domenica 29 maggio 2016

Caffellatte: la convivenza amorosa



La composizione è un procedimento morfologico che permette di formare parole nuove combinando insieme due (o più) parole autonome, come per caffellatte: è nota, infatti, la pacifica convivenza del latte con il caffè. Mutuando questo gioco di parole dalla semantica della lingua italiana vogliamo oggi parlare dei contratti di convivenza. Si tratta di accordi con cui la coppia definisce le regole della propria convivenza, attraverso la regolamentazione dei rapporti patrimoniali della stessa ed alcuni limitati aspetti dei rapporti personali. Possono essere stipulati da tutte le persone che, legate da vincolo affettivo, decidono di vivere insieme stabilmente (c.d. convivenza more uxorio). Più precisamente, ci si riferisce all’unione di vita stabile tra due persone legate da affetto che decidono di vivere insieme al di fuori del legame matrimoniale o perché è loro preclusa la possibilità di sposarsi (ad esempio, due conviventi dello stesso sesso) o perché è loro precisa volontà quella di non soggiacere al vincolo matrimoniale. La figura giuridica dei contratti di convivenza è una delle novità più rilevanti della legge sulle unioni civili e sulle convivenze di fatto, la L. 20 maggio 2016 n.76nota come “legge Cirinnà”, che entrerà in vigore il prossimo 5 giugno. Su questo fronte  nasce la nuova competenza in capo ai professionisti legali che, insieme ai notai, saranno chiamati ad autenticare la sottoscrizione dell'atto (pubblico o scrittura privata), nonché le sue modifiche e la sua risoluzione
Dovranno attestare la liceità dell'accordo, in conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico, nonchè ricevuto l'atto provvedere, ai fini dell'opponibilità ai terzi, a trasmetterne copia (entro i successivi 10 giorni) al comune di residenza dei conviventi per l'iscrizione all'anagrafe. Con la nuova legge l’iscrizione anagrafica delle convivenze (che non è una registrazione di stato civile) assolve soltanto a funzioni di attestazione e di prova dell’inizio e della durata della convivenza. Dal contratto di convivenza nascono dei veri e propri obblighi giuridici a carico delle parti che lo hanno sottoscritto. Pertanto la violazione di taluno degli obblighi assunti con il contratto di convivenza legittima l'altra parte a rivolgersi al giudice per ottenere quanto le spetta. La durata "naturale" del contratto di convivenza coincide con la durata del rapporto di convivenza. E' logico quindi subordinare gli effetti del contratto alla permanenza del rapporto di convivenza. Ciò non toglie che vi siano alcuni accordi destinati a produrre i loro effetti proprio a partire dalla cessazione del rapporto di convivenza: si pensi a tutti gli accordi che fissano le modalità per la definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della convivenza. Se nel contratto sono contenuti anche accordi di questo tipo, alla cessazione del rapporto di convivenza, il contratto continuerà a trovare applicazione proprio per disciplinare la fase di definizione dei rapporti patrimoniali e la divisione dei beni comuni. 
In questa prospettiva resta fondamentale la differenza tra contratti di convivenza” - che sono quelli con efficacia nei confronti dei terzi cui fa riferimento la nuova legge – e “contratti tra conviventi” con efficacia limitata ai rapporti tra le parti che appartengono da tempo alla prassi di regolamentazione dei reciproci rapporti patrimoniali nella convivenza di fatto. Il contratto di convivenza «non può essere sottoposto a termine o condizione» cioè non tollera di avere una scadenza (ad esempio: «restiamo in regime di comunione dei beni per cinque anni») né di essere subordinato a eventi futuri («Tizio si obbliga a versare un contributo economico doppio alla vita familiare se venderà la propria casa»). In questi casi, è però prescritto che la condizione e il termine non infettano il contratto: esso rimane valido, mentre condizione e termine vanno considerati come non esistenti. Comunque, se la convivenza registrata cessa, qualora uno degli ex conviventi versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, il giudice stabilisce il diritto di costui di ricevere dall’altro convivente gli alimenti, i quali devono essere assegnati per un periodo proporzionale alla durata della convivenza. Si apre un nuovo capitolo per il diritto di famiglia, dunque, che si allarga non solo alle unioni civili ma anche a questa nuova forma di convivenza, regolata e tutelata dall’ordinamento. Le nuove prerogative degli avvocati, invece, si inseriscono nel quadro più ampio di un percorso legislativo, che colloca il professionista non più solo nelle aule dei tribunali ma che lo rende soggetto attivo nella giurisdizione forense.

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