domenica 14 febbraio 2016

Nota breve sul plagio musicale




La polemica montata dopo l'intervento di Vittorio Cosma, che in questa edizione del Dopofestival, ha avuto l'ingrato compito di analizzare i brani, dal punto di vista strettamente musicale, e individuarne eventuali somiglianze con altre canzoni alla sola ricerca di assonanze melodiche, ha riportato alla ribalta la normativa sul plagio, dopo aver segnalato la somiglianza tra il brano di Dolcenera “Ora o mai più” e “You make me feel like a natural woman” di Aretha Franklin. Per onore di cronaca ci piace segnalare che sono 69 i titoli identici a quello della canzone interpretata da Dolcenera: il precedente che ha fatto storia nella musica pop è targato Mina, 1965. Per la legge n. 633 del 22 aprile 1941 sul diritto d’autore il plagio consiste nella riproduzione dell’opera altrui spacciandola per propria, sia essa già pubblicata o inedita. Non vi è invece plagio se l’opera viene riprodotta per uso privato. Quando, invece, una persona si appropria di elementi di un'opera per introdurli in un'altra opera sotto il proprio nome, ci troviamo in presenza di una contraffazione, ossia di una riproduzione abusiva di un'opera altrui e non di un’attribuzione di paternità. Tuttavia, per legge, l'opera simile all'originale, per essere realmente definita plagio, deve suscitare nell'ascoltatore le stesse emozioni dell'originale. Liberiamo il campo dalle false convinzioni: non esiste un criterio prestabilito per stabilire quando si commette plagio. A tutt'oggi, la giurisprudenza è incerta se siano sufficienti 4 o 8 battute per definire un plagio. Così, non trovano corrispondenza nella legge, le voci secondo cui il plagio scatterebbe solo dopo aver copiato almeno sette note consecutive o otto battute.Un tale rigido sistema  sarebbe fallace perché non terrebbe in considerazione l’enorme varietà dei brani: sette note consecutive sono una parte insignificante di una composizione orchestrale, ma possono rappresentare l’intero cuore di un brano semplice di musica pop. Proprio per tale ragione, la giurisprudenza non ha dettato criteri “matematici” per potersi parlare di plagio, ma ritiene che si debba valutare caso per caso, dando particolare rilievo alla linea melodica. Spesso, infatti, per classificare come plagio una canzone, basta che nell'ascoltatore essa susciti il riconoscimento di un pezzo antecedente al brano ipotizzato essere un plagio. A nulla, peraltro, rilevando l’originalità del brano stesso. In una nota sentenza, la Corte di Appello di Milano (sent. 24.11.1999), ha infatti stabilito che non è tutelabile dal diritto d’autore il brano di musica leggera che, per la semplicità della melodia, simile a numerosi precedenti, sia carente del requisito dell’originalità. Soprattutto però è importante saper riconoscere il "plagio" da una "somiglianza" oppure da una "cover". Il plagio di una composizione musicale può riguardare anche una parte della composizione stessa. Anche un motivo non del tutto banale presente nel ritornello di una canzone può formare oggetto di plagio quando sia stato ripreso con particolare insistenza e risalto.
Accadde nel 1960 per la canzone “Romantica”, scritta e interpretata da Renato Rascel. “Ci fu una denuncia per plagio: il dottor Nicola Festa, veterinario e musicista per diletto, accusò Renato di aver copiato “Romantica” da un suo brano intitolato “Angiulella” – racconta Giuditta Saltarini, vedova di Rascel – In tribunale il querelante si presentò con Ildebrando Pizzetti, il padre riformatore del melodramma italiano, in veste di perito di parte. Renato volle rispondere con un colpo di teatro altrettanto clamoroso e schierò a difesa della sua composizione quell’autentica superstar del neoclassicismo che era e sarà sempre considerato Igor Stravinsky”. Il quale fu evidentemente più convincente del collega visto che il giudice riabilitò totalmente “Romantica” mandando assolto il popolare artista romano. Con riferimento alla musica leggera, si ritiene che essa sia priva di complessità e originalità perché normalmente composta da strofe e ritornelli; l’armonia è di ambito tonale non elevato; la timbrica fa ricorso a strumenti elettronici con effetti di colore; la melodia è di facile intonazione e memorizzazione. Dunque, nella musica leggera vi sono semplici e ricorrenti elementi che consentono ampi margini di analogie solo occasionali. Per cui, nel giudicare un’ipotesi di plagio nel campo della musica “non impegnata”, si deve essere più tolleranti, fermo restando che si possono accertare elementi di originalità e di difformità anche in un contesto ricco di banalità e di interferenze. In altre parole, quanto minore è l’originalità dell’opera, tanto più rigorosi devono essere i criteri di accertamento. Per verificare se sussistano plagi nella musica leggera, si guarda più al ritornello che alla strofa.  La  sentenza  n. 9854 del 15 giugno 2012 della cassazione ha individuato alcune condizioni affinché il ritornello di una composizione possa definirsi un plagio: 
