Lo “stressometro” condominiale è l’unità di misura che
regola i rapporti di buon vicinato, infatti oltre che sul luogo di lavoro,
passiamo infatti la maggior parte del nostro tempo a casa e se non siamo così
fortunati i vicini sono persone maleducate e ignoranti che si comportano male e
con cui non è possibile dialogare. Le liti anche violente e il disturbo sono
frequenti. Ma si possono fermare. Il termine stalking viene spesso associato a
comportamenti che attengono alla sfera affettiva. Tuttavia, se è vero che le
vittime sono quasi sempre partner e soprattutto ex, in particolar modo donne,
oggetto di attenzioni morbose se non addirittura violente da parte dell’ex
compagno o marito, è anche vero che il delitto in esame ben può configurarsi al
di fuori di una relazione sentimentale. È infatti sufficiente il compimento di
più atti molesti o minatori che ledano l’altrui sfera psico-affettiva o
inducano la vittima a mutare stile di vita perché ci si trovi di fronte agli
atti persecutori puniti dalla norma in oggetto, indipendentemente dai rapporti
affettivi o parentali. In quest’ottica si colloca il cosiddetto “stalking
condominiale”.
In questi ambienti “domestici” le ipotesi di disturbo sono sempre
più numerose. La casistica è infatti molto varia: si va dal pedinamento nei
confronti di un condomino, dall’apertura della posta personale, al gettito sul
suo balcone di polvere, di cicche di sigarette, di molliche, con l’intenzione
di farlo sempre nell’ambito di un disegno persecutorio unitario e premeditato.
Con la sentenza n. 26878 del 30 giugno 2016 la Suprema Corte consacra il reato
di stalking condominiale nel caso del comportamento di un condomino divenuto
talmente esasperante da cagionare il perdurante e grave stato d’ansia e il
cambiamento delle abitudini di vita del vicino. Nel caso di specie, in
particolare, gli Ermellini hanno confermato le accuse di stalking contro
l’imputato, anche se fondate sulle dichiarazioni della persona offesa, in linea
con quanto affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione, secondo cui le
dichiarazioni della persona offesa “possono essere legittimamente poste da sole
a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa
verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del
dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto”. Dal racconto
sono emersi vari comportamenti che hanno configurato, infatti, dei veri e
propri atti persecutori nei confronti del vicino esasperato dalle continue
vessazioni. Di conseguenza l’estensione del delitto di stalking all’ambito
condominiale è condizionato agli effetti reali che detti comportamenti hanno
sulla vittima e che possono essere così riasunti:
· grave e perdurante stato di ansia o di paura tale da
comprometterne il normale svolgimento di azioni quotidiane
· un fondato timore per l’incolumità propria o di un proprio
parente o congiunto
· un cambiamento delle proprie abitudini di vita.
Del tutto irrilevante è il numero di condotte poste in
essere, ciò che rileva è la gravità del comportamento che deve essere tale da
costringere il vicino a cambiare radicalmente ed irreversibilmente le sue
abitudini di vita. Anche due soli episodi bastano se lo stalker si pone in una
posizione di immotivata e ingiustificata predominanza tale da voler danneggiare
la vittima esasperandola in modo grave, fino a cagionarle un danno. Lo stalking
condominiale può scattare anche quando non c’è reiterazione, ma sistematicità,
essendo necessario quindi la presenza di un intento persecutorio che si
concretizza in un disturbo. Le possibili soluzioni per far cessare il
comportamento persecutorio e molesto dello stalker che possono consistere nella
segnalazione al Questore cui segue un'ammonizione, una normale denuncia presso
i Carabinieri o la Procura della Repubblica. Qesta nuova previsione di reato si
esplica nell’ambito ormai diffuso e necessario della tolleranza zero, intesa
come la volontà mediante provvedimenti di legge di reprimere senza pratiche indultive
reati minori o comportamenti che alterino l'ordinata vita sociale o
individuale. La tolleranza, invece, dovrebbe essere la prima legge naturale
degli uomini, il principio a fondamento dei diritti umani.