Con il termine ingiuria, secondo quanto stabilito dall’art. 594 c.p., si intende l’offesa all’onore e al decoro di una persona "presente".
Sia l’ingiuria che la diffamazione, quest’ultima contemplata dall’art. 595 c.p., consistono in manifestazioni del pensiero. In particolare, secondo quanto stabilito dall’art. 594 c.p., l’ingiuria consiste nell’offesa all’onore ed al decoro di una persona “presente”.
All’interno dell’art. 594 c.p.,
l’onore viene distinto dal decoro, con la conseguenza che deve
ritenersi che la prima espressione sia intesa in senso stretto, ovvero
come indicativa delle sole qualità morali. Il decoro, invece, va
riferito alle altre qualità e condizioni che concorrono a costituire il
valore sociale dell’individuo.
A causa della estrema variabilità dei concetti di onore e di decoro, la
linea di confine tra il penalmente illecito e ciò che non è tale, come,
ad esempio, una mera scortesia o impertinenza, è spesso molto sottile,
rimanendo affidata al saggio apprezzamento del giudice, il quale deve
valutare tutte le circostanze del caso concreto.
Secondo quanto stabilito dall’art. 597 c.p.,
l’ingiuria è perseguibile a querela di parte. Se la persona offesa
decede prima della presentazione della querela, questa può essere
proposta da un prossimo congiunto, o dal suo adottante o adottato,
sempre che non sia decorso il termine di tre mesi dal giorno in cui il
defunto aveva avuto notizia del fatto che costituisce reato.
La condotta incriminata consiste nell’offesa all’onore e al decoro
della persona, ovvero, in ultima analisi, in una manifestazione di
disprezzo.
L’offesa deve essere commessa in presenza del soggetto passivo (nel
caso contrario, infatti, sussisterebbe la diversa fattispecie di
diffamazione).
Secondo un certo orientamento, ai fini della configurabilità del reato di ingiuria, non è necessario che il soggetto a cui le espressioni offensive vengono rivolte sia in grado di percepirle
ed in effetti le percepisca. Ciò in quanto l'oggetto della tutela
penalistica va individuato in termini più ampi, nel valore della dignità
umana in quanto tale, ed è dunque irragionevole escludere dalla
protezione i soggetti incapaci.
Potrà trattarsi, come più
spesso accade, di ingiuria verbale, commessa con
l’utilizzo della parola, ma non è da escludere che l’offesa possa essere
manifestata mediante scritti o disegni o immagini. .
Anche i comportamenti materiali possono integrare la fattispecie in esame (ingiuria reale),
come nel caso dello sputo, di suoni sconci o di lievissime condotte
violente (schiaffo) che abbiano come obiettivo quello di imporre alla
vittima una sofferenza solo morale e non fisica.
E’ possibile individuare una ingiuria indiretta, laddove l’offesa
colpisce una persona diversa da quella cui apparentemente è indirizzata
(ad esempio, “tuo padre non ti ha insegnato l’educazione”), una ingiuria
obliqua, nella quale l’offesa consiste in domande o negazioni (esempio,
“sei stato tu a rubare?”) e una ingiuria simbolica, quando
l’espressione, apparentemente innocente, contiene allusioni offensive.
IL "VAFFA" NON E' PIU' UN OFFESA
Non sarà «politicamente corretto» ma lo è ormai
"giuridicamente". Dire a qualcuno vaffanculo, è espressione comune di un
linguaggio scadente, maleducato e volgare ma non rischia una condanna
per ingiuria chi spedisce qualcun altro a quel paese. Perché quell'
espressione è talmente inflazionata «da aver perso in un certo senso la
sua carica offensiva». Addio per sempre dunque al bon ton nelle
discussioni e riunioni politiche e in mille occasioni di vita
quotidiana. Lo ha stabilito la
Suprema Corte di Cassazione con una decisione che non aiuterà certo ad
abbassare i toni degli alterchi tra i consiglieri comunali, tra i
parlamentari, e tra i colleghi d' ufficio (la «parità» di posizione
gerarchica è condizione essenziale perché «il fatto non sussista») ma
che, vista la litigiosità degli italiani, sicuramente contribuirà ad
alleggerire la macchina giudiziaria di migliaia di pratiche che adesso
potranno essere archiviate. Non potranno invece sperare nella
scriminante «linguistica» gli alunni che mandano a quel paese gli
insegnanti o gli automobilisti che spediscono nello stesso posto i
vigili urbani.
SCATTA L'INGIURIA ANCHE SE L'EPITETO E' ESPRESSO CON IL LABIALE
Scatta il reato di ingiuria anche se gli insulti sono espressi
esclusivamente attraverso i movimenti delle labbra. La Corte di
cassazione, con la sentenza n. 8558/2012, ha respinto il ricorso
dell’imputata già condannata a 200 euro di multa ed al risarcimento dei
danni e delle spese dal giudice di pace di Gallipoli, sentenza poi
confermata dal tribunale di Lecce, per aver proferito alla vicina gli
epiteti “faccia di troia, faccia di puttana”
E' INGIURIA DIRE "NON HAI LE PALLE"
Va bene l’evoluzione, anzi l’involuzione del linguaggio, verso la «volgarizzazione delle modalità espressive», tuttavia, la sentenza 30719/2012 ha stabilito che, chi durante una accesa discussione, si rivolge al contendente apostrofandolo con la frase «non hai le palle» commette il reato di ingiuria perché mette in dubbio non tanto la virilità dell'avversario quanto la sua determinazione e coerenza, «virtù che a torto o a ragione continuano a essere individuate come connotative del genere maschile».