1. i due ritornelli devono presentare una successione di note del tutto somigliante
2. il nucleo centrale delle due composizioni deve ruotare intorno alla stessa successione di note del ritornello, cioè quella combinazione di note maggiormente idonea a contraddistinguere il brano e ad imprimersi nella memoria degli ascoltatori; 
3. la sola diversità ritmica dei due ritornelli non è sufficiente a conferire al ritornello il carattere della creatività, devono infatti concorrere anche i due elementi della melodia e della armonia.
Ma cosa ne sa un giudice di musica pop, vi potreste chiedere. Il giudice provvede alla nomina di un CTU (consulente tecnico d'ufficio) per redigere una perizia giurata, ed al quale viene proposto l'ascolto dei due brani (l'originale e l'eventuale plagio). Se il giudice riconosce le ragioni dell'attore (colui che intraprende l'azione legale), l'autore del plagio rischia il ritiro del pezzo dal mercato con sanzioni salatissime, oppure che gli introiti vengano devoluti all'autore originale Spesso anche gli stessi CTU sono tutt’altro che univoci nelle loro indagini.
Per esempio, nel citato caso giudiziario tra Al Bano Carrisi e Michael Jackson, prima di arrivare a un giudizio di colpevolezza nei confronti di quest’ultimo, ci sono volute tre diverse perizie e l’accertamento che ben 37 note sulle 40 che componevano la melodia dei due brani erano identiche. Tra i plagi più evidenti della storia della musica, ricordo come “I giardini di marzo” di Battisti abbia qualcosa in comune a Mr. Soul” di Neil Young; “La donna chevorrei” di Gigi D’Alessio sia simile in modo imbarazzante a “Babe, I’m gonnaleave you” dei Led Zeppelin; o ancora come Ballo Ballo” di Raffaella Carrà sia strettamente imparentata con “Eleanor Rigby” dei Beatles. Un evidentissimo caso di plagio è quello che ha visto Eric Carmen, autore della pluricoverizzata “All By My Self” (nota la versione di Mariah Carey), trascrivere le note del compositore russo Rachmaninov nel suo “Concerto per piano e orchestra op. 2”, terzo movimento (Adagio sostenuto). In verità, non si tratta di vero e proprio plagio, posto che l’opera di Rachmaninov è diventata ormai di pubblico dominio e non è più protetta dal diritto d’autore. Era il 1996 quando il cantautore Francesco De Gregori, nel suo album “Prendere e lasciare”, inserì la canzone “Prendi questa mano, zingara”, il cui titolo e il primo verso riprendevano una nota canzone (“Zingara”) scritta nel 1969 da Enrico Riccardi e Luigi Albertelli. Nonostante ci fosse una parola differente (il testo originale recita «Prendi questa mano, zingara, dimmi pure che destino avrò» mentre De Gregori cantava «Prendi questa mano, zingara, dimmi pure che futuro avrò»), gli autori ritenevano che la loro canzone fosse stata plagiata. Il giudice di prime cure inibì la diffusione del brano. Il risultato si ribaltò in sede d’appello poichè la corte territoriale considerata la totale diversità del resto del testo della canzone, ritenne l’incipit una semplice citazione.
Misero fine alla discussione lasciando libera la musica i i giudici della Suprema Corte che con la sentenza n. 3340/2015 hanno affermato che «In tema di plagio di un’opera musicale un frammento poetico-letterario di una canzone che venga ripreso in un’altra non costituisce di per sè plagio, dovendosi accertare da parte del giudice di merito, se il frammento innestato nel nuovo testo poetico-letterario abbia o meno conservato una identità di significato poetico-letterario ovvero abbia evidenziato, in modo chiaro e netto, uno scarto semantico rispetto a quello che ha avuto nell’opera anteriore». Sappiamo benissimo che abbiamo sette note nel pentagramma e considerandole da sole, e cioè senza le loro variazioni, è difficile non risultare ripetitivi o scarsi nel lavorare con la fantasia, perchè non bisogna dimenticare che la musica si basa anche sulla matematica e che il numero di combinazioni di queste sette note non è infinito, per questo prima di lanciare l’allarme di plagio è bene tener d'occhio il tema, l’atmosfera e l'elaborazione di un brano.


