venerdì 29 dicembre 2017

L'accordo di Tristano


L'accordo di Tristano è un accordo formato dalle note fa, si, re# e sol#.  È così chiamato perché si sente all'inizio dell'opera di Richard Wagner Tristano e Isotta, e costituisce il leit-motif del protagonista nel quale l’armonia classica comincia inesorabilmente ad andare in pezzi. In generale l’accordo è un elemento formato, in questo caso, da quatto suoni (tetracordo) che devono essere eseguiti simultaneamente; esso costituisce la base sulla quale poggia la melodia per un certo lasso di tempo. Il preludio inizia con il Motivo del filtro d’amore (La –Fa – Mi – Re diesis) sulla cui ultima nota s’innesta il Motivo del desiderio. Nel punto in cui questi due languidi motivi si allacciano, essi vengono sorretti da altre due note inferiori: Fa e Si. Ne nasce l’accordo (cominciando dal basso) Fa – Si – Re diesis - Sol diesis. 
L’accordo è anche uno degli elementi essenziali del contratto, e consiste nell’incontro dei consensi dei contraenti. La legge usa spesso termini quali "accordo", ma anche convenzione (che può essere considerato nient'altro che un sinonimo del precedente) per figure che sono di incerta collocazione, come le convenzioni di lottizzazione e le convenzioni matrimoniali, gli accordi patrimoniali tra coniugi, gli accordi tra amministrazioni pubbliche, gli accordi sostitutivi e integrativi di cui alla l. 241/1990. Dal momento che l'articolo 1321 c.c. definisce il contratto come accordo c'è quindi da comprendere se i termini siano sinonimi o se indichino fenomeni diversi. Secondo la dottrina quella dell'accordo sarebbe una categoria generale nella quale rientrerebbe il contratto. La legge però non dice cos'è un accordo, limitandosi a definire il solo contratto. 
Da questo punto di vista, allora, la nozione può essere data in via residuale: gli accordi sarebbero quegli atti giuridici bi o plurilaterali che non sono contratti ("atti di autoregolamentazione dei propri interessi a struttura bilaterale o plurilaterale, che possono avere anche contenuto non patrimoniale" li definisce Donisi; mentre Maiorca li definisce come "ogni accordo di volontà avente una funzione giuridicamente rilevante"). Secondo parte della dottrina, poi, gli accordi si differenzierebbero dal contratto per la mancanza del conflitto di interessi; il contratto, cioè, sarebbe un mezzo per comporre interessi in conflitto, in quanto "le parti, muovendo ciascuna dalla visione dei propri interessi e così da posizioni contrastanti, si incontrano in un punto di mezzo". L'accordo, invece si caratterizzerebbe anche per la convergenza di interessi. Accordi, e non contratti, sarebbero anche i cosiddetti patti tra gentiluomini. In realtà la definizione del contratto come accordo deve essere poi precisata, perché se pure è vero che il sostantivo accordo sta a significare che le parti devono entrambe volere lo stesso contenuto contrattuale manifestando la loro volontà in modo positivo, è altrettanto vero che il codice conosce molte figure di contratto nato senza accordo.
 In primo luogo basti pensare che una qualsiasi fattispecie negoziale è perfetta anche nel caso della cosiddetta riserva mentale, in cui un accordo vero e proprio manca. Un contratto senza accordo è poi la figura del contratto con obbligazioni a carico del solo proponente (in cui la fattispecie si perfeziona con il mancato rifiuto) e quella del contratto con se stesso nonché tutte quelle fattispecie in cui una delle due parti non ha alcun potere di determinare il contenuto del contratto, come nel caso dei contratti per adesione; in quest'ultima ipotesi, infatti, il contratto è concluso anche se il contraente aderente non conosceva le singole clausole contrattuali, perché è sufficiente la loro conoscibilità. Un altro caso di contratto che nasce senza accordo ricorre tutte le volte che opera la presunzione di conoscenza di cui all'articolo 1335 c.c, relativamente all'accettazione; dal momento che l'accettazione si presume conosciuta quando giunge all'indirizzo del destinatario può capitare, infatti, che il contratto sia concluso senza che il proponente ne sappia nulla.

