domenica 17 luglio 2016

Diversamente amabili




Quest’anno sembra essere quello che vuole superare pregiudizi e barriere. Su questa scia, sempre lungimirante e visionaria, ancora una volta è la regione Toscana che intende porsi quale capofila perché si ritorni ad esaminare ed affrontare lo scabroso tema della sessualità per i disabili. Per questo, da qualche anno ormai, in Europa e nel mondo si sta diffondendo la figura dei "love giver" ovvero degli assistenti sessuali. In Italia pende il disegno di legge 1442 del 24 Aprile2014 “Disposizioni in materia di sessualità assistita per persone condisabilità” ed è assegnato alla commissione igiene e sanità del Senato ma ad oggi è praticamente fermo. Tra i primi firmatari c'è il parlamentare Lo Giudice e la senatrice Cirinnà (sì, sempre lei!). Prima di proseguire sarà bene intenderci sul significato di disabile, cioè colui che per ripercussioni negative patisce una riduzione oltre la norma di una o più funzioni sensoriali, motorie e/o psichiche”. Il termine handicap, utilizzato nel linguaggio corrente per definire tali situazioni, è mutuato dal linguaggio ippico, nel quale indica la penalizzazione che nei concorsi di equitazione viene inflitta (in termini di tempo, distanza o penso) ai cavalli favoriti, al fine di offrire le stesse possibilità di vittoria anche a quelli meno favoriti. 
Dunque, se è vero che “con un handicap ben congegnato tutti i concorrenti hanno le stesse possibilità di vittoria” (cfr. C. Hanau, Handicap, cit. p. 67), per quanto riguarda le persone l’interesse da perseguire non è evidentemente quello di penalizzare i “superdotati”, bensì quello di sostenere gli svantaggiati con misure che equiparano o, comunque, tendano all’equiparazione delle posizioni di partenza. Questa urgenza non nasce quindi dal fatto che la figura della madre si sia emancipata al punto da portare il proprio figlio a prostitute e pagare fino a 500 euro, o al punto di masturbarlo lei stessa, o perché si diffondono notizie come quella del ragazzo spinto dalla madre a cercare una prostituta per il fratello con disabilità. L’urgenza, voglio credere sia, quella d’includere il disabile nella società, in una società che sia educata alla disabilità. Partire da un impulso sessuale, intimo per proiettarsi, poi, a costruire nuove prospettive tali da creare l’indipendenza per il disabile. In particolare, è stata rivalutata la disabilità non come “mancanza” quanto – piuttosto – come una dimensione della diversità umana nella consapevolezza che il cuore del problema non risiede nella condizione della disabilità in quanto tale, ma nei contesti sociali e culturali in cui essa emerge. A rompere il tabù, come già detto, è la Regione Toscana con una proposta di risoluzione che impegnerà la Giunta ad andare verso il riconoscimento dell’assistente sessuale per i disabili. Attraverso la sua professionalità supporta le persone diversamenteabili a sperimentare l’erotismo e la sessualità. Questo operatore, formato da un punto di vista teorico e psicocorporeo sui temi della sessualità, permette di aiutare le persone con disabilità fisico-motoria e/o psichico/cognitiva a vivere un’esperienza erotica, sensuale e/o sessuale. 
