domenica 15 febbraio 2015

La parola è mobile, qual piuma al vento



Come sosteneva Goethe: “Nessuna parola è immobile, ma con l'uso slitta dal suo significato iniziale piuttosto verso il basso che verso l'alto, piuttosto verso il peggio che verso il meglio, e piuttosto che allargarsi si restringe; e dalla variabilità della parola si può riconoscere la variabilità dei concetti.”  
Ne sa amaramente qualcosa  lo scrittore Erri De Luca che si è visto imputato per alcune affermazioni contenute in una intervista rilasciata dallo stesso ad Huffington Post.  
A proposito «La Tav va sabotata»,  è la frase per cui è accusato!
Il processo scaturisce dalla denuncia presentata nei di lui confronti da una impresa costruttrice, e che la Procura di Torino, con l'avvalo del G.U.P., ha ritenuto di qualificare ai sensi dell’art. 414 del Codice Penale che punisce con pena da 1 a 5 anni “chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più delitti”.
Aldilà della evidente eclatanza della iniziativa, non si riscontrano in epoca recente analoghi casi di scrittori mandati “alla sbarra” come istigatori per avere espresso una opinione, qualsivoglia essa sia.
“Istigare”, se le parole hanno ancora un senso, significa qualcosa di più di “convincere” qualcuno a fare qualcosa (o di rafforzarne il proposito), necessita quanto meno di una condotta attiva volta a determinare in altri un comportamento delittuoso che altrimenti non verrebbe, senza la predetta istigazione, posto in essere.
Occorrono dunque due requisiti che la locale Procura non pare abbia ritenuto di ricercare ossia: 1) la effettiva capacità di influenzare in modo significativo le altrui condotte e 2) una precedente assenza di autodeterminazione in capo al soggetto istigato.
Sul punto si osserva che per prima cosa lo scrittore non può essere equiparato al leader di un Partito o di un Movimento politico in grado, per il suo ruolo, di incitare gli iscritti ad agire secondo la linea politica loro indicata, ed è appena il caso di ricordare che mai in precedenza noti e reiterati incitamenti a varie forme di disobbedienza fiscale o di diversa natura da parte di alcuni leader politici risultano essere stati “attenzionati” dalle numerose Procure italiche.
E’ ben vero che al successivo comma la norma in oggetto punisce anche una ulteriore e diversa condotta, ossia quella di chi non fa pubblica istigazione, bensì “apologia di uno o più delitti” ma in tal caso, ed in questo ben cogliendosi la sua evidente diversità dalla ipotesi indicata al primo comma, è intervenuta molti anni fa la Corte Costituzionale stabilendo con la Sentenza n. 65 del 4 maggio 1970 che “l’apologia punibile ai sensi dell’art. 414 Cp è quella che per le sue modalità integra un comportamento concretamente idoneo a provocare la commissione di delitti trascendendo la pura e semplice manifestazione del pensiero”.
Ora, ritenere che uno scrittore che ricostruisce in una intervista il significato storico del termine “sabotaggio” possa rischiare fino a 5 anni di carcere suona alquanto stridente con le velleità democratiche di un paese che rivendica in ogni dove, ed anche di recente, orgogliose “superiorità occidentali ” in materia di libero dissenso o di satira.
Del resto, la stravaganza della imputazione risiede anche, e come si diceva ad inizio, nella sua “unicità”.
Infatti, a nessuno è mai passato per la testa di incriminare Oriana Fallaci per quegli ultimi scritti dove sostanzialmente incitava gli occidentali a prendere a schiaffi il primo musulmano incontrato per strada.
Nella sua, pertanto, inconsistenza giuridica, infatti è stato assolto perchè il fatto non sussiste,  la incriminazione di uno scrittore per la sua voce ostinata e contraria assume all’esterno più il significato di una azione repressiva e quasi intimidatoria, che “giusta” nel senso di ius (secondo diritto).