domenica 3 dicembre 2017

L'obbligazione delle 5P



L’obbligazione delle 5 P nei confronti delle donne dovrebbe consistere in un vincolo giuridico tra donna e Stato con lo scopo di realizzare e garantire le seguenti azioni: Promuovere una cultura che non discrimini le donne; Prevenire, con misure idonee, la violenza maschile sulle donne; Proteggere le donne che vogliono fuggire dalla violenza maschile; Perseguire i crimini commessi nei confronti delle donne;Procurare un risarcimento, non solo economico, alle vittime di violenza. L’ultima normativa in materia di violenza di genere c.d. legge sul femminicidio (d.l. 14 agosto2013, n. 93, conv., con mod., dalla l. 15 ottobre 2013, n. 119) ha introdotto nel settore del diritto penale sostanziale e processuale una serie di misure, preventive e repressive, per combattere la violenza contro le donne per motivi di genere. Senza prevedere, però, la fattispecie del reato di femminicidio ma normalizzando  le nozioni di “violenzadomestica” (o violenza intrafamiliare) e di “violenza assistita”(quando i minori assistono ad episodi di violenza in danno di figure familiari di riferimento come per esempio i genitori o i fratelli). 
La mancata previsione di un reato specifico di femminicidio (o femicidio), come espressione della violenza di genere che produce la morte della donna per mano maschile presenta evidenti difficoltà connesse alla tipizzazione del fatto punibile. Non è agevole infatti tradurre in una formula dai contorni ben definiti il movente dell’autore (uccisione di una donna a causa della sua condizione di donna) espresso con un concetto di tipo sociale  ogniqualvolta l’uomo ricorra alla violenza ogniqualvolta  ravvisi la necessità di riaffermare il proprio potere sulla donna, e provarlo in casi concreti. La determinatezza dei presupposti della responsabilità penale pretende una descrizione precisa della condotta di chi uccide una donna “in quanto donna”, dovendola poi necessariamente differenziare dalle uccisioni di donne con movente diverso. Questi larghi margini di incertezza dei criteri di imputazione oggettiva e soggettiva della fattispecie da incriminare come femminicidio, e da formulare con elementi propri che vanno al di là del sesso della vittima, ricostruibili nella prassi solo in termini ipotetici e congetturali, soprattutto per quanto riguarda il movente dell’autore, descritto come “movente di genere”.
Tuttavia, questa previsioni permanendo nell’ambito di protezione della donna legata o già legata al suo aggressore da un rapporto affettivo, rischierebbe  di tipicizzare solo i c.d. “femminicidi intimi” (realizzati da un uomo in danno di una donna durante o al termine di una relazione sentimentale), lasciando fuori una tipologia di violenze che non si limitano ai rapporti di tipo affettivo ma a tutt’altro tipo di relazioni, come, per esempio l’omicidio dei clienti o degli sfruttatori in danno delle prostitute. La previsione di una fattispecie ad hoc di femminicidio, autonoma e più grave rispetto a quella di omicidio, in funzione di maggior tutela della donna, a parte le segnalate difficoltà di tecnica legislativa, pone inquietanti interrogativi di legittimità costituzionale, oltre che di opportunità, in ragione della violazione dell’uguaglianza formale del bene vita per l’omicidio dell’uomo e della donna. Il diritto penale rimane (e deve rimanere) neutrale rispetto ai sessi. E’ vero che in taluni casi l’applicazione uniforme del diritto è una delle molte facce che può assumere la discriminazione. In realtà, dietro l’atteggiamento di chi propone uno “statuto penale speciale” per le donne, o un “diritto penale della differenza” connotato dal genere femminile del soggetto passivo che miri a riconoscere alle donne maggiore protezione di quella degli uomini in relazione ai reati che si collocano nell’area della violenza maschile verso il genere femminile, c’è una visione di una società sessista e patriarcale cui, consapevolmente o inconsapevolmente, aderisce.
La lotta per porre fine alla violenza maschile sulla donna è incompatibile con l’idea di un diritto penale al femminile, di un regime “speciale” di protezione penale delle vittime in ragione del genere al quale appartengono. Tutta l’attenzione deve essere rivolta all’azione di mobilitazione delle coscienze per trasformare modi di pensare e istituzioni costruite sull’assunto dell’inferiorità femminile e per modificare la realtà sociale ancora organizzata su una bipartizione di generi che avvantaggia gli uomini e mantiene le donne discriminate o escluse. E per invertire la rotta la risposta deve essere, anzitutto, politica, con l’obiettivo di ricostruire un patto sociale tra donne e istituzioni dello Stato.