Sufficienti non vi sono fieno e
paglia a tappar la bocca alla canaglia. La calunnia è il fatto di colui che
scientemente, con denuncia o querela diretta all'autorità giudiziaria, incolpa
di un reato taluno che egli sa essere innocente. Il codice penale italiano
comprende la calunnia tra i delitti contro l'amministrazione della giustizia e
lo disciplina all’art. 368 c.p. Si parla comunemente di calunnia formale e
calunnia materiale per distinguere le due diverse ipotesi previste dalla norma
(presentazione di denuncia ovvero simulazione di un reato). La calunnia era
punita presso gli Ebrei e gli Egizi con la stessa pena che si sarebbe dovuta
applicare o si era applicata all'ingiustamente accusato. Apprendiamo da
Plutarco che, in Grecia, i calunniatori di Focione furono tutti condannati a
morte. In Roma la falsa accusa fu elevata a reato speciale della lex Remmia.
Oggi la pena edittale prevista dal codice è compresa tra un minimo di due anni
e un massimo di sei anni, quindi con una pena notevolmente inferiore agli anni
passati quasi a voler calmierare l’onore (la già depenalizzata ingiuria ne sa qualcosa!). Il delitto di calunnia ha natura plurioffensiva, nel senso che
oltre a ledere l'interesse dello Stato alla corretta amministrazione della
giustizia, offende anche l'onore dell'incolpato, il quale è conseguentemente
legittimato all'opposizione alla richiesta di archiviazione del relativo
procedimento.
Ai fini della configurabilità del reato di calunnia - che è di
pericolo - non è richiesto l'inizio di un procedimento penale a carico del
calunniato, occorrendo soltanto che la falsa incolpazione contenga in sé gli
elementi necessari e sufficienti per l'esercizio dell'azione penale nei
confronti di una persona univocamente e agevolmente individuabile. Vi sono
“concrete incongruenze” nel sistema penale che possono rendere di fatto poco
efficace la perseguibilità di chi si macchia di un reato di calunnia, ove si
procrastini l’esercizio dell’azione al proscioglimento irrevocabile del
calunniato. In particolare, il decorrere della prescrizione per questo reato
durante la celebrazione dei diversi gradi del processo alla vittima di una
accusa infondata può ben portare alla non punibilità del calunniatore perché il
suo reato è prescritto. Un reato difficile da perseguire che però trova maggior
forza davanti ad una pronuncia di archiviazione che, emessa nei prodromi
processuali, scansa abilmente il pericolo della prescrizione rendendo, forse,
giustizia al calunniato. Certo, perché nell’epoca in cui stiamo vivendo un
momento di grande crisi economica, sociale e dell'uomo stesso ci torna alla
memoria il dipinto del Botticelli che rappresenta, appunto,l’Allegoria della Calunnia.
L’opera ci racconta il dramma allusivo che nasce con l’uomo verso
l’ingiustizia. Nella riproduzione artistica vediamo il Re Mida che si riconosce
perché ha le orecchie d’asino, (vediamo nel particolare sopra). Il re sta
seduto su un grande trono e si fa consigliare da due personaggi negativi,
pessimi che gli bisbigliano frasi e parole alle orecchie. Questi due personaggi
rappresentano sia l’Ignoranza che il Sospetto. Davanti al re vediamo il Livore
cioè il rancore che l'artista rappresenta vestito di nero come uno straccione
col cappuccio mentre ha una mano alzata a simbolo di grande solennità e che
indica il re. Questo strano personaggio tiene ben stretto per un braccio un
personaggio femminile, la Calunnia rappresentata da una bella e vanitosa donna
che si fa acconciare i suoi bei capelli da altre due donne che raffigurano
Insidia e Invidia. La Calunnia tiene in una mano un torcia che però non fa luce
a simbolo di una falsa conoscenza e tira per i capelli con l’altra mano
l’Innocente, cioè lo sfortunato calunniato raffigurato quasi nudo mentre tiene
le mani unite come in supplica. Quest'ultimo viene portato quasi a forza
davanti al re Mida. Sulla sinistra del dipinto vediamo ancora altri due
personaggi che rappresentano uno il Rimorso, raffigurato come una vecchia
incappucciata che quasi stordita dai fatti guarda la Nuda Verità che alza gli
occhi e che indica come unica e vera giustizia quella Divina, del cielo. Ci
auguriamo, invece, che la Verità abbia il coraggio di vendicare i torti subiti.
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