venerdì 23 dicembre 2016

Quindi.....Buon Natale!




“Ama il prossimo tuo come te stesso”: un precetto evangelico, ma che non rileva per il nostro diritto. Siamo liberi di dire quello che vogliamo, così come siamo liberi di odiare e di manifestare quest’odio agli altri. A riguardo, la Cassazione si è pronunciata sulle frasi di astio all’avversario, come l’augurargli la morte; gli Ermellini ritengono che non vi sia alcun reato, ma soprattutto nessun reato di minaccia: chi desidera o prevede con “animo malevolo” la morte di una persona non incorre in alcuna condanna. E questo perché una cosa è dire “ti auguro di morire” e un’altra è invece “farò sì che tu muoia”. In quest’ultimo caso è proprio la minaccia di un male che fa scattare l’illecito penale. “Augurarsi la morte di un’altra persona è certamente manifestazione di astio, forse di odio, nei confronti della stessa persona – scrivono i supremi giudici – ma poiché il precetto evangelico di amare il prossimo come se stessi non ha sanzione penale, la sua violazione è, appunto, penalmente irrilevante”. 

Su questa scia augurale non possiamo scordarci che le feste sono ormai alle porte. Quanti auguri di Buon Natale abbiamo fatto e ricevuto in questi giorni!! Solitamente  gli auguri sono fatti in senso positivo, ma  c'è anche chi augura un "brutto Natale" a chi non gli sta proprio del tutto simpatico o chi minaccia qualcuno di fargli passare un brutto natale o che non mangerà il panettone a Natale.

Per esempio se qualcuno minacciasse ripetutamente una persona che, se non gli restituisce i soldi prestati,  la figlia passerebbe un brutto Natale, si potrebbe configurare il reato di estorsione, se la prospettazione di un evento dannoso per l'incolumità fisica o per la stessa vita di un soggetto molto vicino alla vittima diventasse prova del fatto che l'estorsore avesse la piena coscienza e la volontà di porre in essere un intento criminoso. 
Secondo la giurisprudenza, infatti, in tema di estorsione, la minaccia può essere manifestata in modi e forme differenti, purché la vittima venga intimorita o la sua volontà coartata. Le minacce, insomma, devono essere tali da generare nella vittima un timore attuale e concreto, inducendola ad accettare una pretestuosa richiesta estorsiva.
In questi giorni di festa, però, vi auguriamo di trascorrere un Sereno e Felice Natale perchè, in ogni caso, citando Marilyn Manson: “L'opposto dell'amore non è l'odio. L'opposto dell'amore è l'indifferenza. L'odio invece è davvero simile all'amore. Consumarsi per l'odio verso una persona equivale in fondo ad amarla dato che il tempo e l'intensità sono identici.”

giovedì 8 dicembre 2016

L’imputato era famoso. Si dichiarò innocente.



