venerdì 19 settembre 2014

Filo di Scozia



La Scozia ha deciso di restare nel Regno Unito e milioni di inglesi che temevano la dissoluzione della Gran Bretagna hanno tirato un enorme sospiro di sollievo. I “No” hanno vinto il referendum sull'indipendenza con il 55% e il “Sì” di conseguenza si è fermato al 45%: dieci punti percentuali di distacco, 2.001.926 voti contro 1.617.989. Poco meno di quattrocentomila elettori - la differenza tra i due schieramenti - hanno stabilito che l'Inghilterra rimarrà una nazione unita e senza “mutilazioni”. A Glasgow, la città più popolosa, i separatisti hanno vinto. Ma Edimburgo, le Highlands, le Isole Ebridi, il Galloway, l'Abeerdeenshire - la Scozia rurale, silenziosa e vagamente “magica” che vive tra la brughiera e il Mare del Nord - ha pensato che fosse più saggio mantenere il matrimonio plurisecolare con Londra.
Il referendum sull’indipendenza ha generato un acceso dibattito anche su facebook, twitter, in Italia, però soltanto a poche ore dal voto, 20 mila i messaggi pubblicati.
Tra coloro che hanno preso posizione, la grande maggioranza (60,7%) esprime un atteggiamento simpatetico per il referendum. Le ragioni dietro a questo sentimento positivo sono le più variegate: c’è chi loda la devolution, chi sottolinea la libertà di autodeterminazione, e chi mostra semplicemente un forte apprezzamento per il popolo scozzese. Guardano con favore al referendum anche quegli italiani un po’ euro-scettici secondo cui la vittoria del “Sì” sarebbe una sconfitta per l’Europa dei burocrati, mentre l’idea di una Scozia indipendente piace anche a sinistra, a coloro che la immaginano come una paladina nella difesa del welfare. Un po’ a sorpresa sembra proprio che la possibile indipendenza della Scozia sia riuscita, per una volta, a unire gli italiani, dalle Alpi alla Sicilia. Il pensiero corre veloce a quello che sono stati i più importanti passaggi storici del nostro paese, a que referendum istituzionale che nel 1946 ha sancito la nascita della Repubblica Italiana. A seguito dei risultati del referendum istituzionale del 2 giugno dello stesso anno, indetto per determinare la forma di stato dopo il termine della seconda guerra mondiale.
Il 10 giugno 1946 la Corte suprema di cassazione proclamò i risultati del referendum, mentre il 18 giugno integrò i dati delle sezioni mancanti ed emise il giudizio definitivo sulle contestazioni, le proteste e i reclami concernenti le operazioni referendarie
·         Repubblica: 12 717 923 voti (54,3%)
·         Monarchia: 10 719 284 voti (45,7%)
·         Nulli: 1 498 136 voti
La notte fra il 12 e 13 giugno, nel corso della riunione del Consiglio dei ministri, il presidente Alcide De Gasperi, prendendo atto del risultato, assunse le funzioni di Capo provvisorio dello Stato repubblicano. L'ex re Umberto II lasciò volontariamente il paese il 13 giugno 1946, senza nemmeno attendere la definizione dei risultati e la pronuncia sui ricorsi, che saranno respinti dalla Corte di Cassazione il 18 giugno 1946 Il 2 giugno 1946, insieme alla scelta sulla forma dello Stato, i cittadini italiani (comprese le donne, che votavano per la prima volta in una consultazione politica nazionale) elessero anche i componenti dell'Assemblea Costituente che doveva redigere la nuova carta costituzionale, risultarono votanti: 12.998.131 donne e 11.949.056 uomini. Si trattò di un passaggio di grande importanza per la storia dell'Italia contemporanea dopo il ventennio fascista, il coinvolgimento nella seconda guerra mondiale ed un periodo della storia nazionale assai ricco di eventi. Alla sua prima seduta, il 28 giugno 1946, l'Assemblea Costituente elesse a Capo Provvisorio dello Stato Enrico De Nicola, con 396 voti su 501, al primo scrutinio. Con l'entrata in vigore della nuova Costituzione della Repubblica Italiana, De Nicola assunse per primo le funzioni di Presidente della Repubblica Italiana il 1º gennaio 1948.
Dal referendum istituzionale, l’excusrus ai referendum abrogativi che hanno cambiato il passo del nostro paese è d’obbligo e quindi di seguito un breve riepilogo storico:

DIVORZIO - Poco dopo l'approvazione (1970) della legge di attuazione del referendum, comincia la raccolta delle firme per abrogare la legge sul divorzio. Per il primo scioglimento anticipato di ambedue le Camere, il voto slitta al 12 maggio 1974. Vincono i "no", con il 59,3 per cento.

