domenica 22 maggio 2016

La guerra dei Roses



Nel momento dell’esaurimento del progetto comune di vita la coppia affronta la delusione alimentata da quel rancore irrazionale difficile da controllare rivolto allo spasmodico tentativo di ripristinare dal punto di vista economico la situazione precedente al negozio giuridico matrimoniale. Infatti, nel momento iniziale della scelta matrimoniale le coppie compiono una serie di scelte sconsiderate relativa all’intestazione dei beni materiali della “famiglia” sia per le ragioni del cuore che per sfuggire al fisco; per non parlare delle madri che lasciano il lavoro per accudire i figli. Tutto questo senza tutelarsi con alcun atto scritto che attesti almeno la scelta comune e condivisa. E’ pacifico che fuori dalle dinamiche degli affetti familiari nessuno mai pregiudicherebbe in questo modo la propria autonomia. Quindi finito l’amore ed il progetto di vita in comune diviene inaccettabile ciò che appariva valido ed inizia, così, la madre di tutte le guerre per ricostruire una nuova vita personale e patrimoniale. Il primo passo è il ricorso introduttivo per la separazione. All’udienza presidenziale l’ingrato compito del magistrato sarà quello di stabilire la capacità reddituale dei coniugi e quindi, se richiesto, stabilire, in via provvisoria ed urgente, un assegno di mantenimento a favore del coniuge economicamente più debole; a meno che non ravvisi la necessità di assumere ulteriori informazioni, non essendo chiaro il quadro fornito dai coniugi mediante l’allegazione della documentazione attestante i rispettivi redditi. 
Gli accertamenti che il Presidente può disporre, pertanto, sono volti, essenzialmente, alla determinazione dell’effettivo reddito dei coniugi rispetto alle dichiarazioni allegate dalle parti, rapportato al tenore di vita dalle stesse rappresentato. Le informazioni che il Presidente può assumere in proposito, ai sensi dellart.738 c.p.c., sono le più svariate: dalle richieste alla Pubblica Amministrazione, ad organi della polizia giudiziaria o anche a privati sui redditi di lavoro e sulla consistenza del patrimonio. Le notizie di cronaca relative alla “pressione fiscale” in continuo aumento, quelle relative alla crisi del mercato del lavoro, rendono sempre più “frontale” il confronto tra chi sia costretto a “pagare” e chi invece “attende”  quel pagamento. Oggi, l’analisi delle singole capacità reddituali dei membri della coppia richiede l’individuazione di strumenti adeguati per consentire al magistrato di leggere ben al di là dei modelli reddituali messi a disposizione per l’udienza che permettono esclusivamente di calcolare la base di reddito sulla quale calcolare l’imposizione fiscale ma inevitabilmente tacciono in merito all’effettivo spessore reddituale familiare. Infatti, i suddetti modelli, non indicano molte spese familiari che non essendo deducibili fiscalmente non compaiono nella dichiarazione dei redditi. 
Per sollevare il velo della realtà economica in alcuni tribunali italiani sono stati approvati protocolli che invitato i coniugi al deposito di una dichiarazione giurata nella quale indicare tutte le proprietà immobiliari, i conti correnti bancari o postali, le carte di credito e gli investimenti in uso alle parti. La grande innovazione, però, è stata che ha consentito ex art. 155 – quinquies disp att. C.p.c.e legge 162/14  l’accesso all’Anagrafe Tributaria con estensione alla parte privata processuale di adire il Giudice Amministrativoper superare il “silenzio rifiuto” frapposto dall’Amministrazione finanziaria. Con la sentenza n. 29/16 del TAR Sicilia, infatti, si è definitivamente superato il suddetto ostacolo ordinando all’Agenzia delle Entrate di “esibire e rilasciare alla parte richiedente copia della documentazione richiesta nel termine di 30 giorni riconoscendo quindi il diritto di accesso ai documenti amministrativi a chiunque abbia interesse diretto concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso. Il risultato così, infatti, non sarà più un “vuoto per pieno” che costringe l’onerato ad un “minimo di sopravvivenza” che non gli consente di far fronte agli obblighi impostigli ma consentirà ad ambo le parti la possibilità di ricercare, ma anche dimostrare, il reale “tenore di vita”.

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