"Ponzio, ti ricordi di Gesù il Nazareno che fu crocifisso non so più per quale delitto?”
Di sicuro Pilato non avrebbe potuto immaginare che quell'atto processuale, celebrato in una sperduta provincia dell'Impero romano, avrebbe segnato indelebilmente la storia dell'umanità. Nessuna azione giudiziaria intentata contro una persona è conosciuta da un numero altrettanto grande di persone. I più celebri casi giudiziari impallidiscono di fronte alle due sbrigative sessioni processuali, durate meno di 24 ore e celebrate davanti al Sinedrio e al procuratore romano, che mandarono alla pena capitale quel predicatore di nome Gesù di Nazaret. Questi è arrestato nella notte tra il giovedì ed il venerdì nel podere detto Getsemani ai piedi del monte degli Ulivi ed è trasferito sotto scorta dinanzi all'ex sommo sacerdote Anna per un primo interrogatorio informale in una seduta notturna del Sinedrio presso l’abitazione di Caifa, con l’accusa di bestemmia. Secondo il trattato sul Sinedrio della Mishnah, la grande collezione delle tradizioni rabbiniche, i processi capitali potevano essere celebrati solo di giorno e nella sede ufficiale del Sinedrio, la cosiddetta "aula della pietra squadrata" che si trovava presso il tempio. Disattesa questa prescrizione, il sinedrio si riuniva l'indomani, all'alba, per formalizzare con una seduta vera e propria, quell'abbozzo di istruttoria, con un interrogatorio e con una sentenza.
Entriamo, ora, all'interno dell'aula sinedrale per seguire il dibattimento. Si inizia con l'escussione dei testimoni, almeno due secondo la normativa biblica. La loro deposizione riguarda le dichiarazioni poco rispettose di Gesù sul tempio, il cuore della spiritualità giudaica: "Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni". Sappiamo che in realtà Gesù in quell'occasione aveva usato il tempio come simbolo del nuovo culto che egli voleva inaugurare nel suo corpo glorioso. Gesù a queste accuse oppone uno strano silenzio. Per indirizzare l'interrogatorio verso uno sbocco meno vago, il sommo sacerdote formula una precisa domanda, a cui Gesù replica con una risposta altrettanto precisa. 
Eccola nella redazione di Marco: "Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?". Gesù rispose: "Io lo sono! E vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo!" (14, 61-62). Gesù agli occhi di Caifa non si arroga solo il titolo di messia davidico, ma anche quella misteriosa qualità trascendente, fondendoli insieme nella sua persona e facendo così scattare il presidente del Sinedrio: "Ha bestemmiato!". Col gesto rituale dello "stracciarsi le vesti" in segno di lutto e di profonda emozione davanti a uno scandalo o a un'ignominia, Caifa sollecita l'approvazione della sentenza: "Che ve ne pare?". E l'assemblea ratifica: "È reo di morte!".
Si apre, così, il secondo atto di quel giorno, il più lungo della storia, che contempla l’accusa di alto tradimento e lesa maestà. Gesù è trasferito al "pretorio" del procuratore romano, poiché il Sinedrio non ha il potere di dare la morte, essendo un consesso religioso. Il capo d'imputazione avanzato dal Sinedrio è ora di tipo politico, per poter essere accolto dal tribunale romano: "Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re" (Luca, 23, 2). 
Pilato interroga l'imputato con distacco ottenendo risposte reticenti ("Tu l'hai detto") o il silenzio. Comprendendo di essere di fronte a un caso carico di sottintesi, di ambiguità e di sfumature, Pilato non ratifica subito l'accusa giudaica, ma apre un supplemento di istruttoria. Ricorre, poi, all'applicazione del "privilegio pasquale", per evitare la condanna di un uomo che non gli era sembrato colpevole di alcun reato. Il privilegio pasquale è un atto di clemenza in cui "Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta. Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba. Pilato disse loro: Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?"(Matteo, 27, 15-17). Il popolo sceglie Barabba,Crucifige!!” urlava rivolgendosi a Gesù. Solo allora Pilato proclamò la pena di morte per il crimen laesae maiestatis che ,nelle province, di regola, era comminata con la croce. Normalmente, la condanna alla crocifissione suonava: “Ibis in crucem!”. La folla informe salva il potere dall’imbarazzo di una scelta scomoda. Molto probabilmente è composta dalle stesse persone che pochi giorni prima avevano intonato l'Osanna all'ingresso di Gesù a Gerusalemme…

domenica 6 novembre 2016

Con il referendum costituzionale, andiamo a comandare!!




