venerdì 12 settembre 2014

L'ingiuria e le sue possibili varianti


Con il termine ingiuria, secondo quanto stabilito dall’art. 594 c.p., si intende l’offesa all’onore e al decoro di una persona "presente".
Sia l’ingiuria che la diffamazione, quest’ultima contemplata dall’art. 595 c.p., consistono in manifestazioni del pensiero. In particolare, secondo quanto stabilito dall’art. 594 c.p., l’ingiuria consiste nell’offesa all’onore ed al decoro di una persona “presente”.
All’interno dell’art. 594 c.p., l’onore viene distinto dal decoro, con la conseguenza che deve ritenersi che la prima espressione sia intesa in senso stretto, ovvero come indicativa delle sole qualità morali. Il decoro, invece, va riferito alle altre qualità e condizioni che concorrono a costituire il valore sociale dell’individuo.
A causa della estrema variabilità dei concetti di onore e di decoro, la linea di confine tra il penalmente illecito e ciò che non è tale, come, ad esempio, una mera scortesia o impertinenza, è spesso molto sottile, rimanendo affidata al saggio apprezzamento del giudice, il quale deve valutare tutte le circostanze del caso concreto.
Secondo quanto stabilito dall’art. 597 c.p., l’ingiuria è perseguibile a querela di parte. Se la persona offesa decede prima della presentazione della querela, questa può essere proposta da un prossimo congiunto, o dal suo adottante o adottato, sempre che non sia decorso il termine di tre mesi dal giorno in cui il defunto aveva avuto notizia del fatto che costituisce reato.
La condotta incriminata consiste nell’offesa all’onore e al decoro della persona, ovvero, in ultima analisi, in una manifestazione di disprezzo.
L’offesa deve essere commessa in presenza del soggetto passivo (nel caso contrario, infatti, sussisterebbe la diversa fattispecie di diffamazione).
Secondo un certo orientamento, ai fini della configurabilità del reato di ingiuria, non è necessario che il soggetto a cui le espressioni offensive vengono rivolte sia in grado di percepirle ed in effetti le percepisca. Ciò in quanto l'oggetto della tutela penalistica va individuato in termini più ampi, nel valore della dignità umana in quanto tale, ed è dunque irragionevole escludere dalla protezione i soggetti incapaci.
  Potrà trattarsi, come più spesso accade, di ingiuria verbale, commessa con l’utilizzo della parola, ma non è da escludere che l’offesa possa essere manifestata mediante scritti o disegni o immagini. .
Anche i comportamenti materiali possono integrare la fattispecie in esame (ingiuria reale), come nel caso dello sputo, di suoni sconci o di lievissime condotte violente (schiaffo) che abbiano come obiettivo quello di imporre alla vittima una sofferenza solo morale e non fisica.
E’ possibile individuare una ingiuria indiretta, laddove l’offesa colpisce una persona diversa da quella cui apparentemente è indirizzata (ad esempio, “tuo padre non ti ha insegnato l’educazione”), una ingiuria obliqua, nella quale l’offesa consiste in domande o negazioni (esempio, “sei stato tu a rubare?”) e una ingiuria simbolica, quando l’espressione, apparentemente innocente, contiene allusioni offensive.

IL "VAFFA" NON E' PIU' UN OFFESA
Non sarà «politicamente corretto» ma lo è ormai "giuridicamente". Dire a qualcuno vaffanculo, è espressione comune di un linguaggio scadente, maleducato e volgare ma non rischia una condanna per ingiuria chi spedisce qualcun altro a quel paese. Perché quell' espressione è talmente inflazionata «da aver perso in un certo senso la sua carica offensiva». Addio per sempre dunque al bon ton nelle discussioni e riunioni politiche e in mille occasioni di vita quotidiana. Lo ha stabilito la Suprema Corte di Cassazione con una decisione che non aiuterà certo ad abbassare i toni degli alterchi tra i consiglieri comunali, tra i parlamentari, e tra i colleghi d' ufficio (la «parità» di posizione gerarchica è condizione essenziale perché «il fatto non sussista») ma che, vista la litigiosità degli italiani, sicuramente contribuirà ad alleggerire la macchina giudiziaria di migliaia di pratiche che adesso potranno essere archiviate. Non potranno invece sperare nella scriminante «linguistica» gli alunni che mandano a quel paese gli insegnanti o gli automobilisti che spediscono nello stesso posto i vigili urbani.

