Dovranno attestare la liceità
dell'accordo, in conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico, nonchè
ricevuto l'atto provvedere, ai fini dell'opponibilità ai terzi, a trasmetterne
copia (entro i successivi 10 giorni) al comune di residenza dei conviventi per
l'iscrizione all'anagrafe. Con la nuova
legge l’iscrizione anagrafica delle convivenze (che non è una registrazione di
stato civile) assolve soltanto a funzioni di attestazione e di prova
dell’inizio e della durata della convivenza. Dal contratto di
convivenza nascono dei veri e propri obblighi giuridici a carico delle parti
che lo hanno sottoscritto. Pertanto la violazione di taluno degli obblighi
assunti con il contratto di convivenza legittima l'altra parte a rivolgersi al
giudice per ottenere quanto le spetta. La durata "naturale" del
contratto di convivenza coincide con la durata del rapporto di convivenza. E'
logico quindi subordinare gli effetti del contratto alla permanenza del
rapporto di convivenza. Ciò non toglie che vi siano alcuni accordi destinati a
produrre i loro effetti proprio a partire dalla cessazione del rapporto di
convivenza: si pensi a tutti gli accordi che fissano le modalità per la
definizione dei reciproci rapporti patrimoniali in caso di cessazione della
convivenza. Se nel contratto sono contenuti anche accordi di questo tipo, alla
cessazione del rapporto di convivenza, il contratto continuerà a trovare
applicazione proprio per disciplinare la fase di definizione dei rapporti
patrimoniali e la divisione dei beni comuni.
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domenica 29 maggio 2016
Caffellatte: la convivenza amorosa
lunedì 28 settembre 2015
Io PECco!
Chi
di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra o invii una pec!
La
Posta Elettronica Certificata (PEC) è il mezzo informatico che consente
di inviare e-mail con valore legale equiparato ad una raccomandata con
ricevuta di ritorno, come stabilito dalla vigente normativa (DPR 11
Febbraio 2005 n.68). Attualmente la PEC non è uno standard internazionale ma,
un insieme di regole e norme italiane. Inoltre esistono altre tecniche di firma
digitale e di tracciamento della consegna analoghe alla PEC ma già da anni
disponibili per le e-mails tradizionali ed utilizzate per lo scambio di
documenti a livello internazionale previo accordo tra mittente e destinatario
(come ad esempio il sistema RFC 3798).Il 19 gennaio 2009, infatti, l'art. 16
del D.L. n. 185 del 2008 ha subito, in fase di conversione in legge, modifiche
rilevanti che rendono non più obbligatoria la PEC per cittadini, liberi
professionisti e aziende, qualora essi abbiano a disposizione un analogo
indirizzo di posta elettronica basato su tecnologie che certifichino data e ora
dell'invio e della ricezione delle comunicazioni ed integrità del contenuto
delle stesse, garantendo l'interoperabilità con analoghi sistemi internazionali.
La PEC, dunque, pare nata già vecchia e comunque estranea al circuito internazionale:
l’ennesimo intervento novellistico del legislatore se ne è finalmente accorto. Inoltre, per quel che
più conta ai fini dell’amministrazione della giustizia la PEC ha la sua veridicità nel
documentare in modo certo ed inequivocabile la spedizione/invio, con il
riscontro, ricevuta/consegna. La PEC si perfeziona solo se sono presenti
tutti i requisiti e le modalità esposte nelle grafiche rappresentate. Se c’è
una discrepanza, la stessa non ha più validità legale.I maggiori problemi sono
la sincronizzazione degli orari, la gestione delle ricevute
invio/ricezione e l’appaiamento in orario consequenziale di tutte le ricevute
(e quindi non solo di quelle invio/ricezione) come da codifica.
Per gli Avvocati, avere un indirizzo PEC è un obbligo sancito dall’art. 16 comma 7 della L. 2/2009; tale indirizzo deve poi essere anche comunicato al proprio Consiglio dell’Ordine, il quale, a sua volta, provvede a comunicarlo al Ministero della Giustizia attestandolo come unico indirizzo utilizzabile per le comunicazioni da e verso i Tribunali. Il Ministero della Giustizia provvede a sua volta ad inserire tale indirizzo PEC in un registro informatico, consultabile telematicamente chiamato RegInde. L’indirizzo PEC che risulterà comunicato all’Ordine, diventerà dunque l’unico domicilio elettronico di riferimento per l’avvocato nel Processo Telematico (ricezione dei biglietti di cancelleria telematici e deposito degli atti telematici).
