualsiasi udienza delle persone detenute, internate o in stato di custodia cautelare «mediante videoconferenze o con collegamenti da remoto».  Si pone il problema della presenza dei soggetti terzi per il processo penale, così come dei testimoni per il processo civile. Tutta l’idea di processo, secondo il ministero: "dovrà essere ricalibrata, in quanto noi oggi conosciamo una trattazione pressoché orale, mentre da remoto questa viene attenuata a favore anche di alcuni passaggi scritti".I modi in cui il foro intende sopperire a questo e al periodo successivo all’emergenza sono sia virtuali sia cartacei. Nel civile la notificazione del provvedimento sarà digitale, gli avvocati potranno accedere ai fascicoli informatici mediante una «richiesta di visibilità», dove si potrà acquisire l’indirizzo telematico dell’aula virtuale e il link con il quale fissare l’udienza. Potranno essere ammesse dal giudice deduzioni delle parti tramite l’uso della chat o di un altro strumento di condivisione dei testi, mentre lo svolgimento dell’udienza sarà video, con un’alternanza audio tra i vari attori e con la sospensione per l’ingresso virtuale in camera di consiglio del giudice prima della lettura della sentenza. 
Semplice direi, se non fosse che i processi penali in aula sono caratterizzati da altri elementi: Il loro fulcro è il dibattimento, nel corso del quale si avrà l'accertamento di eventi singoli avvenuti nel passato che non possono essere oggetto di osservazione diretta. Si tratta perciò di ricostruirli sullabase di altri fatti che si affacciano sulla scena giudiziaria ed hanno valore di prove. Il processo convoca nello stesso luogo  i soggetti coinvolti, l’accusato, la vittima, il pubblico, consentendo loro di agire nella scena giudiziaria. Efficace è l'esame dei testimoni come dell'imputato nell'immediatezza dell'aula, nello stress del rispondere e, certamente, nell'analisi del comportamento non verbale. Senza tralasciare nè trascurare l'enfasi della discussione finale che non può essere filtrata da uno schermo del computer. Mi sento reazionaria, in senso "cammaranano" in questo momento storico, pur attribuendo rilevanza all'utilità dell'informatizzazione del sistema giudiziario non vedo alcun favore nella celebrazione telematica del processo penale. Mi sento, in sostanza, reazionaria come colui  "compie un atto spirituale,primigenio e riflesso, di scelta e di coraggio, che si compone, ogni giorno,nell’accettazione della vita e della condizione di vita come realtà e nellatrasformazione della realtà come vita dell’uomo"
Ci vediamo in aula con la toga sulle spalle e nel cuore!

venerdì 10 aprile 2020

LA MORE AI TEMPI DEL CO(RONAVIRUS)LERA

“Era inevitabile: l’odore delle mandorle amare gli ricordava sempre il destino degli amori contrastati”. Comincia così “L’amore ai tempi del colera”, che io ritengo forse il più bel romanzo di Gabriel Garcia Màrquez, morto giovedì 17 aprile 2014 dopo un appannamento lungo di salute che aveva evocato, come ineffabile simbolo, due altri celebri titoli suoi: “L’autunno del patriarca” e “Cronaca di una morte annunciata”. E’ una storia strana di fedeltà e pazienza da parte di un uomo, Florentino Ariza, che da giovane si innamora perdutamente di una ragazza, Fermina Daza, figlia di famiglia ricca e di lei gelosissima. Fermina si accorge dello sguardo amoroso di quell’uomo, lo intercetta e forse lo ricambia. Ma sposa un altro e con lui tesse la storia di una famiglia e di una vita. Eppure Florentino Ariza non ha mai cessato di amarla e di attenderla: per cinquantun anni, nove mesi e quattro Giorni Florentino ha perseverato nel suo amore. Finché un giorno, dopo tanti, tantissimi anni…
Quella ai tempi del coronavirus è una storia diversa. In questo periodo un sussegursi di norme ci reclude nelle nostre abitazioni obbligandoci ad una convivenza forzata che in alcuni casi può integrare situazioni difficili. Perché ci sono le vittime della violenza domestica, in schiacciante prevalenza donne, che l’isolamento obbligatorio consegna di fatto ai capricci e ai soprusi del carnefice di casa. I momenti in cui si registra un aumento degli episodi di violenza sono infatti proprio le vacanze estive e le festività, i periodi, cioè, in cui la convivenza si fa più stretta. Le restrizioni in corso, implicando una prolungata condivisione degli spazi con il maltrattante, rischiano di determinare non solo un aumento del numero stesso di episodi di violenza, ma anche un loro aggravamento. Le condizioni di isolamento imposte aumentano le possibilità di controllo e di limitazione della libertà della donna esercitate dal maltrattante. L’isolamento, infatti, è una delle forme principali attraverso cui si manifesta la violenza domestica e spesso, per le donne che la subiscono, l’unico momento disponibile per contattare i servizi a cui chiedere aiuto è quello in cui sono fuori casa (o è fuori casa il partner).
La condizione di forte riduzione dei contatti esterni e la condivisione prolungata degli spazi abitativi con il partner violento, può, quindi, costituire un serio ostacolo all’emersione di situazioni di violenza domestica e assistita, un impedimento alla richiesta di aiuto dovuta alla difficoltà di contattare i servizi e un rallentamento generale dei percorsi di uscita dalla violenza.  È fondamentale, quindi, rassicurare le donne del fatto che la rete antiviolenza è presente, attiva e in grado di supportarle, e che anche in questo periodo potranno continuare a ricevere consulenza, sostegno e protezione. 
 I Centri Antiviolenza nazionali hanno preso immediate contromisure per continuare a garantire la prosecuzione dell’attività rimanendo disponibili h 24 e 7 giorni su 7 per consulenze telefoniche e accoglienza di persone in situazioni di emergenza.
È importante, inoltre, sensibilizzare la popolazione rispetto all’importanza di contattare le forze dell’ordine nel caso assistessero a situazioni di violenza.
Ognuno di noi può aiutare una donna vittima di violenza domestica e i suoi figli e figlie vittime di violenza assistita.
Ma se non si può nemmeno fare una telefonata come si sfugge?
 Un rimedio se lo sono inventato alle isole Canarie e sta dilagando in tutta la Spagna: lì, come qui, una delle eccezioni per poter uscire di casa è andare a comprare le medicine. Così, le farmacie provano a diventare un approdo sicuro per denunciare. Basterà dire: “Mascherina 19” . Una volta ascoltata la parola “Mascherina 19” scatterà un protocollo: il farmacista avvisa la polizia, a quel punto viene informata la speciale sezione “violenza di genere” delle procure che attiveranno il sistema di protezione. L'idea nata dalla collaborazione del governo delle isole Canarie con l’associazione delle farmacie, è arrivata anche nelle altre comunità autonome spagnole, da Madrid a Valencia, e chissà che non possa varcare i confini nazionali.