Come sosteneva
Goethe: “Nessuna parola è immobile, ma
con l'uso slitta dal suo significato iniziale piuttosto verso il basso che
verso l'alto, piuttosto verso il peggio che verso il meglio, e piuttosto che
allargarsi si restringe; e dalla variabilità della parola si può riconoscere la
variabilità dei concetti.”
Ne sa amaramente
qualcosa lo scrittore Erri De Luca
che si è visto imputato per alcune affermazioni contenute in una intervista
rilasciata dallo stesso ad Huffington Post.
A proposito «La
Tav va sabotata», è la frase per cui è
accusato!
Il processo
scaturisce dalla denuncia presentata nei di lui confronti da una impresa
costruttrice, e che la Procura di Torino, con l'avvalo del G.U.P., ha ritenuto di qualificare ai sensi
dell’art. 414 del Codice Penale che punisce con pena da 1 a 5 anni
“chiunque pubblicamente istiga a commettere uno o più delitti”.
Aldilà della
evidente eclatanza della iniziativa, non si riscontrano in epoca recente
analoghi casi di scrittori mandati “alla sbarra” come istigatori per
avere espresso una opinione, qualsivoglia essa sia.
“Istigare”, se
le parole hanno ancora un senso, significa qualcosa di più di “convincere”
qualcuno a fare qualcosa (o di rafforzarne il proposito), necessita quanto meno
di una condotta attiva volta a determinare in altri un comportamento delittuoso
che altrimenti non verrebbe, senza la predetta istigazione, posto in essere.
Occorrono
dunque due requisiti che la locale Procura non pare abbia ritenuto di ricercare
ossia: 1) la effettiva capacità di influenzare in modo significativo le altrui
condotte e 2) una precedente assenza di autodeterminazione in capo al soggetto
istigato.
Sul punto si
osserva che per prima cosa lo scrittore non può essere equiparato al leader di
un Partito o di un Movimento politico in grado, per il suo ruolo, di incitare
gli iscritti ad agire secondo la linea politica loro indicata, ed è appena il
caso di ricordare che mai in precedenza noti e reiterati incitamenti a varie
forme di disobbedienza fiscale o di diversa natura da parte di alcuni leader
politici risultano essere stati “attenzionati” dalle numerose Procure italiche.
E’ ben vero che
al successivo comma la norma in oggetto punisce anche una ulteriore e diversa
condotta, ossia quella di chi non fa pubblica istigazione, bensì “apologia
di uno o più delitti” ma in tal caso, ed in questo ben cogliendosi la sua
evidente diversità dalla ipotesi indicata al primo comma, è intervenuta molti
anni fa la Corte Costituzionale stabilendo con la Sentenza n. 65 del 4
maggio 1970 che “l’apologia punibile ai sensi dell’art. 414 Cp è quella
che per le sue modalità integra un comportamento concretamente idoneo a
provocare la commissione di delitti trascendendo la pura e semplice
manifestazione del pensiero”.
Ora, ritenere
che uno scrittore che ricostruisce in una intervista il significato storico del
termine “sabotaggio” possa rischiare fino a 5 anni di carcere suona alquanto
stridente con le velleità democratiche di un paese che rivendica in ogni dove,
ed anche di recente, orgogliose “superiorità occidentali ” in materia di libero
dissenso o di satira.
Del resto, la
stravaganza della imputazione risiede anche, e come si diceva ad inizio, nella
sua “unicità”.
Infatti, a nessuno
è mai passato per la testa di incriminare Oriana Fallaci per quegli ultimi scritti
dove sostanzialmente incitava gli occidentali a prendere a schiaffi il primo
musulmano incontrato per strada.
Nella sua,
pertanto, inconsistenza giuridica, infatti è stato assolto perchè il fatto non sussiste, la incriminazione di uno scrittore per la
sua voce
ostinata e contraria assume all’esterno più il significato di una azione
repressiva e quasi intimidatoria, che “giusta” nel senso di ius (secondo
diritto).