Stasera è iniziato Sanremo, come
ogni anno a febbraio, va in onda il Festival della canzone italiana e tra note
e melodie, sgargianti sorrisi ed aspettative, tutti noi ci sentiamo dotati di
orecchio assoluto alla ricerca della canzone più bella ma anche tra autori
famosi o sconosciuti alla ricerca dell’assonanza con canzoni già note o,
magari, più fiduciosi convinti di riconoscere nuove soronità. Nonostante sia un
periodo ricco di impegni e preparativi, i cantanti in gara guardano al futuro e
svelano le date di uscita dei rispettivi lavori discografici. C’è chi
sceglie i social per pubblicare l’immagine di copertina accompagnata dalla
tracklist, chi aspetta il termine della kermesse per condividere ulteriori
dettagli sul disco in uscita. Ognuno di questi prodotto dalle più famose
etichette discografiche delle edizioni musicali, tra le altre, la SONY MUSIC ENTERTAINMENTITALY, la UNIVERSAL MUSIC ITALIA.
Queste società sono legate agli artisti attraverso
il contratto di edizione musicale attraverso il quale l’autore cede tutti i diritti di utilizzazione della
sua opera musicale, in particolare l’esecuzione, la rappresentazione, la
riproduzione su dischi e nastri, la diffusione attraverso la radio e la
televisione. Data la particolare natura dell’opera musicale, la stampa degli
spartiti riveste un’importanza relativa, e l’interesse economico del contratto
è rivolto invece alla acquisizione di tutti gli altri diritti di sfruttamento
economico dell’opera. Essendo regolato da accordi, non espressamente
disciplinati dalla legge sul diritto d’autore ma dai principi generali del
diritto si può definire questo contratto come un contratto di cessione dei
diritti di utilizzazione economica di opera musicale. Ne consegue che il
contratto di edizione musicale è un contratto a carattere globale: comprende
tutti i diritti di utilizzazione, oltre eventualmente anche il diritto di
arrangiare il testo musicale e di adattare il testo letterario non solo
traducendolo in altra lingua, ma modificandone anche il contenuto e il titolo.
Per quanto riguarda i compensi sono in genere stabiliti nelle seguenti modalità:
a) per le somme derivanti dal diritto di pubblica esecuzione, generalmente 8/24simi al compositore della musica e 4/24simi all’autore del testo;
b) per il diritto di sfruttamento fonomeccanico, non meno del trenta per cento sulle somme totali per il compositore della musica e del quindici per cento all’autore del testo;
c) per il diritto di riproduzione a mezzo stampa, una percentuale variabile attorno al cinque per cento al compositore della musica e attorno al due virgola cinque per cento all’autore del testo letterario, da calcolarsi sul prezzo di copertina delle copie vendute. Forte è il legame tra case editrici e case discografiche ed a tal proposito è interessante ricordare la storia della Decca Records Ltd.
Per quanto riguarda i compensi sono in genere stabiliti nelle seguenti modalità:
a) per le somme derivanti dal diritto di pubblica esecuzione, generalmente 8/24simi al compositore della musica e 4/24simi all’autore del testo;
b) per il diritto di sfruttamento fonomeccanico, non meno del trenta per cento sulle somme totali per il compositore della musica e del quindici per cento all’autore del testo;
c) per il diritto di riproduzione a mezzo stampa, una percentuale variabile attorno al cinque per cento al compositore della musica e attorno al due virgola cinque per cento all’autore del testo letterario, da calcolarsi sul prezzo di copertina delle copie vendute. Forte è il legame tra case editrici e case discografiche ed a tal proposito è interessante ricordare la storia della Decca Records Ltd.
