Torniamo dalla
sospensione feriale pronti a correre veloci
verso nuovi adempimenti; primo tra tutti quello di redigere
immediatamente un preventivo opportunamente concorrenziale. Speriamo non
diventi l’ennesima corsa al ribasso!
Venendo alle novità da
subito in vigore per gli avvocati si aprono le porte delle società
professionali (anche spa) con soci avvocati ma anche di altre professioni per
una quota di almeno i due terzi della compagine. La concorrenza incoraggia
l’innovazione, fatti salvi i rischi di azzardo morale e asimmetria informativa
per cui va comunque garantito l’intervento del regolatore. Di tali dinamiche
traggono beneficio i consumatori, che per i servizi professionali sono spesso
le imprese che operano sui mercati internazionali, ma anche i professionisti
più capaci. Analizzando gli indicatori Ocse sulle professioni liberali
(architetti, avvocati, ingegneri e revisori), è incoraggiante notare che
l’Italia ha fatto dei passi in avanti importanti nell’apertura tra il 2008 e il
2013, passando dal penultimo al secondo posto tra i G7 (esclusi gli Usa per cui
non ci sono standard federali e quindi l’indice nazionale non viene calcolato).
Rimangono, insomma, sacche importanti di regole che ostacolano la concorrenza,
senza che la loro introduzione e/o conferma vengano giustificate in maniera
rigorosa e trasparente. Anzi, dal punto di vista della produttività le
professioni stanno vivendo in Italia una stagione disastrosa: in termini reali,
il valore aggiunto per addetto è diminuito del 30% dal 2000 (nel commercio,
difficilmente un paradigma di virtù, si è contratto “solo” del 5% - Imf 2016). Nel campo
della “liberalizzazione” delle professioni intellettuali il rapporto tra tutela
della concorrenza e dei diritti fondamentali alla luce della giurisprudenza
della Corte GUE e delle Corti nazionali appare assai problematico. Già
l’atteggiamento della disciplina legislativa italiana è profondamente diverso
rispetto a quello dell’Unione europea.
In Italia il professionista
intellettuale gode di una disciplina ad hoc (artt. 2229 c.c. ss.) - ben
distinta da quella dell’imprenditore (artt. 2082 c.c. ss.) - basata sul
principio della personalità della prestazione, sulla sua non fallibilità,
sull’assenza di un obbligo di iscrizione del registro delle imprese e di tenuta
delle scritture contabili, su di una giurisprudenza che addossa l’onere della
prova della non diligenza sul cliente. Eppure non vi è una differenza
“ontologica” fra l’attività dell’imprenditore in senso stretto e quella del
professionista intellettuale. Fatta questa premessa, la parola
“liberalizzazione” nel nostro ordinamento va intesa, come si è visto, non come
una semplice e brutale abolizione di norme (c.d. “deregulation”) - che
significherebbe disconoscere il limite dell’utilità sociale – ma come una razionalizzazione,
un miglioramento della disciplina precedente. Le liberalizzazioni nel campo
delle professioni intellettuali consentono altresì di permettere l’esercizio di
una diritto, quello dell’individuo di esplicare la propria personalità mediante
l’esercizio di un’attività lavorativa (cfr. artt. 1, 2, 4 e 35 Cost.), che, a
differenza di quello alla libertà del diritto di iniziativa economica – che
presuppone l’interferenza dell’attività economica con altri valori
costituzionali e che quindi è suscettibile di limitazioni anche significative –
non può che essere considerato fondamentale. Tale diritto, nel quadro della
nostra Costituzione, non può però che essere bilanciato, con quello della
collettività ad avere a che fare con professionisti preparati, principio a sua
volta il più delle volte posto a protezione di diritti fondamentali (così, ad
esempio, nel caso dell’avvocato a tutela del diritto di difesa).
Quello di cui oggi parliamo è un
provvedimento da tempo sollecitato dall'Antitrust e sul quale il Parlamento
nazionale ha accumulato un notevole ritardo. Nei vari passaggi parlamentari,
sono state sempre confermati nuovi obblighi di comunicazione e trasparenza per
tutte le professioni regolamentate.
Obblighi di comunicazione scritta o
digitale al cliente, il professionista dovrà:
-rendere noto "obbligatoriamente, in forma scritta o digitale" al cliente il grado di complessita' dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell'incarico e deve altresi' indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell'esercizio dell'attivita' professionale.
- rendere nota al cliente, previamente, la misura del compenso "obbligatoriamente, in forma scritta o digitale" con un preventivo di massima; la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi.
-rendere noto "obbligatoriamente, in forma scritta o digitale" al cliente il grado di complessita' dell'incarico, fornendo tutte le informazioni utili circa gli oneri ipotizzabili dal momento del conferimento fino alla conclusione dell'incarico e deve altresi' indicare i dati della polizza assicurativa per i danni provocati nell'esercizio dell'attivita' professionale.
- rendere nota al cliente, previamente, la misura del compenso "obbligatoriamente, in forma scritta o digitale" con un preventivo di massima; la misura del compenso deve essere adeguata all'importanza dell'opera e va pattuita indicando per le singole prestazioni tutte le voci di costo, comprensive di spese, oneri e contributi.
Obbligo di trasparenza su titoli e
specializzazioni- Il provvedimento impone di "assicurare la trasparenza delle
informazioni nei confronti dell'utenza", pertanto "i professionisti
iscritti ad ordini e collegi sono tenuti ad indicare e comunicare i titoli
posseduti e le eventuali specializzazioni".
Obbligo di stipula di idonea assicurazione per i
rischi derivanti dall'esercizio dell'attivita' professionale, al momento dell'assunzione
dell'incarico, gli estremi della polizza stipulata per la responsabilita'
professionale e il relativo massimale. Fatta salva la libertà contrattuale
delle parti, le condizioni generali delle polizze assicurative "prevedono
l'offerta di un periodo di ultrattività della copertura per le richieste di
risarcimento presentate per la prima volta entro i dieci anni successivi e
riferite a fatti generatori della responsabilità verificatisi nel periodo di
operatività della copertura".
L’acquisto
della piena consapevolezza dell’esistenza di un diritto fondamentale in capo
agli operatori economici a poter svolgere liberamente l’attività che più si
desidera non può che contribuire ad innescare un processo circolare virtuoso
per cui l’affermazione di tale diritto stimola le liberalizzazioni e queste
ultime, contribuendo a creare ricchezza, consentono di destinare maggiori
risorse a tutela dei diritti fondamentali. Ecco dunque che il perseguimento
delle liberalizzazioni delle professioni intellettuali non va necessariamente a
scapito dell’utilità sociale ma al contrario, come era nell’idea del
Costituente, la rafforza; e il perseguimento dell’utilità sociale, a sua volta,
fornisce nuovo vigore ad una politica di liberalizzazioni, da intendersi
appunto, non come brutale abrogazione di norme preesistenti ma come
razionalizzazione della regolazione tesa all’eliminazione di tutte e solo
quelle norme che impediscano un pieno sviluppo della concorrenza e che non
siano poste a presidio di diritti fondamentali. Le liberalizzazioni
costituiscono l’occasione per bonificare i mercati da ogni forma di
protezionismo e di privilegio e riconsegnare all’individuo nuove opportunità di
ingresso nei mercati, reali forme di competizione civile e sicure garanzie per
una allocazione virtuosa dei beni e dei meriti personali: una allocazione non
distorta che non può non transitare attraverso i percorsi liberali di una
uguaglianza sostanziale.
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