Vietato paragonare le donne alle navi scuola, con riferimento alla
vastità delle loro trascorse relazioni amorose. Condannato, infatti,
dalla Cassazione, con la sentenza 37506/2014,
un ex marito siciliano di Messina che spesso, quando vedeva la moglie
separata, nei primi tempi della rottura, aveva il brutto vizio di dirle
"sei una nave scuola", e per essere ancora più chiaro aggiungeva "hai
sempre avuto amanti". Ad avviso della Suprema Corte, "i termini rivolti
dall'imputato alla ex moglie si rivelano chiaramente offensivi secondo
l'apprezzamento della generalità dei consociati", ossia in base al
comune sentire della maggior parte delle persone. Per questo, la Cassazione ha respinto la tesi dell'imputato (classe
1960) che voleva scampare alla condanna penale sostenendo che quelle
frasi erano solo parole di "tenue" contenuto offensivo sulle quali si
poteva chiudere un occhio.
NOVITA' LEGISLATIVE DEL 2016: LA DEPENALIZZAZIONE
E’ ufficialmente partita il 15/01/2016 l’opera di depenalizzazione. In base, infatti al nuovo decreto legislativo diverse le fattispecie criminose sono state trasformate in illeciti amministrativi comportando modifiche al codice penale allo scopo di deflazionare il sistema penale. Tra le varie tipologie di reato s’inserisce anche il reato d’ingiuria disciplinato all’art. 594 c.p.. Le modifiche delle citate fattispecie in illeciti amministrativi riguarda anche le violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del decreto suddetto (il cosiddetto principio del favor rei), mentre rimangono ferme le condanne passate in giudicato, divenute appunto definitive. Ad ogni modo, si ricorda che il colpevole mantiene la facoltà di potersi difendere contro la nuova sanzione, intentando opposizione e avendo così modo di dimostrare la propria condizione di innocenza. Per quanto attiene, poi, ai reati modificati in illeciti civili, la sanzione pecuniaria viene applicata dal giudice competente a conoscere dell’azione di risarcimento del danno, al termine del giudizio solo nel caso in cui accolga la domanda di risarcimento proposta dalla persona offesa cui viene lasciata la facoltà di poter decidere se se agire o meno contro il soggetto, non essendo prevista la trasmissione d’ufficio degli atti dal giudice penale o dalla Procura a quello civile competente all’irrogazione della nuova sanzione. Nel caso di condanna, lo Stato, rimasto fuori dal procedimento, ha così modo di ripresentarsi per incassare la sanzione civile. Qualora, al contrario, la vittima decida di non agire, il fatto resta in tal modo impunito mentre il soggetto responsabile non sarà tenuto a versare nulla, nemmeno nei confronti dello Stato.
NOVITA' LEGISLATIVE DEL 2016: LA DEPENALIZZAZIONE
E’ ufficialmente partita il 15/01/2016 l’opera di depenalizzazione. In base, infatti al nuovo decreto legislativo diverse le fattispecie criminose sono state trasformate in illeciti amministrativi comportando modifiche al codice penale allo scopo di deflazionare il sistema penale. Tra le varie tipologie di reato s’inserisce anche il reato d’ingiuria disciplinato all’art. 594 c.p.. Le modifiche delle citate fattispecie in illeciti amministrativi riguarda anche le violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del decreto suddetto (il cosiddetto principio del favor rei), mentre rimangono ferme le condanne passate in giudicato, divenute appunto definitive. Ad ogni modo, si ricorda che il colpevole mantiene la facoltà di potersi difendere contro la nuova sanzione, intentando opposizione e avendo così modo di dimostrare la propria condizione di innocenza. Per quanto attiene, poi, ai reati modificati in illeciti civili, la sanzione pecuniaria viene applicata dal giudice competente a conoscere dell’azione di risarcimento del danno, al termine del giudizio solo nel caso in cui accolga la domanda di risarcimento proposta dalla persona offesa cui viene lasciata la facoltà di poter decidere se se agire o meno contro il soggetto, non essendo prevista la trasmissione d’ufficio degli atti dal giudice penale o dalla Procura a quello civile competente all’irrogazione della nuova sanzione. Nel caso di condanna, lo Stato, rimasto fuori dal procedimento, ha così modo di ripresentarsi per incassare la sanzione civile. Qualora, al contrario, la vittima decida di non agire, il fatto resta in tal modo impunito mentre il soggetto responsabile non sarà tenuto a versare nulla, nemmeno nei confronti dello Stato.
REATI
CONTRO LA PERSONA
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Ingiuria
(Articolo 594)
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Reclusione
fino a 6 mesi o multa fino a 516 € – Reclusione fino a 1 anno o multa fino a
1.032 € (con attribuzione di fatto determinato)
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Sanzione
civile da 100 a 8.000 € – Sanzione pecuniaria civile da 200 a 12.000 € (con
attribuzione di fatto determinato o commesso in presenza di più persone)
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