Quest’anno sembra essere quello che
vuole superare pregiudizi e barriere. Su questa scia, sempre lungimirante e
visionaria, ancora una volta è la regione Toscana che intende porsi quale
capofila perché si ritorni ad esaminare ed affrontare lo scabroso tema della
sessualità per i disabili. Per questo, da qualche anno ormai, in Europa e nel
mondo si sta diffondendo la figura dei "love giver" ovvero degli
assistenti sessuali. In Italia pende il disegno di legge 1442 del 24 Aprile2014 “Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone condisabilità” ed è assegnato alla commissione igiene e sanità del Senato ma ad
oggi è praticamente fermo. Tra i primi firmatari c'è il parlamentare Lo Giudice
e la senatrice Cirinnà (sì, sempre lei!). Prima di proseguire sarà bene
intenderci sul significato di disabile, cioè colui che per ripercussioni
negative patisce una riduzione oltre la norma di una o più funzioni sensoriali,
motorie e/o psichiche”. Il termine handicap, utilizzato nel linguaggio corrente
per definire tali situazioni, è mutuato dal linguaggio ippico, nel quale indica
la penalizzazione che nei concorsi di equitazione viene inflitta (in termini di
tempo, distanza o penso) ai cavalli favoriti, al fine di offrire le stesse
possibilità di vittoria anche a quelli meno favoriti.
Dunque, se è vero che “con
un handicap ben congegnato tutti i concorrenti hanno le stesse possibilità di
vittoria” (cfr. C. Hanau, Handicap, cit. p. 67), per quanto riguarda le persone
l’interesse da perseguire non è evidentemente quello di penalizzare i
“superdotati”, bensì quello di sostenere gli svantaggiati con misure che
equiparano o, comunque, tendano all’equiparazione delle posizioni di partenza.
Questa urgenza non nasce quindi dal fatto che la figura della madre si sia
emancipata al punto da portare il proprio figlio a prostitute e pagare fino a
500 euro, o al punto di masturbarlo lei stessa, o perché si diffondono notizie
come quella del ragazzo spinto dalla madre a cercare una prostituta per il
fratello con disabilità. L’urgenza, voglio credere sia, quella d’includere il disabile
nella società, in una società che sia educata alla disabilità. Partire da un
impulso sessuale, intimo per proiettarsi, poi, a costruire nuove prospettive
tali da creare l’indipendenza per il disabile. In particolare, è stata
rivalutata la disabilità non come “mancanza” quanto – piuttosto – come una
dimensione della diversità umana nella consapevolezza che il cuore del problema
non risiede nella condizione della disabilità in quanto tale, ma nei contesti
sociali e culturali in cui essa emerge. A rompere il tabù, come già detto, è la
Regione Toscana con una proposta di risoluzione che impegnerà la Giunta ad
andare verso il riconoscimento dell’assistente sessuale per i disabili.
Attraverso la sua professionalità supporta le persone diversamenteabili a sperimentare
l’erotismo e la sessualità. Questo operatore, formato da un punto di vista
teorico e psicocorporeo sui temi della sessualità, permette di aiutare le
persone con disabilità fisico-motoria e/o psichico/cognitiva a vivere
un’esperienza erotica, sensuale e/o sessuale.
Gli incontri, infatti, si
orientano in un continuum che va dal semplice massaggio o contatto fisico, al
corpo a corpo, sperimentando il contatto e l’esperienza sensoriale, dando
suggerimenti fondamentali sull’attività autoerotica, fino a stimolare e a fare
sperimentare il piacere sessuale dell’esperienza orgasmica. Quanto appena
rappresentato si traduce nel diritto delle persone con disabilità a fruire di
condizioni minime per un’esistenza libera e soprattutto dignitosa, nella
consapevolezza, come ebbe a dire la Corte Costituzionale che tra i compiti cui
lo Stato non può in nessun caso abdicare v’è proprio quello di “contribuire a
che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto
l’immagine universale della dignità umana” (Corte Costituzionale, sentenza 25
febbraio 1988 n. 217).Come sancito dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità
(1974) “la salute sessuale è l’integrazione degli aspetti somatici, affettivi,
intellettuali e sociali nell’essere sessuato al fine di pervenire ad un
arricchimento della personalità umana, della comunicazione e dell’amore”.Ciò
considerato, è possibile affermare che la dignità umana di un individuo – abile
e non abile – viene a manifestarsi anche per mezzo della propria sessualità.
Sul punto, è sufficiente far riferimento alla Convenzione sui diritti dellepersone con disabilità, stipulata a New York il 13 dicembre 2006 (ratificata
dall’Italia per effetto degli artt. 1 e 2 della legge 3 marzo 2009 n. 18). Il
trattato in esame riconosce espressamente (lett. n del preambolo) “l’importanza
per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale,
compresa la libertà di compiere le proprie scelte” (collocati nel novero dei
“principi generali”, v. art. 3 della Convenzione).
La stessa Convenzione,
all’art. 12 comma IV (“uguale riconoscimento dinanzi alla legge) chiaramente
statuisce “Gli Stati devono assicurare che le misure relative all’esercizio
della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della
persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza
indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona, che
siano applicate per il più breve tempo possibile e siano soggette a periodica
revisione da parte di una autorità competente, indipendente ed imparziale o di
un organo giudiziario”. Sotto altro angolo prospettico
potrebbe venire in rilievo il concreto esercizio di questo diritto, qualora la
sessualità non fosse consapevolmente vissuta dal disabile. In questo caso,
sarebbe opportuno ipotizzare l’adozione di strumenti di monitoraggio e sostegno
tramite i servizi sociali o i Consultori. E dove questi, potrebbero risultare
insufficienti, attraverso l’autorità penale sopprimerne la mercificazione.
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