Gli incontri, infatti, si orientano in un continuum che va dal semplice massaggio o contatto fisico, al corpo a corpo, sperimentando il contatto e l’esperienza sensoriale, dando suggerimenti fondamentali sull’attività autoerotica, fino a stimolare e a fare sperimentare il piacere sessuale dell’esperienza orgasmica. Quanto appena rappresentato si traduce nel diritto delle persone con disabilità a fruire di condizioni minime per un’esistenza libera e soprattutto dignitosa, nella consapevolezza, come ebbe a dire la Corte Costituzionale che tra i compiti cui lo Stato non può in nessun caso abdicare v’è proprio quello di “contribuire a che la vita di ogni persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana” (Corte Costituzionale, sentenza 25 febbraio 1988 n. 217).Come sancito dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità (1974) “la salute sessuale è l’integrazione degli aspetti somatici, affettivi, intellettuali e sociali nell’essere sessuato al fine di pervenire ad un arricchimento della personalità umana, della comunicazione e dell’amore”.Ciò considerato, è possibile affermare che la dignità umana di un individuo – abile e non abile – viene a manifestarsi anche per mezzo della propria sessualità. Sul punto, è sufficiente far riferimento alla Convenzione sui diritti dellepersone con disabilità, stipulata a New York il 13 dicembre 2006 (ratificata dall’Italia per effetto degli artt. 1 e 2 della legge 3 marzo 2009 n. 18). Il trattato in esame riconosce espressamente (lett. n del preambolo) “l’importanza per le persone con disabilità della loro autonomia ed indipendenza individuale, compresa la libertà di compiere le proprie scelte” (collocati nel novero dei “principi generali”, v. art. 3 della Convenzione).
La stessa Convenzione, all’art. 12 comma IV (“uguale riconoscimento dinanzi alla legge) chiaramente statuisce “Gli Stati devono assicurare che le misure relative all’esercizio della capacità giuridica rispettino i diritti, la volontà e le preferenze della persona, che siano scevre da ogni conflitto di interesse e da ogni influenza indebita, che siano proporzionate e adatte alle condizioni della persona, che siano applicate per il più breve tempo possibile e siano soggette a periodica revisione da parte di una autorità competente, indipendente ed imparziale o di un organo giudiziario”. Sotto altro angolo prospettico potrebbe venire in rilievo il concreto esercizio di questo diritto, qualora la sessualità non fosse consapevolmente vissuta dal disabile. In questo caso, sarebbe opportuno ipotizzare l’adozione di strumenti di monitoraggio e sostegno tramite i servizi sociali o i Consultori. E dove questi, potrebbero risultare insufficienti, attraverso l’autorità penale sopprimerne la mercificazione.


