venerdì 1 settembre 2017

Quanto mi costi?!



Torniamo dalla sospensione feriale pronti a correre veloci  verso nuovi adempimenti; primo tra tutti quello di redigere immediatamente un preventivo opportunamente concorrenziale. Speriamo non diventi l’ennesima corsa al ribasso!
Venendo alle novità da subito in vigore per gli avvocati si aprono le porte delle società professionali (anche spa) con soci avvocati ma anche di altre professioni per una quota di almeno i due terzi della compagine. La concorrenza incoraggia l’innovazione, fatti salvi i rischi di azzardo morale e asimmetria informativa per cui va comunque garantito l’intervento del regolatore. Di tali dinamiche traggono beneficio i consumatori, che per i servizi professionali sono spesso le imprese che operano sui mercati internazionali, ma anche i professionisti più capaci. Analizzando gli indicatori Ocse sulle professioni liberali (architetti, avvocati, ingegneri e revisori), è incoraggiante notare che l’Italia ha fatto dei passi in avanti importanti nell’apertura tra il 2008 e il 2013, passando dal penultimo al secondo posto tra i G7 (esclusi gli Usa per cui non ci sono standard federali e quindi l’indice nazionale non viene calcolato). Rimangono, insomma, sacche importanti di regole che ostacolano la concorrenza, senza che la loro introduzione e/o conferma vengano giustificate in maniera rigorosa e trasparente. Anzi, dal punto di vista della produttività le professioni stanno vivendo in Italia una stagione disastrosa: in termini reali, il valore aggiunto per addetto è diminuito del 30% dal 2000 (nel commercio, difficilmente un paradigma di virtù, si è contratto “solo” del 5% - Imf 2016). Nel campo della “liberalizzazione” delle professioni intellettuali il rapporto tra tutela della concorrenza e dei diritti fondamentali alla luce della giurisprudenza della Corte GUE e delle Corti nazionali appare assai problematico. Già l’atteggiamento della disciplina legislativa italiana è profondamente diverso rispetto a quello dell’Unione europea. 
In Italia il professionista intellettuale gode di una disciplina ad hoc (artt. 2229 c.c. ss.) - ben distinta da quella dell’imprenditore (artt. 2082 c.c. ss.) - basata sul principio della personalità della prestazione, sulla sua non fallibilità, sull’assenza di un obbligo di iscrizione del registro delle imprese e di tenuta delle scritture contabili, su di una giurisprudenza che addossa l’onere della prova della non diligenza sul cliente. Eppure non vi è una differenza “ontologica” fra l’attività dell’imprenditore in senso stretto e quella del professionista intellettuale. Fatta questa premessa, la parola “liberalizzazione” nel nostro ordinamento va intesa, come si è visto, non come una semplice e brutale abolizione di norme (c.d. “deregulation”) - che significherebbe disconoscere il limite dell’utilità sociale – ma come una razionalizzazione, un miglioramento della disciplina precedente. Le liberalizzazioni nel campo delle professioni intellettuali consentono altresì di permettere l’esercizio di una diritto, quello dell’individuo di esplicare la propria personalità mediante l’esercizio di un’attività lavorativa (cfr. artt. 1, 2, 4 e 35 Cost.), che, a differenza di quello alla libertà del diritto di iniziativa economica – che presuppone l’interferenza dell’attività economica con altri valori costituzionali e che quindi è suscettibile di limitazioni anche significative – non può che essere considerato fondamentale. Tale diritto, nel quadro della nostra Costituzione, non può però che essere bilanciato, con quello della collettività ad avere a che fare con professionisti preparati, principio a sua volta il più delle volte posto a protezione di diritti fondamentali (così, ad esempio, nel caso dell’avvocato a tutela del diritto di difesa).
Quello di cui oggi parliamo è un provvedimento da tempo sollecitato dall'Antitrust e sul quale il Parlamento nazionale ha accumulato un notevole ritardo. Nei vari passaggi parlamentari, sono state sempre confermati nuovi obblighi di comunicazione e trasparenza per tutte le professioni regolamentate.
Obblighi di comunicazione scritta o digitale al cliente, il professionista dovrà:
-rendere noto "obbligatoriamente, in forma scritta o digitale" al cliente il grado di complessita' dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell'incarico e deve altresi' indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell'esercizio dell'attivita' professionale.
- rendere nota al cliente, previamente, la misura del compenso "obbligatoriamente, in forma scritta o digitale" con un  preventivo di massima; la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi.
Obbligo di trasparenza su titoli e specializzazioni-  Il provvedimento impone di "assicurare la trasparenza delle informazioni nei confronti dell'utenza", pertanto "i professionisti iscritti ad ordini e collegi sono tenuti ad indicare e comunicare i titoli posseduti e le eventuali specializzazioni".
Obbligo di stipula di idonea assicurazione per i rischi derivanti dall'esercizio dell'attivita' professionale, al momento dell'assunzione dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilita' professionale e il relativo massimale. Fatta salva la libertà contrattuale delle parti, le condizioni generali delle polizze assicurative "prevedono l'offerta di un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di operatività della copertura".
L’acquisto della piena consapevolezza dell’esistenza di un diritto fondamentale in capo agli operatori economici a poter svolgere liberamente l’attività che più si desidera non può che contribuire ad innescare un processo circolare virtuoso per cui l’affermazione di tale diritto stimola le liberalizzazioni e queste ultime, contribuendo a creare ricchezza, consentono di destinare maggiori risorse a tutela dei diritti fondamentali. Ecco dunque che il perseguimento delle liberalizzazioni delle professioni intellettuali non va necessariamente a scapito dell’utilità sociale ma al contrario, come era nell’idea del Costituente, la rafforza; e il perseguimento dell’utilità sociale, a sua volta, fornisce nuovo vigore ad una politica di liberalizzazioni, da intendersi appunto, non come brutale abrogazione di norme preesistenti ma come razionalizzazione della regolazione tesa all’eliminazione di tutte e solo quelle norme che impediscano un pieno sviluppo della concorrenza e che non siano poste a presidio di diritti fondamentali. Le liberalizzazioni costituiscono l’occasione per bonificare i mercati da ogni forma di protezionismo e di privilegio e riconsegnare all’individuo nuove opportunità di ingresso nei mercati, reali forme di competizione civile e sicure garanzie per una allocazione virtuosa dei beni e dei meriti personali: una allocazione non distorta che non può non transitare attraverso i percorsi liberali di una uguaglianza sostanziale.

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