SCATTA L'INGIURIA ANCHE SE L'EPITETO E' ESPRESSO CON IL LABIALE

Scatta il reato di ingiuria anche se gli insulti sono espressi esclusivamente attraverso i movimenti delle labbra. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 8558/2012, ha respinto il ricorso dell’imputata già condannata a 200 euro di multa ed al risarcimento dei danni e delle spese dal giudice di pace di Gallipoli, sentenza poi confermata dal tribunale di Lecce, per aver proferito alla vicina gli epiteti “faccia di troia, faccia di puttana”   

E' INGIURIA DIRE "NON HAI LE PALLE"

Va bene l’evoluzione, anzi l’involuzione del linguaggio, verso la «volgarizzazione delle modalità espressive», tuttavia, la sentenza 30719/2012 ha stabilito che, chi durante una accesa discussione, si rivolge al contendente apostrofandolo con la frase «non hai le palle» commette il reato di ingiuria perché mette in dubbio non tanto la virilità dell'avversario quanto la sua determinazione e coerenza, «virtù che a torto o a ragione continuano a essere individuate come connotative del genere maschile».
Al contrario è lecito dire «non rompere le palle, equivalente all'invito a non intralciare l'opera di qualcuno», lo stesso non vale quando, come nel caso in questione, si vuole dire «non hai gli attributi, ossia vali meno degli altri uomini». In questo caso la valenza offensiva è maggiore e l’accusa è ancora più grave «se pronunciata in ambiente di lavoro». 
LA SUOCERA E' UNA VIPERA ANCHE PER LA SUPREMA CORTE

Non costituisce ingiuria dare della "vipera" alla suocera, se ciò avviene in un contesto familiare teso, senza che sia leso il decoro o l'onore della persona. E' quanto emerge dalla sentenza 4 febbraio 2014, n. 5227 della Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, che ribalta la pronuncia di merito, perché il fatto non sussiste. Per i giudici di legittimità, secondo i quali "Se è vero che il reato di ingiuria si perfeziona per il solo fatto che l’offesa al decoro o all’onore della persona avvenga alla sua presenza, è altrettanto vero che non integrano la condotta di ingiuria le espressioni che si risolvano in dichiarazioni di insofferenza rispetto all’azione del soggetto nei cui confronti sono dirette e sono prive di contenuto offensivo nei riguardi dell’altrui onore e decoro, persino se formulate con terminologia scomposta e ineducata".
Infatti, continuano gli ermellini, "la frase sopra riportata, pronunciata dopo un contrasto che aveva determinato l'intervento delle forze dell'ordine e per descrivere, nella concitazione del momento, le modalità dell'azione della suocera, non si connota in termini di offensività idonei a giustificare l'attivazione della tutela penale".

 VIETATO DIRE AD UNA DONNA "SEI UNA NAVE SCUOLA!



Vietato paragonare le donne alle navi scuola, con riferimento alla vastità delle loro trascorse relazioni amorose. Condannato, infatti, dalla Cassazione, con la sentenza 37506/2014, un ex marito siciliano di Messina che spesso, quando vedeva la moglie separata, nei primi tempi della rottura, aveva il brutto vizio di dirle "sei una nave scuola", e per essere ancora più chiaro aggiungeva "hai sempre avuto amanti". Ad avviso della Suprema Corte, "i termini rivolti dall'imputato alla ex moglie si rivelano chiaramente offensivi secondo l'apprezzamento della generalità dei consociati", ossia in base al comune sentire della maggior parte delle persone. Per questo, la Cassazione ha respinto la tesi dell'imputato (classe 1960) che voleva scampare alla condanna penale sostenendo che quelle frasi erano solo parole di "tenue" contenuto offensivo sulle quali si poteva chiudere un occhio. 

NOVITA' LEGISLATIVE DEL 2016: LA DEPENALIZZAZIONE

E’ ufficialmente partita il 15/01/2016 l’opera di depenalizzazione. In base, infatti al nuovo decreto legislativo diverse le fattispecie criminose sono state trasformate in illeciti amministrativi comportando modifiche al codice penale allo scopo di deflazionare il sistema penale. Tra le varie tipologie di reato s’inserisce anche il reato d’ingiuria disciplinato all’art. 594 c.p.. Le modifiche delle citate fattispecie in illeciti amministrativi riguarda anche le violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del decreto suddetto (il cosiddetto principio del favor rei), mentre rimangono ferme le condanne passate in giudicato, divenute appunto definitive. Ad ogni modo, si ricorda che il colpevole mantiene la facoltà di potersi difendere contro la nuova sanzione, intentando opposizione e avendo così modo di dimostrare la propria condizione di innocenza. Per quanto attiene, poi, ai reati modificati in illeciti civili, la sanzione pecuniaria viene applicata dal giudice competente a conoscere dell’azione di risarcimento del danno, al termine del giudizio solo nel caso in cui accolga la domanda di risarcimento proposta dalla persona offesa cui viene lasciata la facoltà di poter decidere se se agire o meno contro il soggetto, non essendo prevista la trasmissione d’ufficio degli atti dal giudice penale o dalla Procura a quello civile competente all’irrogazione della nuova sanzione. Nel caso di condanna, lo Stato, rimasto fuori dal procedimento, ha così modo di ripresentarsi per incassare la sanzione civile. Qualora, al contrario, la vittima decida di non agire, il fatto resta in tal modo impunito mentre il soggetto responsabile non sarà tenuto a versare nulla, nemmeno nei confronti dello Stato.
  REATI CONTRO LA PERSONA
Ingiuria (Articolo 594)
Reclusione fino a 6 mesi o multa fino a 516 € – Reclusione fino a 1 anno o multa fino a 1.032 € (con attribuzione di fatto determinato)
Sanzione civile da 100 a 8.000 € – Sanzione pecuniaria civile da 200 a 12.000 € (con attribuzione di fatto determinato o commesso in presenza di più persone)







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