Il nome Decca è derivato da un grammofono portatile
chiamato "Decca Dulcephone"; il nome Decca fu coniato da
Wilfred S. Samuel sostituendo l'iniziale della parola "Mecca" con
l'iniziale del logo dell'azienda, "Dulcet", o con quello del
grammofono "Dulcephone". Con la pubblicazione di numerose incisioni
sia di musica classica che di musica leggera, in pochi anni la Decca Records
Ltd. divenne la seconda casa discografica mondiale, autonominandosi "The
Supreme Record Company".Il maggior successo di tutti i tempi della Decca
americana è stato White Christmas, inciso da Bing Crosby una prima volta
nel 1940, successivamente nel 1947. Nel 1946 la casa inglese cominciò ad
utilizzare una nuova tecnica di registrazione sonora, denominata full
frequency range recording e contraddistinta sulle etichette dei dischi
dalla sigla ffrr. Fino alla fine del conflitto mondiale, questa tecnica
era stata usata solo a scopi bellici in quanto in grado di riconoscere
l'avvicinarsi dei sommergibili individuandone le vibrazioni del motore. È
rimasto celebre il rifiuto di un funzionario della Decca di mettere sotto
contratto nel 1962 gli allora sconosciuti Beatles. Tra i numerosi artisti che
incisero per la Decca si ricordano The Rolling Stones, su consiglio dello stesso Harrison,
Ten YearsAfter, Cat Stevens, i Them capitanati da Van Morrison,
John Mayall,
The SmallFaces, The Moody Blues, i Genesis
e The Animals.
A proposito dei Rolling Stones e del loro stralunato rapporto con il manager Allen Klein ci “diverte” raccontarvi la storia di “Bittersweet Symphony”. E' il 1997, quando i “The Verve” negoziano la
licenza d’uso di un campione di cinque note, estratto da una cover orchestrale
di uno dei successi minori dei Rolling Stones, “The Last Time”, concesso senza
problemi dalla Decca Records. Il fatto che la cover somigliasse alla sigla di FUTURAMA poi, non destò alcun allarme e anzi, forti della legittimazione da
parte dell’ex-manager degli Stones e della Decca, i Verve, rinchiusi in studio,
invece di quel pugno di secondi con cinque note ne usarono qualcuno in più.
Il
risultato fu “Bittersweet Symphony” che, una volta lanciata, divenne
immediatamente un successo, e non passò molto tempo prima che il telefono di
Ashcroft e soci suonasse. Dall’altro
capo del filo c’era un ex manager dei Rolling Stones, Allen Klein, che
possedeva il copyright su tutte le canzoni pre–1970 della band, e citava
in giudizio i “The Verve” per violazione dei diritti d’autore in quanto il loro
pezzo era un evidente plagio della canzone dei Rolling Stones intitolato “The
Last Time”. I Verve provarono a opporsi sostenendo di detenere i diritti
sulla cover campionata, ma il giudice riconobbe il plagio della canzone
originale, attribuendone la paternità a “Jagger/Richard”.
Il gruppo provò a cercare un accordo con gli Stones i quali, prima accettarono il 50 % dei possibili proventi derivanti dal brano e, successivamente, quando si resero conto dell’inaspettato successo della canzone, pretesero il 100%, minacciando di far ritirare il singolo dai negozi.
Il gruppo provò a cercare un accordo con gli Stones i quali, prima accettarono il 50 % dei possibili proventi derivanti dal brano e, successivamente, quando si resero conto dell’inaspettato successo della canzone, pretesero il 100%, minacciando di far ritirare il singolo dai negozi.
Quando “Bittersweet Symphony” fu nominata per un Grammy nella categoria Best
Songwriters, la candidatura andò a “Mick Jagger e Keith
Richards.” Ashcroft cercò di scherzarci sopra dicendo che “Bittersweet
Symphony” era «la miglior canzone che Jagger e Richards avevano mai scritto
in vent’anni.» Ma la verità era che la vicenda gli causò un bell’esaurimento
nervoso che alla fine lo portò a lasciare il gruppo.
T
T
uttora, quando Ashcroft la suona
dal vivo, usa dedicarla a Jagger e Richards, sostenendo di essere felice di
pagare i loro conti…in medicine.
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