lunedì 23 marzo 2020

DIARIO DI PRIMAVERA DI UN AVVOCATO - GIORNO 2

CONTE, LA CASSA FORENSE E LO STATO DI CALAMITA': STORIA DI UN TRADIMENTO 


In data 31/01/2020 il Consiglio dei Ministri chiedeva ha dichiarato lo stato di emergenza, in conseguenza del rischio sanitario connesso al possibile contagio del coronavirus. All'ordine del giorno del Cdm, infatti, c'era la "dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili". Per affrontare l'emergenza sono stati stanziati 5 milioni di euro. In questi giorni si confermavano i due casi di infezione da coronavirus "che riguardano due turisti cinesi arrivati da pochi giorni in Italia". Per affrontare l'allarme, l'Italia ha chiuso il traffico aereo con la Cina: "Siamo il primo paese dell'Unione europea che adotta una misura cautelativa di questo genere" diceva  il premier Giuseppe Conte. "Assicuro- concludeva -che non c'è alcun motivo di crearepanico e allarme sociale". Lo stato di allarme può essere dichiarato "al verificarsi o nell'imminenza di calamità naturali o eventi connessi all'attività dell'uomo in Italia". Non è necessario che il problema si verifichi in Italia, perché il Consiglio può decidere di dichiararlo anche in caso di "gravi eventi all'estero nei quali la Protezione Civile italiana partecipa direttamente". Lo stato di emergenza di rilievo nazionale può essere portato a un periodo di massimo 12 mesi, che possono essere prolungati di altri 12 mesi: a definirlo è il Codice della Protezione Civile. Nonostante questo passo, non solo minimizza ma attende il 9 marzo prima di agire con specificità  non curandosi della categoria cui pretenderebbe di appartenere: "sarò l'avvocato degli italiani".  Infatti, si deve purtroppo constatare che le misure a sostegno dell’economia previste dal DL cd. “Cura Italia”, pur anticipate come rivolte a tutte le categorie di lavoratori, di fatto lasciano i professionisti (non iscritti alla gestione separata inps) in balia degli eventi, ancora una volta spostando la competenza degli interventi di sostegno in capo alle casse di previdenza private. 
 E così per l'antico brocardo "ognuno balla con sua nonna", l'avvocato di tutti ha escluso 4 abitanti ogni 1000. Fate un pò i conti voi (così vi distraete per qualche minuto). Nel mentre mi permetto di evidenziare concetti già affermati da altri colleghi avvocati che rappresentano soluzioni percorribili:
1)  Anticipazione rotativa agli avvocati da parte di Cassa Forense dei compensi a loro spettanti per l’attività già svolta in regime di Patrocinio a spese dello Stato (gratuito patrocinio), attività che è già stata svolta dagli avvocati almeno due anni fa (se non di più) e non ancora saldata dalla PA;
2) Riconoscimento a tutti gli avvocati delle agevolazioni riservate alle imprese in materia creditizia.
Provi ad impegnarsi, meglio di giorno che il sabato sera, caro Presidente del Consiglio, tra l'elaborazione di un'autocertificazione e l'altra.


domenica 22 marzo 2020

DIARIO DI PRIMAVERA DI UN AVVOCATO - GIORNO 1

LA PRIMAVERA NON LO SA E NEMMENO CONTE


Ancora una volta il Presidente del Consiglio, al solo scopo di farci vedere che lui lavora fino a tardi e di sabato per curare l'Italia, sbuca dal film del sabato sera alle 23.25 per comunicare nuove misure restrittive. Ritarda però, la domenica ad emettere il provvedimento, lasciandoci tutti nel caos e preoccupazione. L’impasto di autoritarismo e spossatezza che emana da una esibizione così infelice non deve rallegrare nessuno. Tantomeno questo atteggiamento da leader solo al comando che richiama più un Beppe Grillo epuratore che una figura di riferimento. 
Adotta decreti come gli editti dell'antica Roma a carico di un soggetto o dell'altro in maniera indistinta, disorganizzata che trasmette al popolo italiano timore, ansia ed insicurezza. 
Detti decreti stanno progressivamente restringendo le nostre libertà ed i nostri diritti, violando posizioni giuridiche di  rango costituzionale, prima fra tutte, la libertà di riunione e la libertà di movimento. Le misure imposte da questi decreti vengono spesso inasprite o comunque specificate da ulteriori ordinanze adottate dalle autorità locali, preoccupate di salvaguardare la propria comunità. La straordinarietà del caso è  tale da imporre la necessità di dettare con urgenza una disciplina immediatamente esecutiva proprio perchè urgente, ma deve rispondere a determinati requisiti.  Si postula, quindi, un’intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge dal punto di vista oggettivo e materiale ovvero funzionale e finalistico. E' d'obbligo l’inserimento di norme eterogenee rispetto all’oggetto o alla finalità del decreto in modo da renderlo omogeneo, immediatamente intellegibile anche e soprattutto rispetto al destinatario che deve essere messo nella condizione di   comprendere la disposizione per non mettersi involontariamente al di fuori della stessa per oscurità della norma. Serve impedire che l’ente sovrano degeneri nel Leviatano dell’antico testamento.
Quanto alle ordinanze emesse dai vari sindaci l’art. 50, 5° comma del T.U.E.L. prevede che «in caso die emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal Sindaco, quale rappresentante della comunità locale» In base al comma successivo «in caso di emergenza che interessi il territorio di più comuni, ogni Sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non intervengano i soggetti competenti». Guardando all’attuazione non sono disponibili dati statistici ma solo esempi disomogenei che sembrano indicare un uso sporadico di questo potere in situazioni variegate tra le altre in materia ambientale e di rifiuti e per lo sgombero dei nomadi.   
Rimane il fatto, che nella giornata di «Oggi NON ho visto lo spirito del mondo seduto a cavallo, che lo domina e losormonta». La disanima del potere necessitato di ordinanza, la sua ipertrofia e la degenerazione normativa ed attuativa che oggi osserviamo, dimostrano come l’invocazione dell’emergenza ha un efficace potere mistico: di fronte all’emergenza negli individui – sulla base di codici di comportamento evolutivi –prevale il bisogno di rafforzare il vincolo sociale mentre vengono inibite le spinte individualistiche e libertarie.   Quando la polis è in pericolo il demos invoca il sacrificio per esorcizzare la paura, offre la propria libertà per sopravvivere. In questo drammatico contesto colui che discute è irresponsabile, colui che critica è empio, colui che contesta è nemico: perché non partecipa alla salvazione della patria, perché si dissocia nel momento della difficoltà, perché nega la solidarietà, perché non vede la verità collettiva. L’abuso degli istituti emergenziali è storicamente endemico e, come un virus che incessantemente infetta il sistema delle competenze, manifesta una vitalità ostinata, pronto a risorgere non appena gli anticorpi allentano la morsa