I PRIMI REFERENDUM RADICALI - L'11 giugno 1978 si vota sulla legge Reale (ordine pubblico) e sul finanziamento pubblico dei partiti. Vincono ancora i "no". La Consulta ne aveva respinti altri quattro e due erano saltati per la modifica delle leggi.

PRO E CONTRO L'ABORTO - Il 17 maggio 1981 i referendum sono cinque: due sull'aborto (uno radicale per l'allargamento, l'altro, del Movimento per la vita, per la restrizione). Gli altri tre vogliono abrogare la legge Cossiga sull'ordine pubblico, l'ergastolo e il porto d'armi. Ancora una volta vittoria dei "no".

IL PRIMO REFERENDUM ECONOMICO - Il 9 giugno 1985, si vota sulla proposta di abrogare il taglio dei punti di scala mobile, deciso dal governo Craxi. Le firme sono raccolte dal Pci. Anche in questo caso la vittoria andrà ai "no", con il 54,3 per cento.

NUCLEARE - L'8 novembre 1987 si vota per cinque referendum, tre dei quali sul nucleare (Cernobyl è del 1986). Gli altri due su responsabilità civile dei giudici e commissione inquirente. Per la prima volta vincono i "sì", in tutti e 5 i casi.

FALLIMENTO PER I REFERENDUM AMBIENTALISTI - Il 3 giugno 1990, si vota su tre referendum di iniziativa ecologista, due sulla caccia e uno sui pesticidi. I "sì" sono più del 90%, ma il numero dei votanti non raggiunge il 50%, il quorum necessario affinché la consultazione sia valida.

IL PRIMO REFERENDUM SU LEGGI ELETTORALI - Il 9 giugno 1991 si vota per abrogare le preferenze elettorali. Respinte dalla Consulta altre due richieste (sistema elettorale di Senato e Comuni), presentate da Segni. I "sì" sono il 95,6%, i votanti il 62,2%, fallisce quindi l'invito di Craxi ad «andare al mare».

"PICCONATE" AL SISTEMA ELETTORALE - Il 18 aprile 1993 si vota su otto referendum. Gli elettori rispondono con otto "sì". Il voto più importante è quello che modifica in senso maggioritario la legge elettorale del Senato. Aboliti tre ministeri (Agricoltura, Turismo e Partecipazioni statali), il finanziamento pubblico dei partiti, le nomine politiche nelle Casse di Risparmio.

I REFERENDUM SULLA TV - L'11 giugno 1995 si vota per 12 referendum. Il "no" vince sui tre quesiti più importanti che riguardano la legge Mammì, e sulla richiesta di modificare il sistema elettorale per i comuni.
STAVOLTA TUTTI AL MARE - Il 15 giugno 1997 niente quorum per i sette referendum superstiti (dei 30 iniziali). Si vota su Ordine dei giornalisti, "golden share", carriera e incarichi extragiudiziari dei magistrati e altri argomenti minori.

FALLITO PER POCO IL REFERENDUM SUL PROPORZIONALE - Il 18 aprile 1999 il referendum per l'abolizione della quota proporzionale nel sistema elettorale per la Camera fallisce per pochissimo. Votano solo il 49,6%. Tra i votanti il "sì" ottiene il 91,5%. Errore di previsione dell'Abacus, le cui prime proiezioni danno per raggiunto il quorum.

NEL 2000 QUORUM LONTANISSIMO: si vota per sette referendum abrogativi. Nessuno di loro raggiunge il quorum. La percentuale dei votanti oscilla tra il 31,9 e il 32,5%. Il "sì" ha comunque la maggioranza nei referendum per l'elezione del Csm, gli incarichi extragiudiziali dei magistrati, la separazione delle carriere, i rimborsi elettorali, le trattenute sindacali e l'abolizione della quota proporzionale. Sono invece di più i "no" nel referendum sui licenziamenti.

QUORUM PER TUTTI I QUESITI: il 12 e 13 giugno 2011 si vota per quattro quesiti referendari. Tutti hanno raggiunto il quorum. Secondo il dato definitivo diffuso dal Viminale, al totale dei seggi scrutinati negli 8.092 Comuni italiani, l'affluenza alle urne è stata circa del 57%. Il quesito che ha incontrato maggior partecipazione è il secondo, quello sulla "determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito abrogazione parziale di norma", per cui ha votato il 57,03% degli elettori. Dato sceso al 54,8% considerando i voti degli italiani all'estero.

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