domenica 7 febbraio 2016

Per la gioia di Sgarbi

E’ ufficialmente partita il 15/01/2016 l’opera di depenalizzazione. In base, infatti al nuovo decreto legislativo diverse le fattispecie criminose sono state trasformate in illeciti amministrativi comportando modifiche al codice penale allo scopo di deflazionare il sistema penale. Tra le varie tipologie di reato s’inserisce anche il reato d’ingiuria disciplinato all’art. 594 c.p.. Le modifiche delle citate fattispecie in illeciti amministrativi riguarda anche le violazioni commesse prima dell’entrata in vigore del decreto suddetto (il cosiddetto principio del favor rei), mentre rimangono ferme le condanne passate in giudicato, divenute appunto definitive. 
Ad ogni modo, si ricorda che il colpevole mantiene la facoltà di potersi difendere contro la nuova sanzione, intentando opposizione e avendo così modo di dimostrare la propria condizione di innocenza. Per quanto attiene, poi, ai reati modificati in illeciti civili, la sanzione pecuniaria viene applicata dal giudice competente a conoscere dell’azione di risarcimento del danno, al termine del giudizio solo nel caso in cui accolga la domanda di risarcimento proposta dalla persona offesa cui viene lasciata la facoltà di poter decidere se se agire o meno contro il soggetto, non essendo prevista la trasmissione d’ufficio degli atti dal giudice penale o dalla Procura a quello civile competente all’irrogazione della nuova sanzione. Nel caso di condanna, lo Stato, rimasto fuori dal procedimento, ha così modo di ripresentarsi per incassare la sanzione civile. Qualora, al contrario, la vittima decida di non agire, il fatto resta in tal modo impunito mentre il soggetto responsabile non sarà tenuto a versare nulla, nemmeno nei confronti dello Stato.

  REATI CONTRO LA PERSONA
Ingiuria (Articolo 594)
Reclusione fino a 6 mesi o multa fino a 516 € – Reclusione fino a 1 anno o multa fino a 1.032 € (con attribuzione di fatto determinato)
Sanzione civile da 100 a 8.000 € – Sanzione pecuniaria civile da 200 a 12.000 € (con attribuzione di fatto determinato o commesso in presenza di più persone)