domenica 26 giugno 2016

“Leave” and let die



                                   Prima d'iniziare la lettura fate partire la quantomai opportuna colonna sonora cliccando qui
Nel pieno della scelta democratica oltre 33 milioni di britannici sono andati alle urne e un’affluenza del 72,2 per cento ha decretato con percentuale del 51,09 % che la Gran Bretagnadeve lasciare (leave) l’Unione Europa. Cosa significava fare parte dell’Unione? l’obiettivo di promuovere innanzitutto la cooperazione economica partendo dal principio che il commercio produce un’interdipendenza tra i paesi che riduce i rischi di conflitti. Solo per darci alcuni spunti di riflessione è importante ricordarsi che  l'Unione ha competenza esclusiva sull’unione doganale, sulle regole di concorrenza (regolazione dei mercati), la politica monetaria, la conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca e non ultima la politica commerciale con gli Stati Internazionali. Detto questo il dibattito sulla brexit e le proiezioni nonché report sugli effetti di questo cd. divorzio consensuale fa temere che le aliquote basse sui redditi delle società, ora al 20%, potrebbero non bastare più a rendere conveniente il fisco britannico. L'uscita dall'Ue del Regno Unito pone il Paese fuori dalle regole europee, che prevedono meccanismi di semplificazione burocratica sull'Iva e, per le multinazionali, un alleggerimento del prelievo per le royalties e per i dividendi. Il Regno Unito è un Paese che, pur non essendo certamente paragonabile ad un paradiso fiscale, applica comunque una fiscalità privilegiata, in particolare per le grandi multinazionali e per la finanza. Ma fino ad oggi il Paese, rientrando nell'Ue, applica le direttive europee. Il caso più vistoso è la normativa sulle società ''madri-figlie'' che ora prevede l'esenzione delle società madri e consente, in sostanza, di non pagare la ritenuta fiscale se la società figlia distribuisce il dividendo nel Regno Unito. 
Lo stesso vale per l'esenzione da ritenuta su interessi e royalties. Presto potrebbe invece scattare una trattenuta di almeno il 5% sui dividendi, all'8% sulle royalties e al 10% sugli interessi così come previsto dalla convenzione tra Italia e la Gran Bretagna. Ma non basta. Perdono il regime di ''neutralità'' le operazioni di riorganizzazione aziendale, come le fusioni. Chiaro che sarà necessario riavviare un confronto per una nuova convenzione fiscale tra i due Paesi, ma i tempi potrebbero essere lunghi. Nel frattempo l'impatto c'è anche sul fronte degli adempimenti, ad esempio in campo Iva, che è l'imposta comunitaria per eccellenza. Oggi esportazioni e importazioni seguono regole europee, con l' autofatturazione prevista per gli acquisti intracomunitari e la tassazione al consumo come se non ci fossero confini. In futuro le merci dovranno essere dichiarate in bolletta doganale, come se fosse una cessione extra-Ue. L'impatto c'e' anche per le tasse sul fronte della finanza. Il prestito da parte di una banca inglese, ad esempio, fino ad oggi non paga la ritenuta prevista per legge (il 12,5%). Ma è un privilegio riservato solo agli stati dell'Ue e - dopo la scelta del referendum - è chiaro che non sarà più così. Quindi? 
A noi sembra ci sia poco da esultare. Questo è il risultato di un uso irresponsabile del voto. Il referendum è stato convocato per ragioni di politica interna. Si è chiesto il pronunciamento diretto dell’elettorato per sopravvivere agli attacchi interni degli euroscettici di Nigel Farage. L’unico a non capire che per far cadere Cameron era necessario schierarsi all’opposizione, è stato proprio David Cameron.  Ma l’uso del voto è stato irresponsabile anche da parte degli elettori che hanno rinunciato al senso critico. Gli elettori inglesi hanno votato contro gli immigrati, contro la globalizzazione, contro le élite, contro i burocrati e per l’impero. Sembra, inoltre, che sia del tutto assente un piano dopo-Brexit ( se escludiamo il milione di firme raccolte per rientrare nell’UE). Purtroppo o per fortuna è la democrazia rappresentativa a garantire competenza e mediazione in alcune materie. Quando il tema è complicato, per sua stessa natura, sarebbe meglio dedicare maggior tempo allo studio per prendere decisioni informate e consapevoli, altrimenti diventa circonvenzione d’incapace. Facciamo un esempio: “Volete voi pagare le tasse?”


