Il termine nullatenente viene utilizzato per
identificare un soggetto che non percepisce redditi e non ha un proprio
patrimonio. In pratica, il nullatenente è colui che, al tempo stesso, non ha né
un lavoro, né è titolare di altre attività patrimoniali (un immobile), o
finanziarie (un conto corrente, altri titoli). Insomma, si tratta di un
soggetto nei cui confronti è impossibile avviare un pignoramento perché la
procedura risulterebbe negativa e senza esiti fruttuosi. Tuttavia, la questione
non è sempre così banale: quante volte abbiamo sentito dire che una persona è
nullatenente quando poi la stessa circola serenamente in un auto di grossa
cilindrata o vivere in appartamenti di lusso: ecco che allora il concetto di
nullatenenza assume un carattere relativo. Per questo soggetto, però, la vanità
sui social network può costare cara. I rischi sono connessi a eventuali
accertamenti fiscali, condanne al pagamento di assegni di mantenimento alti
fino a processi penali per frodi fiscali. Le pagine dei social network,
infatti, sono producibili in giudizio e, salvo prova contraria, il semplice
log-in può attribuire paternità certa ai contenuti pubblicati da quel profilo
utente. È vero che lo screenshot da solo non basta, occorre dare data certa al
contenuto postato, ma unito ad altri elementi può essere valutato dal giudice
ed avere serie conseguenze fiscali, civili e anche penali per l'utente in cerca
di visibilità.
D'altra parte la Cassazione lo aveva stabilito da subito: Facebook
è un luogo aperto al pubblico, a prescindere dal numero di amici e dalle
impostazioni privacy del profilo dell'utente (Corte di cassazione 11.07.2014 n.37596). C’è chi, sul web, pubblicizza la propria intera esistenza, o meglio la
versione social di una vita che, il più delle volte, è normale o forse anche
noiosa. Attenzione però a pubblicizzare troppo il proprio (gonfiato) tenore di
vita ed il proprio status stellato su facebook e su instagram. Oltre
all’invidia di chi non può permettersi tanto sfarzo, coloro che ostentano
troppo sui social attireranno immancabilmente i controlli del fisco. Non è
raro, infatti, che l’ostentazione del lusso sui social diventi una prova per il
Fisco e per i Tribunali, ai fini della contestazione dell’evasione e di frodi
fiscali. Di recente, infatti, il fisco ha preso di mira proprio i social
network, primi fra tutti facebook e instagram. È bene, quindi, mantenere i
“piedi per terra”. Al contrario si potrebbero attirare non solo le ira funeste
della rete (soprattutto in un periodo di crisi come questo), ma – ciò che è
peggio – sgraditi controlli del fisco. Ciò in quanto, le dichiarazioni fatte
“on line” dal contribuente costituiscono, da un punto di vista giuridico, delle
vere e proprie «confessioni» che consentono di avviare l’accertamento fiscale.
Le pagine dei social network, infatti, sono producibili in giudizio. Al
riguardo, infatti, gli esempi di cui si compone la giurisprudenza sono
moltissimi ed eclatanti, soprattutto negli ultimi tempi. Secondo la Corte
d’Appello di Brescia, Corte con la sent. n. 1664 del 1.12.2017 ha addermato che: «La documentazione estratta da Facebook
evidenzia un’attività che è molto probabilmente fonte di redditi non
dichiarati». Per non parlare del marito che per negare il mantenimento alla
moglie sostiene di essere costretto a vivere ai limiti della sopravvivenza.
Peccato però che su Facebook pubblica foto di un’intensa e inequivocabile vita
sociale con cene, aperitivi, colazioni e feste fuori. L’uomo oltre agli
apprezzamenti sui social si è guadagnato una bella condanna a pagare non solo il
mantenimento, ma anche le spese processuali ( Corte di appello di Ancona, sent. n. 331 del 28.02.2017). E poi ancora l’imprenditore che
dichiara di guadagnare poco più di 11mila euro annui e posta sui social le foto
delle vacanze in alberghi a 4 stelle a Madonna di Campiglio, moto e auto di
lusso. Il giudice di tutta risposta, ritenendo fasulle le sue dichiarazioni dei
redditi, lo condanna a pagare l’assegno divorzile in favore della moglie (Tribunale di Pesaro, sent. n. 295del 26 marzo 2015). Ed
ecco che, oltre all’ex moglie, anche il fisco accende il suo redditometro sul
contribuente stabilendo che il nullatenente effettui pagamenti solo in contanti
evitando mezzi tracciabili, ma anche in questo caso con il “redditometro” e con
l’elenco “delle operazioni rilevanti ai fini Iva“, l’Agenzia potrebbe risalire
ad acquisti effettuati e capire quali sono i redditi che effettivamente questo
soggetto percepisce “in nero“. In questo caso, solitamente parte anche
un’indagine della Guardia di Finanza.