Dio benedisse Noè e i suoi figli, e disse loro:
«Crescete, moltiplicatevi e riempite la terra. Avranno timore e spavento
di voi tutti gli animali della terra e tutti gli uccelli del cielo” (Genesi) Forse è questo
il motto ispiratore della Ministra Lorenzin. E così abbiamo superato, indenni
pare, anche il primo (sic!) Fertility Day programmato per il 22 settembre
scorso per celebrare la Giornata nazionale dedicata all’informazione e
formazione sulla fertilità umana, istituita con Direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 28 luglio 2016.
L’iniziativa del “Fertility Day” è stata molto criticata online perché accusata
di fare eccessiva pressione sulle donne affinché facciano figli il prima
possibile: uno dei manifesti pubblicitari dell’iniziativa mostra infatti una
ragazza che tiene in mano una clessidra, mentre accanto a lei c’è scritto “La
bellezza non ha età. La fertilità sì”. In Italia il tasso di fecondità – cioè a
grandi linee il numero medio di figli che partorisce ogni donna – è piuttosto
basso, come del resto in diversi altri paesi occidentali (per esempio
Spagna e Germania): secondo l’ISTAT nel 2014 è stato di 1,37, un tasso identico a quello registrato dieci anni
fa. Negli ultimi anni, inoltre, alcuni esperti hanno
messo in dubbio
l’affidabilità del dato diffusissimo secondo cui nelle donne la fertilità
diminuirebbe decisamente dai 28-30 anni in poi: uno dei più popolari studi a
cui fa riferimento quel dato riprende una ricerca sulle nascite avvenute
in Francia dal 1670 al 1830. L’Istituto Superiore di Sanità dice
che un calo “significativo ma graduale” si verifica dai 32 anni in poi, e un
altro dopo i 37; altri esperimenti recenti hanno ipotizzato
un netto calo dai 35 anni in poi, altri ancora l’assenza di netti cali
della fertilità nelle donne fino ai 40 anni.
A parte questi dati legati agli
aspetti fisiologici che non possono essere modificati in alcun modo (almeno per
ora). Innanzitutto sembra quanto mai opportuno sottolineare che uno dei
problemi che ostacolano la maternità è
di tipo economico, 51 mila donne hanno perso il loro impiego e altre 52 mila
hanno perso le speranze di trovarne uno. In un Paese con il tasso di disoccupazione
come quello italiano, manca la solidità economica di un famiglia che possa
garantire studi e accesso alla professione. Questa campagna ha colpevolizzato le donne che, per volontà o
per altri problemi, non hanno fatto figli.
Si perpetua continuamente il modello familiare del mulino bianco
insistendo sulla riproduzione della sacra famiglia. Forse, invece, sarebbe ora
di mettere in campo concreti aiuti per le donne lavoratrici, creare spazi
aziendali dedicati agli asili e politiche familiari più concrete. Detto questo,
cosa possiamo dire di chi figli non può averne? E le donne single, invece,
dovrebbero intraprendere un viaggio verso la Spagna o due passi in strada?? Si
guardi la maternità in un senso più ampio e complesso.
Si ricorre alla fecondazione assistita quando
non si può concepire naturalmente, senza addentrarci negli stress psicologici
cui è sottoposta la donna, limitiamoci ad un analisi prettamente economica.
Negli ospedali si può ricorrere alla fecondazione assistita mediante il
pagamento di un ticket ma in tal caso i tempi di attesa superano di gran lunga
l’anno. Nei centri privati i prezzi per la FIVET sono circa di 2.500 euro,
mentre per la ICSI di 3.000 euro. Il problema è che queste tecniche hanno una
percentuale di successo del 30%, pertanto la coppia potrebbe ritrovarsi a
investire in una tecnica, poi nell’altra e arrivare alla coltura delle blastocisti.
Molte coppie decidono di andare all’estero per ricorrere alla coltura delle
blastocisti così da non sottostare alla legislatura italiana. Quanto alle donne
single, l’attuale legislazione è molto ostica verso questa categoria potrebbe
aspirare all’adozione di un figlio. La
strada da seguire è quella dell’ adozione cd. in casi particolari cui è possibile ricorrere in casi
determinati, indicati tassativamente dalla legge. Così vi possono ricorrere i
parenti di un bambino
orfano di entrambi i genitori, sempreché abbiano con il minore
un rapporto affettivo e di relazione significativo. Vi è poi il caso del
bambino orfano di entrambi i genitori e portatore di handicap e, ulteriore
ipotesi, quella del bambino che non possa essere dato in affidamento
preadottivo, che cioè non sia dichiarato in stato di abbandono, con la
conseguenza che nei suoi riguardi non può farsi luogo all’ adozione
legittimante (quella tradizionale, per intenderci, e più conosciuta).
Probabilmente, le migliori possibilità di adozione
si presenteranno a livello internazionale. Fuori dagli Stati Uniti, il procedimento tende a essere più breve, ed è
più probabile che tu riesca ad adottare un bambino piccolo o un neonato.
Secondo l'agenzia Children's Hope International, le madri biologiche degli
Stati Uniti sono meno propense a scegliere un genitore single per l'adozione
del loro figlio. Quindi, il consiglio finale è questo. Fate come all'ex
Material Girl per ottenere l'affidamento del piccolo David Banda, orfano
africano di tredici mesi, conosciuto nel 2006 un tour umanitario nel Malawi. La star americana, incontra il poverello cui era morta la madre poco dopo il
parto, il padre da solo non poteva crescerlo. La cantante prende in braccio il
bimbo, accarezza i suoi riccioli neri: "Beautiful". In questi pochi
attimi si convince di volerlo adottare. Il giorno dopo, l'Alta Corte del Malawi
emette un decreto di affidamento temporaneo per la coppia Ritchie-Ciccone.
Una
procedura eccezionale, visto che la legge del paese prevedeva che soltanto gli
stranieri residenti da più di diciotto mesi potessero diventare genitori
adottivi. Per Madonna, che ha promesso al governo di donare 3 milioni di
dollari in progetti di cura e assistenza, le cose vanno molto più in fretta. E
quindi? Dateci dentro!
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