“Leave” and let die



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Nel pieno della scelta democratica oltre 33 milioni di britannici sono andati alle urne e un’affluenza del 72,2 per cento ha decretato con percentuale del 51,09 % che la Gran Bretagnadeve lasciare (leave) l’Unione Europa. Cosa significava fare parte dell’Unione? l’obiettivo di promuovere innanzitutto la cooperazione economica partendo dal principio che il commercio produce un’interdipendenza tra i paesi che riduce i rischi di conflitti. Solo per darci alcuni spunti di riflessione è importante ricordarsi che  l'Unione ha competenza esclusiva sull’unione doganale, sulle regole di concorrenza (regolazione dei mercati), la politica monetaria, la conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca e non ultima la politica commerciale con gli Stati Internazionali. Detto questo il dibattito sulla brexit e le proiezioni nonché report sugli effetti di questo cd. divorzio consensuale fa temere che le aliquote basse sui redditi delle società, ora al 20%, potrebbero non bastare più a rendere conveniente il fisco britannico. L'uscita dall'Ue del Regno Unito pone il Paese fuori dalle regole europee, che prevedono meccanismi di semplificazione burocratica sull'Iva e, per le multinazionali, un alleggerimento del prelievo per le royalties e per i dividendi. Il Regno Unito è un Paese che, pur non essendo certamente paragonabile ad un paradiso fiscale, applica comunque una fiscalità privilegiata, in particolare per le grandi multinazionali e per la finanza. Ma fino ad oggi il Paese, rientrando nell'Ue, applica le direttive europee. Il caso più vistoso è la normativa sulle società ''madri-figlie'' che ora prevede l'esenzione delle società madri e consente, in sostanza, di non pagare la ritenuta fiscale se la società figlia distribuisce il dividendo nel Regno Unito. 
Lo stesso vale per l'esenzione da ritenuta su interessi e royalties. Presto potrebbe invece scattare una trattenuta di almeno il 5% sui dividendi, all'8% sulle royalties e al 10% sugli interessi così come previsto dalla convenzione tra Italia e la Gran Bretagna. Ma non basta. Perdono il regime di ''neutralità'' le operazioni di riorganizzazione aziendale, come le fusioni. Chiaro che sarà necessario riavviare un confronto per una nuova convenzione fiscale tra i due Paesi, ma i tempi potrebbero essere lunghi. Nel frattempo l'impatto c'è anche sul fronte degli adempimenti, ad esempio in campo Iva, che è l'imposta comunitaria per eccellenza. Oggi esportazioni e importazioni seguono regole europee, con l' autofatturazione prevista per gli acquisti intracomunitari e la tassazione al consumo come se non ci fossero confini. In futuro le merci dovranno essere dichiarate in bolletta doganale, come se fosse una cessione extra-Ue. L'impatto c'e' anche per le tasse sul fronte della finanza. Il prestito da parte di una banca inglese, ad esempio, fino ad oggi non paga la ritenuta prevista per legge (il 12,5%). Ma è un privilegio riservato solo agli stati dell'Ue e - dopo la scelta del referendum - è chiaro che non sarà più così. Quindi? 
A noi sembra ci sia poco da esultare. Questo è il risultato di un uso irresponsabile del voto. Il referendum è stato convocato per ragioni di politica interna. Si è chiesto il pronunciamento diretto dell’elettorato per sopravvivere agli attacchi interni degli euroscettici di Nigel Farage. L’unico a non capire che per far cadere Cameron era necessario schierarsi all’opposizione, è stato proprio David Cameron.  Ma l’uso del voto è stato irresponsabile anche da parte degli elettori che hanno rinunciato al senso critico. Gli elettori inglesi hanno votato contro gli immigrati, contro la globalizzazione, contro le élite, contro i burocrati e per l’impero. Sembra, inoltre, che sia del tutto assente un piano dopo-Brexit ( se escludiamo il milione di firme raccolte per rientrare nell’UE). Purtroppo o per fortuna è la democrazia rappresentativa a garantire competenza e mediazione in alcune materie. Quando il tema è complicato, per sua stessa natura, sarebbe meglio dedicare maggior tempo allo studio per prendere decisioni informate e consapevoli, altrimenti diventa circonvenzione d’incapace. Facciamo un esempio: “Volete voi pagare le tasse?”


martedì 14 giugno 2016

Giro giro tondo DASPO al mondo.......