L’avvocato sprovvisto di PEC dovrà recarsi in Tribunale presso la/e Cancelleria/e per verificare l’eventuale presenza di comunicazioni a lui indirizzate e relative ai procedimenti nei quali risulti costituito quale difensore di parte.
In materia penale, dalla lettura di tali testi normativi emerge la
scelta del mezzo telematico come strumento "normale" per la notifica
di atti inerenti a procedimenti penali nei confronti di persona diversa
dall'imputato, ivi compreso il suo difensore. Tuttavia, come risulta dal
combinato disposto dei commi 1 e 2 dell'art. 51, l'impiego di questa specifica
modalità veniva ad essere subordinata all'emanazione, ad opera del Ministro
della Giustizia, di un decreto ministeriale, chiamato ad individuare gli Uffici
giudiziari dotati di adeguati servizi di comunicazione. In attuazione di
quest'ultima previsione era stato emanato, in data 12 settembre 2012, apposito
decreto del Ministero della Giustizia. Tale quadro normativo è profondamente
mutato per effetto del D.L. 18
ottobre 2012, n. 179, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 19
ottobre 2012, n. 45, e in vigore dal successivo 20 ottobre, convertito con
modificazioni in L. 17
dicembre 2012, n. 221. Con tale previsione si torna a disporre che,
per quanto concerne i procedimenti penali, le notifiche a soggetti diversi
dall'imputato sono effettuate via P.E.C. dagli Uffici giudiziari individuati da
un apposito decreto del Ministro della Giustizia.Tuttavia, contrariamente a
quanto accaduto per i procedimenti civili, non è stata inserita alcuna norma
transitoria specificamente dedicata a quegli Uffici per i quali il suddetto decreto
era già stato emanato sotto la vigenza del D.L. n. 112
del 2008.Infine è intervenuto l'art. 1, comma 19, punto 1, lett. a) e b), della
L. 24
dicembre 2012, n. 228, che ha inserito nell’art. 16, comma 9, del
D.L. n. 221 una nuova lett. c-bis), che prevede che le disposizioni che qui
interessano (commi da 4 a 8) “acquistano efficacia a decorrere dal 15 dicembre
2014”.La questione giunge pertanto davanti alle SS.UU. che risolvono i dubbi riconoscendo
validità legale alle notifiche via pec eseguite al difensore anche prima del 15 dicembre 2014; qualora gli Uffici fossero
già stati autorizzati con decreto ministeriale.
In ambito civilistico, l’obbligo di indicare l’indirizzo
di posta
elettronica certificata esonera l'avvocato dall’elezione
di domicilio quando si trova a dover patrocinare una causa fuori dalla
circoscrizione del tribunale cui è assegnato .Lo hanno stabilito le Sezioni Unite
della Cassazione, con la sentenza 20 giugno 2012, n. 10143. La Suprema Corte
precisato che, stante il mutato contesto normativo che prevede ora in generale
l'obbligo per il difensore di indicare, negli atti di parte, l'indirizzo di
posta elettronica certificata, la domiciliazione ex lege presso
la cancelleria dell'autorità giudiziaria innanzi alla quale è in corso il
giudizio si applicherà soltanto se il difensore, non adempiendo
all'obbligo prescritto dall'art. 125 c.p.c., non abbia indicato l'indirizzo di
posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine. Ovviamente, questo
bellagio, fino alla prima richiesta copie dal fascicolo di causa dove ci troveremo
davanti al bivio tra l’intraprendere un viaggio per nuovi lidi o (meglio)
eleggere domicilio presso l’amico devoto domiciliatario.
mercoledì 17 settembre 2014
Questioni di lana caprina: separazione e divorzio fai da te
"Fare questioni di questo genere, significa cavillare, esaminare con eccessiva pignoleria, insistere pedantemente su cose prive di vera importanza”.
Altra bella definizione enciclopedica: "De lana caprina (Di lana caprina) locuzione latina utilizzata in riferimento a qualcosa di cui si parla, per evidenziare l'inanità o la superfluità del discorrerne. Il significato è quindi parlare di qualcosa di inutile, privo d'importanza o di attinenza all'argomento della discussione.
Il decreto legge in materia di Giustizia approvato più di due settimane fa dal Consiglio dei Ministri, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e, per alcune parti, è già operativo. Una di queste, prevede la semplificazione delle procedure di separazione e divorzio, grazie al ricorso a quella che è stata definita “negoziazione assistita”.