Quello che si svolgerà il 4 dicembre è il terzo dei referendum costituzionali indetti in Italia dopo il 2001. Il peso che il premier attribuisce a questo appuntamento personalizzando troppo la domanda referendaria promettendo di dimettersi all’esito negativo,  lo ha reso una sorta di plebiscito su di lui. Tralasciando le questioni politiche sulla scelta di votare sì o no, sembra interessante analizzare come funziona questo tipo di referendum. Innanzitutto la scheda avrà il seguente testo: "Approvate il testo della legge costituzionale concernente "disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione', approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?"
Il referendum costituzionale, detto anche confermativo o sospensivo è previsto dall'articolo 138 della Costituzione. Riguarda leggi direvisione della Costituzione (come il ddl Boschi oggetto di questo referendum) e le altre leggi costituzionali. Può essere richiesto da "un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali" entro tre mesi dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, avvenuta il 15 aprile, presentando distinte istanze presso la cancelleria della Corte suprema di cassazione già a partire dal 20 aprile 2016. 
Per questo tipo di referendum non è previsto quorum: indipendentemente dal numero dei partecipanti, vince l'opzione (“sì” o “no”) che abbia ricevuto la maggioranza dei voti.  Si è arrivati al referendum perchè nei casi di leggi di revisione costituzionale e leggi costituzionali ogni Camera deve votare due volte a distanza di almeno tre mesi e se nella seconda votazione nei due rami del Parlamento  la legge viene approvata dalla maggioranza di due terzi dei componenti di ciascuna Camera, il referendum non avrà luogo. Nel caso del ddl Boschi le maggioranze di approvazione sono state inferiori ai due terzi. Per questo il referendum si farà.  Se il referendum costituzionale darà il via libera all'entrata in vigore del ddl Boschi, una delle novità riguarderà proprio l'altra forma di referendum costituzionale, quello abrogativo, per il quale invece è previsto il quorum. Il voto sarà sempre valido se partecipa il 50% degli aventi diritto ma se il referendum era stato richiesto da almeno 800mila elettori, il quorum scende al 50% dei votanti delle ultime elezioni. 
Come si diceva all'inizio dell'articolo il primo referendum costituzionale si svolse il 7ottobre del 2001. Gli italiani erano chiamati a confermare o meno la legge costituzionale approvata dal vecchio Parlamento (maggioranza di centro-sinistra, governo D'Alema) l'8 marzo del 2001 che modificava gli articoli 114-133 della Costituzione. I voti favorevoli furono il 64,20% del totale e la legge fu approvata. Benché il termine “federalismo” non appariva mai nel testo della legge sottoposta a referendum, di questo si trattava: dare più poteri e risorse alle regioni in tutte le materie non espressamente riservate allo Stato. Il secondo referendum costituzionale della storia della Repubblica Italiana si è svolto il 25 e 26 giugno 2006. La maggioranza dei votanti ha respinto il progetto di riforma costituzionale varato su iniziativa del centro-destra e che riguardava una serie di cambiamenti nell'assetto istituzionale nazionale della seconda parte della Costituzione. 
Oggi, la riforma prevede, in sintesi, la fine del bicameralismo perfetto, l'elettività dei senatori, l'eliminazione della figura del senatore a vita, nuove regole per l'elezione del capo dello Stato, un nuovo processo di approvazione delle leggi, le competenze di Stato e regioni, l'abrogazione delle province e del Cnel e alcune novità in materia di referendum. 
Nello specifico gli italiani dovranno dire sì o no alle seguenti principali modifiche: diminuzione, da 315 a 100 del numero dei senatori (che saranno eletti durante le elezioni regionali tra i candidati consiglieri), fiducia al governo solo da parte della Camera, fine della possibilità da parte del Senato di presentare emendamenti alle leggi che non sono di sua diretta competenza con il risultato che l'iter che porta all'approvazione o alla bocciatura sarà molto più rapido. Il referendum riguarderà inoltre la modifica del Titolo V della Costituzione, con la rivisitazione di 17 articoli, che prevede che sia lo Stato a delimitare la sua competenza esclusiva, l'aumento dei poteri della Corte Costituzionale, che potrà intervenire, sempre su richiesta, con un giudizio preventivo sulle leggi che regolano elezioni di Camera e Senato, l'abrogazione del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro e l'abbassamento del quorum per il referendum abrogativo qualora i promotori riescano a raccogliere almeno 800mila firme per presentarlo. La riforma in questione comporta, nelle scelte,  un forte accentramento dei poteri nelle mani del governo, si pensi, infatti, che va a modificare un terzo della Costituzione per dare questo risultato, cui si deve aggiungere l'introduzione della nuova legge elettorale, Italicum, che assegna un premio di maggioranza molto alto alla lista che otterrà più voti.  In conclusione, dietro un’apparente semplificazione in nome della “governabilità” a noi sembra si celi il pericolo di un caos istituzionale in cui a restare al comando sia di fatto un solo potere: quello dell’esecutivo.



sabato 15 ottobre 2016

Mandate un'ambulanza, subito!!




Operatore del 118: “Allora ascolti la crisi fra qualche minuto passa da sola…Capito? Quindi…se vedete che non passa lo portate in ospedale eventualmente,…sicuramente ne ha avute altre…sicuramente passerà adesso da solo…comunque voi…valutate. Eventualmente ci richiamate. Click!”

