lunedì 28 settembre 2015

Io PECco!



Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra o invii una pec!

La Posta Elettronica Certificata (PEC) è il mezzo informatico che consente di inviare e-mail con valore legale equiparato ad una raccomandata con ricevuta di ritorno, come stabilito dalla vigente normativa (DPR 11 Febbraio 2005 n.68). Attualmente la PEC non è uno standard internazionale ma, un insieme di regole e norme italiane. Inoltre esistono altre tecniche di firma digitale e di tracciamento della consegna analoghe alla PEC ma già da anni disponibili per le e-mails tradizionali ed utilizzate per lo scambio di documenti a livello internazionale previo accordo tra mittente e destinatario (come ad esempio il sistema RFC 3798).Il 19 gennaio 2009, infatti, l'art. 16 del D.L. n. 185 del 2008 ha subito, in fase di conversione in legge, modifiche rilevanti che rendono non più obbligatoria la PEC per cittadini, liberi professionisti e aziende, qualora essi abbiano a disposizione un analogo indirizzo di posta elettronica basato su tecnologie che certifichino data e ora dell'invio e della ricezione delle comunicazioni ed integrità del contenuto delle stesse, garantendo l'interoperabilità con analoghi sistemi internazionali.
La PEC, dunque, pare nata già vecchia e comunque estranea al circuito internazionale: l’ennesimo intervento novellistico del legislatore se ne è finalmente accorto. Inoltre, per quel che più conta ai fini dell’amministrazione della giustizia la PEC ha la sua veridicità nel documentare in modo certo ed inequivocabile la spedizione/invio, con il riscontro, ricevuta/consegna. La PEC si perfeziona solo se sono presenti tutti i requisiti e le modalità esposte nelle grafiche rappresentate. Se c’è una discrepanza, la stessa non ha più validità legale.I maggiori problemi sono la sincronizzazione degli orari, la gestione delle ricevute invio/ricezione e l’appaiamento in orario consequenziale di tutte le ricevute (e quindi non solo di quelle invio/ricezione) come da codifica.

Per gli Avvocati, avere un indirizzo PEC è un obbligo sancito dall’art. 16 comma 7 della L. 2/2009; tale indirizzo deve poi essere anche comunicato al proprio Consiglio dell’Ordine, il quale, a sua volta, provvede a comunicarlo al Ministero della Giustizia attestandolo come unico indirizzo utilizzabile per le comunicazioni da e verso i Tribunali. Il Ministero della Giustizia provvede a sua volta ad inserire tale indirizzo PEC in un registro informatico, consultabile telematicamente chiamato RegInde. L’indirizzo PEC che risulterà comunicato all’Ordine, diventerà dunque l’unico domicilio elettronico di riferimento per l’avvocato nel Processo Telematico (ricezione dei biglietti di cancelleria telematici e deposito degli atti telematici).
L’avvocato sprovvisto di PEC dovrà recarsi in Tribunale presso la/e Cancelleria/e per verificare l’eventuale presenza di comunicazioni a lui indirizzate e relative ai procedimenti nei quali risulti costituito quale difensore di parte.
In materia penale, dalla lettura di tali testi normativi emerge la scelta del mezzo telematico come strumento "normale" per la notifica di atti inerenti a procedimenti penali nei confronti di persona diversa dall'imputato, ivi compreso il suo difensore. Tuttavia, come risulta dal combinato disposto dei commi 1 e 2 dell'art. 51, l'impiego di questa specifica modalità veniva ad essere subordinata all'emanazione, ad opera del Ministro della Giustizia, di un decreto ministeriale, chiamato ad individuare gli Uffici giudiziari dotati di adeguati servizi di comunicazione. In attuazione di quest'ultima previsione era stato emanato, in data 12 settembre 2012, apposito decreto del Ministero della Giustizia. Tale quadro normativo è profondamente mutato per effetto del D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 19 ottobre 2012, n. 45, e in vigore dal successivo 20 ottobre, convertito con modificazioni in L. 17 dicembre 2012, n. 221. Con tale previsione si torna a disporre che, per quanto concerne i procedimenti penali, le notifiche a soggetti diversi dall'imputato sono effettuate via P.E.C. dagli Uffici giudiziari individuati da un apposito decreto del Ministro della Giustizia.Tuttavia, contrariamente a quanto accaduto per i procedimenti civili, non è stata inserita alcuna norma transitoria specificamente dedicata a quegli Uffici per i quali il suddetto decreto era già stato emanato sotto la vigenza del D.L. n. 112 del 2008.Infine è intervenuto l'art. 1, comma 19, punto 1, lett. a) e b), della L. 24 dicembre 2012, n. 228, che ha inserito nell’art. 16, comma 9, del D.L. n. 221 una nuova lett. c-bis), che prevede che le disposizioni che qui interessano (commi da 4 a 8) “acquistano efficacia a decorrere dal 15 dicembre 2014”.La questione giunge pertanto davanti alle SS.UU. che risolvono i dubbi riconoscendo validità legale alle notifiche via pec eseguite al difensore anche prima  del 15 dicembre 2014; qualora gli Uffici fossero già stati autorizzati con decreto ministeriale.
In ambito civilistico, l’obbligo di indicare l’indirizzo di posta elettronica certificata esonera l'avvocato dall’elezione di domicilio quando si trova a dover patrocinare una causa fuori dalla circoscrizione del tribunale cui è assegnato .Lo hanno stabilito le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza 20 giugno 2012, n. 10143. La Suprema Corte precisato che, stante il mutato contesto normativo che prevede ora in generale l'obbligo per il difensore di indicare, negli atti di parte, l'indirizzo di posta elettronica certificata, la domiciliazione ex lege presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il giudizio si applicherà soltanto se il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto dall'art. 125 c.p.c., non abbia indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine. Ovviamente, questo bellagio, fino alla prima richiesta copie dal fascicolo di causa dove ci troveremo davanti al bivio tra l’intraprendere un viaggio per nuovi lidi o (meglio) eleggere domicilio presso l’amico devoto domiciliatario.