Caffellatte: la convivenza amorosa
La composizione è un procedimento morfologico che permette di formare parole nuove combinando
insieme due (o più) parole autonome, come per caffellatte: è nota, infatti, la
pacifica convivenza del latte con il caffè. Mutuando questo gioco di parole
dalla semantica della lingua italiana vogliamo oggi parlare dei contratti di
convivenza. Si tratta di accordi con cui la coppia definisce le regole della
propria convivenza, attraverso la regolamentazione dei rapporti patrimoniali
della stessa ed alcuni limitati aspetti dei rapporti personali. Possono essere
stipulati da tutte le persone che, legate da vincolo affettivo, decidono di
vivere insieme stabilmente (c.d. convivenza more
uxorio). Più precisamente, ci si riferisce all’unione di vita
stabile tra due persone legate da affetto che decidono di vivere insieme al di
fuori del legame matrimoniale o perché è loro preclusa la possibilità di
sposarsi (ad esempio, due conviventi dello stesso sesso) o perché è loro
precisa volontà quella di non soggiacere al vincolo matrimoniale. La
figura giuridica dei contratti di convivenza è una delle novità più rilevanti della legge
sulle unioni civili e sulle convivenze di fatto, la L. 20 maggio 2016 n.76nota come “legge Cirinnà”, che entrerà in vigore il prossimo 5 giugno. Su
questo fronte nasce la nuova competenza
in capo ai professionisti legali che, insieme ai notai, saranno chiamati ad
autenticare la sottoscrizione dell'atto (pubblico o scrittura privata), nonché
le sue modifiche e la sua risoluzione.
Dovranno attestare la liceità
dell'accordo, in conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico, nonchè
ricevuto l'atto provvedere, ai fini dell'opponibilità ai terzi, a trasmetterne
copia (entro i successivi 10 giorni) al comune di residenza dei conviventi per
l'iscrizione all'anagrafe. Con la nuova
legge l’iscrizione anagrafica delle convivenze (che non è una registrazione di
stato civile) assolve soltanto a funzioni di attestazione e di prova
dell’inizio e della durata della convivenza. Dal contratto di
convivenza nascono dei veri e propri obblighi giuridici a carico delle parti
che lo hanno sottoscritto. Pertanto la violazione di taluno degli obblighi
assunti con il contratto di convivenza legittima l'altra parte a rivolgersi al
giudice per ottenere quanto le spetta. La durata "naturale" del
contratto di convivenza coincide con la durata del rapporto di convivenza. E'
logico quindi subordinare gli effetti del contratto alla permanenza del
rapporto di convivenza. Ciò non toglie che vi siano alcuni accordi destinati a
produrre i loro effetti proprio a partire dalla cessazione del rapporto di
convivenza: si pensi a tutti gli accordi che fissano le modalità per la
definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della
convivenza. Se nel contratto sono contenuti anche accordi di questo tipo, alla
cessazione del rapporto di convivenza, il contratto continuerà a trovare
applicazione proprio per disciplinare la fase di definizione dei rapporti
patrimoniali e la divisione dei beni comuni.
In questa prospettiva resta fondamentale la differenza tra “contratti di
convivenza” - che sono quelli con efficacia nei confronti dei terzi cui fa
riferimento la nuova legge – e “contratti tra conviventi” con efficacia
limitata ai rapporti tra le parti che appartengono da tempo alla prassi di
regolamentazione dei reciproci rapporti patrimoniali nella convivenza di fatto.
Il
contratto di convivenza «non può essere sottoposto a termine o condizione» cioè
non tollera di avere una scadenza (ad esempio: «restiamo in regime di comunione
dei beni per cinque anni») né di essere subordinato a eventi futuri («Tizio si
obbliga a versare un contributo economico doppio alla vita familiare se venderà
la propria casa»). In questi casi, è però prescritto che la condizione e il
termine non infettano il contratto: esso rimane valido, mentre condizione e
termine vanno considerati come non esistenti. Comunque, se la convivenza
registrata cessa, qualora uno degli ex conviventi versi in stato di bisogno e
non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, il giudice stabilisce
il diritto di costui di ricevere dall’altro convivente gli alimenti, i quali
devono essere assegnati per un periodo proporzionale alla durata della
convivenza. Si apre un nuovo capitolo per il diritto di famiglia, dunque, che
si allarga non solo alle unioni civili ma anche a questa nuova forma di convivenza,
regolata e tutelata dall’ordinamento. Le nuove prerogative degli avvocati,
invece, si inseriscono nel quadro più ampio di un percorso legislativo, che
colloca il professionista non più solo nelle aule dei tribunali ma che lo rende
soggetto attivo nella giurisdizione forense.
Nessun commento:
Posta un commento