"Un avvocato? È un pianista della parola",
scriveva Pierre Véron giornalista francese nella seconda metà del
diciannovesimo secolo. Per Gandhi, colui che ha la funzione di unire parti
lacerate a pezzi. Un qualcosa che simbolicamente ha più a che fare con la
"manualità", con il maneggiare con perizia uno strumento, che non con
la conoscenza astratta di una teoria. Nella realtà, ogni avvocato ha un suo
"metodo" per gestire una lite e per convincere delle sue ragioni: un
"metodo" personale e non scambiabile Questo perché ogni uomo ha un
suo modo di vedere le cose, una visione del mondo, una "weltanschauung" a
cui non può e non deve rinunciare. E' l'esperienza - intesa come modo di
esperire e di sentire le cose - che forma il proessionista, non la teoria.
Quest'ultima fornisce soltanto gli strumenti, di certo indispensabili, ma come
usarli lo si impara sulla propria pelle. Nel rapporto con il cliente si deve
imparare a calibrare l’empatia, per instaurare un vero rapporto di fiducia per
meglio comprendere le ragioni del cliente, con il distacco, per vedere le cose
e di agire con lucidità e senza quell'animosità che potrebbe impedirci una
reale e obiettiva comprensione dei fatti. E’ un "mestiere al
negativo", a cui la gente ricorre per risolvere i problemi. Al riguardo
Martin Seligman,
coniatore del «concetto» della psicologia positiva, psicologia che non si
occupa solo di patologie, ma di incrementare il benessere delle persone senza
particolari problemi, riportando di seguito parte di un articolo di Silvia deSantis apparso sull’Huffington post: “Come mai gli avvocati hanno il 3,6% di probabilità
in più di cadere in depressione o divorziare rispetto alla norma?
Martin
Seligman, psicologo e saggista statunitense spiega che ciò dipende dal fatto
che, per lavoro, hanno abituato la propria mente a pensare in negativo. Gli
avvocati migliori, infatti, sono i più pessimisti. Il pessimismo è visto come
un “plus” tra i legali, perché vedere problemi ovunque è un tipico
atteggiamento della prudenza, fondamentale per chi svolge questa professione.
Essere previdente permette a un avvocato
di considerare tutte le trappole e le situazioni negative in cui può incorrere
il proprio assistito. La capacità di calcolare in anticipo una serie di
conseguenze, difficili da immaginare per chi è digiuno di legge,
consente all’avvocato
di costruire al meglio la difesa”. Oltre questa analisi psicologico-strategica
è inevitabile, prima di concludere, prendere in considerazione anche l’aspetto
sociologico per rendersi conto che l’avvocato deve anche essere
multidimensionale: sviluppare nuove capacità di ascolto, di identificazione
degli interessi, di inquadramento e investigazione dei problemi, e di
elaborazione di sistemi di soluzioni che possano offrire vantaggi reciproci.
L’avvocato deve aspirare ad essere un vero e proprio consigliere piuttosto che
un mero esperto del diritto. Inoltre, l’avvocato multidimensionale dovrebbe essere in grado di comprendere i
peculiari contesti nei quali i clienti possono trovarsi, contesti in cui il
senso comune e l’istinto potrebbero fallir. I professionisti del diritto
posseggono d'altra parte un grande potenziale per incentivare atteggiamenti
riflessivi nei loro clienti. Nelle loro conversazioni coi clienti, gli avvocati
dovrebbero cercare di fornire a questi ultimi la possibilità di giocare un ruolo
nella risoluzione dei loro stessi problemi. Inoltre, dovrebbero facilitare la
comprensione degli aspetti legali della questione da parte dell’interessato,
attraverso informazioni accessibili. Dovrebbero altresì sforzarsi di
responsabilizzare il cliente affinchè, attraverso una più ampia comunicazione
con i soggetti coinvolti, il diritto possa reclamare il ruolo di guida morale
per la nostra civiltà.