CONTE, LA CASSA FORENSE E LO STATO DI CALAMITA': STORIA DI UN TRADIMENTO
In
data 31/01/2020 il Consiglio dei Ministri chiedeva ha dichiarato lo stato di emergenza,
in conseguenza del rischio sanitario connesso al possibile contagio del coronavirus. All'ordine
del giorno del Cdm, infatti, c'era la "dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza
del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti
virali trasmissibili". Per affrontare l'emergenza sono stati
stanziati 5 milioni
di euro. In questi giorni si confermavano i due casi di infezione da
coronavirus "che
riguardano due turisti cinesi arrivati da pochi giorni in Italia".
Per affrontare l'allarme, l'Italia ha chiuso il traffico aereo con la Cina: "Siamo
il primo paese dell'Unione europea che adotta una misura cautelativa di questo
genere"
diceva il premier Giuseppe Conte. "Assicuro- concludeva -che non c'è alcun motivo di crearepanico e allarme sociale".
Lo stato di allarme può essere dichiarato "al verificarsi o nell'imminenza di calamità naturali o eventi connessi
all'attività dell'uomo in Italia". Non è necessario che il
problema si verifichi in Italia, perché il Consiglio può decidere di
dichiararlo anche in caso di "gravi
eventi all'estero nei quali la Protezione Civile italiana partecipa
direttamente". Lo stato di emergenza di rilievo nazionale
può essere portato a un periodo di massimo 12 mesi, che possono essere
prolungati di altri 12 mesi: a definirlo è il Codice della Protezione Civile. Nonostante
questo passo, non solo minimizza ma attende il 9 marzo prima di agire con
specificità non curandosi della
categoria cui pretenderebbe di appartenere: "sarò l'avvocato degli
italiani". Infatti, si deve purtroppo constatare che le misure a
sostegno dell’economia previste dal DL cd. “Cura Italia”, pur anticipate come rivolte a tutte le categorie di
lavoratori, di fatto lasciano i professionisti (non iscritti alla gestione
separata inps) in balia degli eventi, ancora una volta spostando la competenza
degli interventi di sostegno in capo alle casse di previdenza
private.
E così per l'antico brocardo "ognuno balla con sua nonna", l'avvocato di tutti ha escluso 4 abitanti ogni 1000. Fate un pò i
conti voi (così vi distraete per qualche minuto). Nel mentre mi permetto di
evidenziare concetti già affermati da altri colleghi avvocati che rappresentano
soluzioni percorribili:
1)
Anticipazione rotativa agli avvocati da parte di Cassa Forense dei compensi a
loro spettanti per l’attività già svolta in regime di Patrocinio a spese dello
Stato (gratuito patrocinio), attività che è già stata svolta dagli avvocati
almeno due anni fa (se non di più) e non ancora saldata dalla PA;
2)
Riconoscimento a tutti gli avvocati delle agevolazioni riservate alle imprese
in materia creditizia.
Provi
ad impegnarsi, meglio di giorno che il sabato sera, caro Presidente del
Consiglio, tra l'elaborazione di un'autocertificazione e l'altra.