In sostanza, la
coppia che decide di separarsi o divorziare consensualmente, lo potrà fare
senza alcuna necessità di rivolgersi al Tribunale, dato che sarà sufficiente
sottoscrivere il relativo accordo, firmato anche dall’avvocato, e poi
trasmetterlo in copia autentica, nel termine di 10 giorni, all’ufficiale delle
stato civile del comune dove è stato iscritto il matrimonio, oppure “trascritto”
in caso di matrimonio concordatario. Sarà, anzi, possibile rivolgersi
direttamente all’ufficiale dello stato civile, anche senza l’intervento del
legale.
In pratica, la
nuova normativa semplifica “quello che è già abbastanza facile”, perché le
procedure consensuali godono già adesso di una corsia preferenziale in quasi
tutti i tribunali del Paese. Mentre, invece, non cambia nulla quando manca il
completo accordo dei coniugi, rendendo così indispensabile il ricorso alla
separazione o al divorzio “giudiziale”, con conseguente allungamento dei tempi.
Non cambia nulla
nemmeno in relazione ai tempi necessari per richiedere il divorzio (tre anni
dalla separazione); almeno fino a quando il Senato non avrà approvato (sempre
che lo faccia senza modifiche) il provvedimento già passato in prima lettura
alla Camera dei Deputati. Una volta approvata in via definitiva, basteranno sei
mesi dalla separazione consensuale ed un anno da quella giudiziale, per
ottenere il divorzio.
Va peraltro
sottolineato che questa semplificazione nelle procedure, già entrata in vigore
con il decreto legge pubblicato venerdì 12 settembre sulla G.U., non riguarda i
casi in cui ci siano figli minori; oppure anche maggiorenni, se affetti da
gravi handicap o non autosufficienti economicamente.
Infatti, il
c.d. “divorzio fai da te”, facilita, semplifica, velocizza e rende certamente
più economica la separazione ed il divorzio; ma solo (sic) in caso di accordo
consensuale dei coniugi ed in assenza di figli minori o anche per i
maggiorenni, nei casi specifici appena citati.
Pertanto, all’entusiasmo di chi applaude a tale riforma presentandolo come un “testo
rivoluzionario” “un atto di civiltà, grande segno di riforma liberale” (Cit.
On. Concia), rimangono pur sempre dubbi e forti perplessità.
In primis la riduzione dei tempi di decorrenza per l’ottenimento dl divorzio non semplifica la procedura, né la macchina del contenzioso legale che al contrario avrebbe potuto conoscere un reale cambiamento nell’unificazione della separazione e divorzio in un unico atto di certo applicabile in tutti i casi di coppie in accordo a divorziare o sprovviste di figli minori.
A conferma di ciò, la circostanza che nel 98% dei casi ogni separazione si trasforma in divorzio sia in Italia, che a Malta, in Irlanda del Nord e Polonia, dove la separazione legale è ancora obbligatoria e necessaria per la proposizione della domanda di divorzio.
In primis la riduzione dei tempi di decorrenza per l’ottenimento dl divorzio non semplifica la procedura, né la macchina del contenzioso legale che al contrario avrebbe potuto conoscere un reale cambiamento nell’unificazione della separazione e divorzio in un unico atto di certo applicabile in tutti i casi di coppie in accordo a divorziare o sprovviste di figli minori.
A conferma di ciò, la circostanza che nel 98% dei casi ogni separazione si trasforma in divorzio sia in Italia, che a Malta, in Irlanda del Nord e Polonia, dove la separazione legale è ancora obbligatoria e necessaria per la proposizione della domanda di divorzio.
Costituisce poi una reale problematica anche l’attuale proposta che distingue tra figli minorenni e maggiorenni. Tale
innovazione, folle e controproducente cosi come definita dall’Avv. Alessandro
Gerardi, Tesoriere della Lega Italiana del divorzio breve, costituisce
presupposto di ulteriore conflitto per i genitori di minorenni che , al
contrario, dovrebbero vedere semplificata, più degli altri, la procedura di
divorzio al fine di accelerare quello sgancio che facilita i rapporti genitoriali
nell’interesse dei minori, utilizzati strumentalizzati proprio dal vincolo che
la coppia continua ad avere fino al divorzio stesso.
La
società italiana, nei profondi cambiamenti socio-culturali negli ultimi
quaranta anni, ormai da troppo tempo chiede un intervento rapido ed efficace
del legislatore al fine di ottenere un’amministrazione della giustizia meno
dispendiosa, lenta e farraginosa.
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