.....e tutti giù per terra!
I recenti fatti violenti che hanno riguardato la sproporzionata reazione dei tifosi russi dopo la partita Inghilterra – Russia agli Europei 2016 richiede una necessaria riflessione sulla violenza nei campi sportivi e sulle forme giuridiche di sanzione e repressione. La UEFA, per quel potere sanzionatorio che le compete secondo i dettami della Federazione ha aperto ufficialmente un procedimento disciplinare nei confronti della Russia. In Italia, il potere sanzionatorio spetta alla FGC che lo esercita erogando sanzioni disciplinari in materia sportiva ma senza sostituirsi all’ordinamento nazionale che espone il proprio arsenale repressivo. Grazie, infatti, ad alcune delle misure adottate negli ultimi anni, gli episodi di violenza all'interno degli impianti sportivi sono in forte diminuzione.
La legislazione in materia, introdotta con decretazione d'urgenza dopo i tragici eventi degli anni 2005 ("Decreto Pisanu") e 2007 ("Decreto Amato"), ha ampliato il contesto logistico e temporale dei reati da stadio, fino a integrare la punibilità di fatti (quali di lancio, uso e possesso di oggetti pericolosi ) che siano consumati non solo nei luoghi in cui si svolgono le manifestazioni sportive, ma anche «in quelli interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime o, comunque, nelle immediate vicinanze di essi» e fino a 24 ore prima o dopo la partita.
Per di più, oltre che estesa anche alla violazione del Daspo nelle sue varie ipotesi, la facoltà di arresto è ora consentita «entro quarantotto ore» dal fatto (cosiddetta flagranza differita), anche mediante un'efficace utilizzazione degli strumenti di accertamento e di indagine offerti dalle nuove disposizioni in materia di videosorveglianza (facoltà di recente prorogata su iniziativa del ministro dell'Interno Angelino Alfano fino al mese di giugno del 2016).
È stata anche introdotta una nuova figura di reato aggravato (articolo 583-quater del Cp: «lesioni personali gravi o gravissime a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive»), in forza della quale sono punibili con la reclusione da 4 a 10 anni le lesioni gravi e da 8 a 16 anni le lesioni gravissime (tale norma è ora applicabile anche qualora vittima del reato sia uno steward), mentre è ora considerata circostanza aggravante del reato di cui all'articolo 338 del Cp (violenza e minaccia a pubblico ufficiale), ai sensi dell'articolo 339 del Cp, anche «la violenza o la minaccia (...) commessa mediante il lancio o l'utilizzo di corpi contundenti o altri oggetti atti a offendere, compresi gli artifici pirotecnici, in modo da creare pericolo alle persone».
Dunque, la legislazione vigente consente amplissimi margini di intervento repressivo ma la violenza dentro e, soprattutto, fuori dagli stadi è ben lungi dal potersi considerare debellata.
La violenza si è spostata tragicamente al di fuori degli stadi, nelle vie d'accesso e perfino in luoghi certo non prossimi all'impianto sportivo. Con alcuni interventi “chirurgici” il parlamento si è adoperato per rendere ora più precise ora più maneggevoli per gli operatori le norme che consentono di sanzionare chi si rende protagonista di condotte illegali durante le competizioni sportive; e in più ha introdotto qualche novità che obbliga le società calcistiche a farsi carico almeno in parte delle spese che lo Stato deve affrontare per garantire l'ordine pubblico negli stadi.
In questa sede ci soffermiamo sul Daspo, misura di prevenzione che vieta al soggetto ritenuto pericoloso di accedere in luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive. Il provvedimento viene emesso dal questore e la sua durata va da uno a cinque anni, in base alle modifiche del cosiddetto Decreto Pisanu varato nel febbraio 2007 dopo gli scontri di Catania, che hanno causato la morte dell'Ispettore di Polizia Filippo Raciti.
Può essere accompagnato dall'obbligo di presentazione ad un ufficio di polizia in concomitanza temporale delle manifestazioni vietate. Esso viene sempre notificato all'interessato ma, nel caso in cui ad esso si affianchi anche la prescrizione della firma, esso è comunicato anche alla Procura della Repubblica presso il Tribunale competente. Entro 48 ore dalla notifica, ne deve seguire la convalida da parte del G.i.p. presso il medesimo Tribunale, solo ed unicamente per la parte attenente la firma. il Questore può autorizzare l'interessato, in caso di gravi e documentate esigenze, a comunicare per iscritto il luogo in cui questi possa recarsi per apporre le firme d'obbligo in concomitanza delle manifestazioni sportive. il questore può aumentare la durata del Daspo già in corso di esecuzione, se violato, fino a otto anni senza quindi sanzionare la violazione del divieto  con l'applicazione di un altro divieto ma con l'aumento di durata dello stesso provvedimento. Deve ritenersi tuttavia che, anche in assenza di esplicita indicazione, tale ampliamento del divieto con prescrizione debba - al pari del provvedimento nuovo - essere sottoposto alla convalida del Gip. In arrivo il testo sulla sicurezza, multe e daspo , formato da una ventina di articoli, concordato tra Viminale e Anci. Ai sindaci il potere di firmare ordinanze permanenti, stretta sulle manifestazioni. E contempla la possibilità di “ordinanze stabili”, cioè che non possono essere impugnate di fronte ai tribunali amministrativi, che ovviamente non trovano d'accordo i giuristi.