A breve, la madre del ragazzo richiama peggiorando delle condizioni di salute del figli.

Operatore del 118: “Ancora! Mi dà l'indirizzo per favore?”.

L’operatore interpellato non avendo attribuito al caso la giusta urgenza, inviava in loco un’autoambulanza priva del medico rianimatore a bordo. Era seguito l’arresto cardio-circolatorio del paziente e poi il decesso. La responsabilità per colpa ascritta all’operatore dipende dalla posizione di garanzia dovuta al suo ruolo e riguarda i reati commissivi mediante omissione, ovvero non compiere l’azione che era da attendersi in base ad una determinata norma ed ad uno specifico ruolo. Questi reati, detti omissivi propri, consistono nella violazione di un obbligo giuridico di impedire un evento. Non essendo previsti espressamente da una norma specifica nascono come fattispecie da combinarsi all’art. 40 c. 2 c.p., secondo il quale «non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo».La legge attribuisce rilevanza penale non all’omissione in quanto tale ma al non impedimento dell’evento. Nei suddetti reati il soggetto omittente ricopre un obbligo di garanzia nei confronti del bene protetto, si tratta di uno speciale vincolo di tutela tra un soggetto garante - dotato di adeguati poteri giuridici - ed un bene giuridico, legame giustificato dall’incapacità del titolare di proteggerlo; un caso tipico è la posizione di garanzia (obbligo di protezione) dei genitori verso i figli
Nel caso di specie, il comportamento del soggetto viene ritenuto dai giudici gravemente negligente, per aver omesso di rispettare le regole cautelari di condotta. L’operatore, infatti, violando i protocolli del 118 si era limitato a manifestare l’indisponibilità dell’ambulanza che copriva il settore senza sincerarsi dell’urgenza dell’intervento. In particolare, aveva omesso di procedere al cosiddetto “triage” e di informarsi sullo stato e sulle condizioni vitali del paziente. Una siffatta omissione non aveva consentito all’uomo di comprendere la criticità della situazione e la sua prevedibile evoluzione negativa. Al contrario, egli aveva rimesso alla madre la valutazione sul da farsi, ossia se attendere o accompagnare, motu proprio, il figlio all’ospedale. Solo a seguito di una seconda richiesta aveva inviato un mezzo di soccorso senza medico al seguito; il personale paramedico aveva tentato una rianimazione ma aveva dovuto constatare il decesso del paziente.
In primo ed in secondo grado, a seguito degli accertamenti tecnici eseguiti, veniva riconosciuto il nesso causale tra la condotta dell’operatore ed il decesso del ragazzo. Infatti, il tempestivo invio di un’ambulanza con medico rianimatore avrebbe consentito, con elevata probabilità logica, il salvataggio del paziente. 
I giudici di merito, infatti, con la sentenza del 27 settembre 2016 n. 40036, hanno correttamente affrontato il fulcro della questione, vale a dire l’accertamento, in termini di probabilità logica, della possibilità di un esito positivo per il paziente in caso di un tempestivo intervento con medico rianimatore. Il ragazzo aveva accusato il malore alle 6.30 del mattino, la telefonata al 118 era giunta alle 6.47, un intervento di una delle due ambulanze disponibili sarebbe avvenuto intorno alle 7.10 consentendo probabilmente di fa salva la vita del paziente. Inoltre, secondo le risultanze dell’accertamento tecnico del consulente del PM, sarebbe stato decisivo il contributo del medico rianimatore giunto tempestivamente. La negligenza dell’operatore è aggravata, altresì, dal fatto di non aver rispettato il protocollo, mancando di effettuare un approfondimento sanitario del grado di urgenza e di informarsi sui parametri vitali del paziente, sul suo stato di coscienza, sulla durata di perdita di conoscenza, sulla persistenza della crisi. Agendo in tal guisa, egli ha violato le regole cautelari che governano il ruolo ed i compiti dell’operatore del 118. Nell’esame preliminare della richiesta di soccorso, l’operatore non doveva limitarsi a recepire l’istanza del cittadino ma osservare il protocollo di servizio del 118 e «valutare sulla scorta delle informazioni richieste e delle proprie conoscenze professionali, la criticità dell’evento dando così risposta adeguata ad ogni evento entro i limiti stabiliti».