Chi
di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra o invii una pec!
La
Posta Elettronica Certificata (PEC) è il mezzo informatico che consente
di inviare e-mail con valore legale equiparato ad una raccomandata con
ricevuta di ritorno, come stabilito dalla vigente normativa (DPR 11
Febbraio 2005 n.68). Attualmente la PEC non è uno standard internazionale ma,
un insieme di regole e norme italiane. Inoltre esistono altre tecniche di firma
digitale e di tracciamento della consegna analoghe alla PEC ma già da anni
disponibili per le e-mails tradizionali ed utilizzate per lo scambio di
documenti a livello internazionale previo accordo tra mittente e destinatario
(come ad esempio il sistema RFC 3798).Il 19 gennaio 2009, infatti, l'art. 16
del D.L. n. 185 del 2008 ha subito, in fase di conversione in legge, modifiche
rilevanti che rendono non più obbligatoria la PEC per cittadini, liberi
professionisti e aziende, qualora essi abbiano a disposizione un analogo
indirizzo di posta elettronica basato su tecnologie che certifichino data e ora
dell'invio e della ricezione delle comunicazioni ed integrità del contenuto
delle stesse, garantendo l'interoperabilità con analoghi sistemi internazionali.
La PEC, dunque, pare nata già vecchia e comunque estranea al circuito internazionale:
l’ennesimo intervento novellistico del legislatore se ne è finalmente accorto. Inoltre, per quel che
più conta ai fini dell’amministrazione della giustizia la PEC ha la sua veridicità nel
documentare in modo certo ed inequivocabile la spedizione/invio, con il
riscontro, ricevuta/consegna. La PEC si perfeziona solo se sono presenti
tutti i requisiti e le modalità esposte nelle grafiche rappresentate. Se c’è
una discrepanza, la stessa non ha più validità legale.I maggiori problemi sono
la sincronizzazione degli orari, la gestione delle ricevute
invio/ricezione e l’appaiamento in orario consequenziale di tutte le ricevute
(e quindi non solo di quelle invio/ricezione) come da codifica.
Per gli Avvocati, avere un indirizzo PEC è un obbligo sancito dall’art. 16 comma 7 della L. 2/2009; tale indirizzo deve poi essere anche comunicato al proprio Consiglio dell’Ordine, il quale, a sua volta, provvede a comunicarlo al Ministero della Giustizia attestandolo come unico indirizzo utilizzabile per le comunicazioni da e verso i Tribunali. Il Ministero della Giustizia provvede a sua volta ad inserire tale indirizzo PEC in un registro informatico, consultabile telematicamente chiamato RegInde. L’indirizzo PEC che risulterà comunicato all’Ordine, diventerà dunque l’unico domicilio elettronico di riferimento per l’avvocato nel Processo Telematico (ricezione dei biglietti di cancelleria telematici e deposito degli atti telematici).
L’avvocato sprovvisto di PEC dovrà recarsi in Tribunale presso la/e Cancelleria/e per verificare l’eventuale presenza di comunicazioni a lui indirizzate e relative ai procedimenti nei quali risulti costituito quale difensore di parte.
In materia penale, dalla lettura di tali testi normativi emerge la
scelta del mezzo telematico come strumento "normale" per la notifica
di atti inerenti a procedimenti penali nei confronti di persona diversa
dall'imputato, ivi compreso il suo difensore. Tuttavia, come risulta dal
combinato disposto dei commi 1 e 2 dell'art. 51, l'impiego di questa specifica
modalità veniva ad essere subordinata all'emanazione, ad opera del Ministro
della Giustizia, di un decreto ministeriale, chiamato ad individuare gli Uffici
giudiziari dotati di adeguati servizi di comunicazione. In attuazione di
quest'ultima previsione era stato emanato, in data 12 settembre 2012, apposito
decreto del Ministero della Giustizia. Tale quadro normativo è profondamente
mutato per effetto del D.L. 18
ottobre 2012, n. 179, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 19
ottobre 2012, n. 45, e in vigore dal successivo 20 ottobre, convertito con
modificazioni in L. 17
dicembre 2012, n. 221. Con tale previsione si torna a disporre che,
per quanto concerne i procedimenti penali, le notifiche a soggetti diversi
dall'imputato sono effettuate via P.E.C. dagli Uffici giudiziari individuati da
un apposito decreto del Ministro della Giustizia.Tuttavia, contrariamente a
quanto accaduto per i procedimenti civili, non è stata inserita alcuna norma
transitoria specificamente dedicata a quegli Uffici per i quali il suddetto decreto
era già stato emanato sotto la vigenza del D.L. n. 112
del 2008.Infine è intervenuto l'art. 1, comma 19, punto 1, lett. a) e b), della
L. 24
dicembre 2012, n. 228, che ha inserito nell’art. 16, comma 9, del
D.L. n. 221 una nuova lett. c-bis), che prevede che le disposizioni che qui
interessano (commi da 4 a 8) “acquistano efficacia a decorrere dal 15 dicembre
2014”.La questione giunge pertanto davanti alle SS.UU. che risolvono i dubbi riconoscendo
validità legale alle notifiche via pec eseguite al difensore anche prima del 15 dicembre 2014; qualora gli Uffici fossero
già stati autorizzati con decreto ministeriale.
In ambito civilistico, l’obbligo di indicare l’indirizzo
di posta
elettronica certificata esonera l'avvocato dall’elezione
di domicilio quando si trova a dover patrocinare una causa fuori dalla
circoscrizione del tribunale cui è assegnato .Lo hanno stabilito le Sezioni Unite
della Cassazione, con la sentenza 20 giugno 2012, n. 10143. La Suprema Corte
precisato che, stante il mutato contesto normativo che prevede ora in generale
l'obbligo per il difensore di indicare, negli atti di parte, l'indirizzo di
posta elettronica certificata, la domiciliazione ex lege presso
la cancelleria dell'autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il
giudizio si applicherà soltanto se il difensore, non adempiendo
all'obbligo prescritto dall'art. 125 c.p.c., non abbia indicato l'indirizzo di
posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine. Ovviamente, questo
bellagio, fino alla prima richiesta copie dal fascicolo di causa dove ci troveremo
davanti al bivio tra l’intraprendere un viaggio per nuovi lidi o (meglio)
eleggere domicilio presso l’amico devoto domiciliatario.