giovedì 5 novembre 2015

Amor, amor di nostra vita ultimo inganno:parola dei giudici



In amore la menzogna interessata è lecita. La vicenda risale al 2009, quando tra due infermieri di un noto ospedale meneghino scoppia una storia d'amore. Da subito, l'uomo comincia a chiedere soldi alla compagna, promettendone sempre la restituzione, prima per pagare le tasse e poi per intraprendere una attività in Perù. La donna contrae un mutuo di 10mila euro per venire incontro alla richiesta del partner che effettivamente di lì a poco parte per il Sud America, dove lei lo raggiunge consegnandogli altro denaro. Una volta tornati a Milano però lui cambia atteggiamento e la lascia.
Dopo varie richieste di restituzione non evase, incassata la fregatura,  la disputa approda davanti al tribunale milanese dove il giudice investito della questione si domanda «se è concepibile il reato di truffa quando una persona inganni il proprio ‘compagno' (o la propria ‘compagna') circa i propri sentimenti, al solo scopo di ottenere un vantaggio patrimoniale con altrui danno». La risposta, in linea teorica, è che si è concepibile, tuttavia in concreto essa è «difficilmente ravvisabile». Infatti, anche per «evitare una spropositata estensione dell'area penale», si dovrebbero rigorosamente accertarne tutti gli elementi tipici, vale a dire: la condotta fraudolenta, il dolo ed anche la relazione consequenziale tra l'errore sul sentimento e l'atto dispositivo. Sotto il primo profilo osserva la sentenza, in assenza di raggiri «il semplice mentire sui propri sentimenti – la nuda menzogna - non integra una condotta tipica di truffa» (Trib. Milano, Sez. III, sent. 14 luglio 2015) .
Con riferimento al dolo, poi, esso dovrebbe sussistere fin dall'inizio, cioè essere alla base stessa della relazione. Infine, per quanto riguarda il terzo aspetto bisognerebbe poter affermare che il raggirato sia stato effettivamente determinato nella sua generosità soltanto dalla errata convinzione circa l'altrui sentimento. Ma ciò è molto difficile da provare perché, osserva il giudice, vi potrebbero essere altre cause alla base della dazione. Ed il tribunale fa l'esempio di un «ricco erede» che fosse stato ingannato da una «giovane e bellissima donna» e l'avesse ricoperta di «doni» e «ingenti capitali»: anche in questo caso non ci sarebbe reato, poiché esiste il «ragionevole dubbio» che la «presunta vittima» non si sarebbe comportata in modo diverso pur «sapendo della reale intenzione» della donna, magari perché «ben lieto di accompagnarsi all'avvenente ragazza».

Stesso discorso vale per l’accusa di appropriazione indebita: le parti avevano pattuito la restituzione delle somme prestate. Per la legge si tratta di un contratto di mutuo, un prestito. Così facendo, alla consegna del danaro la proprietà dello stesso è passata dalla donna all’uomo. 

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