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domenica 31 gennaio 2016

Con le dovute grazie




Anche senza essere Raymond Carver, tutti dobbiamo trovare le parole giuste per comunicare quello che vogliamo dire ed ogni strumento deve avere il suo linguaggio. Scrivere un discorso è diverso da scrivere una brochure. Scrivere il bilancio annuale della società è diverso da scrivere una presentazione o un documento tecnico. E lo stile della scrittura? Ebbene sì, anche questa è una forma di comunicazione ed una ricerca di attenzione che richiede l’adeguata forma per favorire la persuasione. D’altro canto (già lo sappiamo), Lord Chesterfield affermava che lo stile è l’abito dei pensieri, e un pensiero ben vestito come un uomo ben vestito, si presenta molto meglio. Lo sappiamo bene, noi avvocati, e tra noi, meglio lo sanno, i civilisti per i quali i biglietto da visita che presentano al giudice è proprio l’atto giudiziale con cui introducono una causa. A tal proposito attraverso una breve ricerca su internet ho scoperto che un nostro collega civilista di Los Angeles, Matthew Butterick, ha realizzato un sito dal titolo Typography for Lawyers con lo scopo di insegnare agli avvocati ad adottare i giusti accorgimenti tipografici nella stesura degli atti. Ora i tempi sono maturi anche per noi avvocati italiani e la presentazione visiva dei testi mi è sembrato un argomento interessante ed affascinante. Secondo l’avv. Butterick uno stile tipografico di un documento legale — dalla scelta dei font all’impaginazione — può risultare esteticamente più gradevole, più chiaro ed, anche, più persuasivo. Afferma, infatti, che scrivere un’intera memoria difensiva, ad es., con font Times New Roman a dimensione 12, equivale a discutere oralmente una causa davanti al giudice, stando immobili, con gli occhi bassi, fissi sul foglio, leggendo con voce monotona, finendo così inevitabilmente per perdere l’attenzione del giudice. Così come presentare uno scritto poco curato corrisponderebbe a presentarsi in udienza senza essersi fatti una doccia, lavati i denti, pettinati i capelli e con le scarpe sporche. Vi sono due tipi di font di caratteri: monospazio e proporzionali
I primi sono caratterizzati dal fatto di avere tutti i caratteri della stessa larghezza mentre i secondi hanno caratteri di larghezza variabile. I caratteri proporzionali sono generalmente considerati più attraenti e più facili da leggere. I font monospazio sono più difficili da leggere ed occupano più spazio orizzontalmente. Un tipico esempio di carattere monospazio è il Courier. Bisogna poi distinguere tra font con le grazie (o a bastoni) e quelli senza. I primi sono quelli i cui caratteri possiedono alle estremità degli allungamenti ortogonali, detti appunto grazie, mentre i secondi ne sono privi. I font con grazie sono considerati preferibili perché più gradevoli esteticamente e di più facile lettura. Un tipico esempio di font con le grazie è il Times New Roman. Esempio di font senza grazie e invece Arial. Tra i font di sistema già inseriri per default nel prorpio sistema operativo i più comuni e considerati i migliori sono: Baskerville, Bell, Calisto, Century Schoolbook, Franklin Gothic, Garamond, Gill Sans, Goudy Old Style, High Tower Test, Hoefler Text, Optima, Perpetua. 
Fra i font a pagamento, invece, per gli scritti legali si consigliano: Sabon (per gli atti), Stempel Garamond (per la corrispondenza), Lyon Text, Miller, Minion, Williams Caslon, Mercury. 
Scelto il carattere sembrano opportuni ulteriori suggerimenti sulla formattazione del testo e sulla distribuzione dei paragrafi. 
Andrebbe, inoltre, evitato l’uso della sottolineatura per favorire l’utilizzo del grassetto (il corsivo, noi, in Italia, lo utilizziamo prevalentemente per le citazioni, tipicamente della giurisprudenza), dovendo servire a mettere in evidenza un concetto, se si mette in evidenza tutto (o troppo) è come non mettere in evidenza niente, dovendo limitarsi a mettere in grassetto solo le parole o piccole frasi più significative del periodo. Un’alternativa all’uso del grassetto, per evidenziare una parte del testo, può essere l’uso del maiuscoletto che è come il maiuscolo ma con l’altezza del minuscolo. Il testo centrato dovrebbe essere utilizzato per i titoli delle varie sezioni dello scritto difensivo (come “PREMESSE”, “FATTO E DIRITTO”, “CONCLUSIONI”, ecc.) mentre non andrebbe usato, ad es., per i titoli dei vari motivi/punti dello scritto difensivo. Nemmeno eventuali tabelle presenti nel documento andrebbero centrate ma andrebbero, invece, lasciate allineate a sinistra. Si ritiene che sia meglio giustificare il testo da al documento un aspetto più chiaro e formale usando la sillabazione per evitare tronchi nell’andare a capo riga. 
Andrebbe limitato al massimo l’uso di testo scritto tutto maiuscolo che risulta anche più faticoso da leggere perché rende più omogenee le forme rispetto al minuscolo. L’uso del maiuscolo è dunque consentito solo per brevi titoli (meno di una riga). Inoltre, non è necessario, come spesso si vede fare negli atti difensivi, mettere i nomi delle parti o i termini chiave tutti in maiuscolo (o peggio in maiuscolo e grassetto). Dunque andrà scritto “Tizio Tizi” e non “TIZIO TIZI”. Viene inoltre consigliato di mettere uno spazio tra le lettere per rendere più leggibile il testo scritto in maiuscolo (es. T R I B U N A L E D I V E R O N A anziché TRIBUNALE DI VERONA). Per quanto concerne gli elenchi numerati, si sconsiglia l’utilizzo sia dei numeri romani — sia maiuscoli (I, II, III) che minuscoli (i, ii, iii) perché difficili da leggere e “decifrare” e perché confondibili tra loro — sia delle lettere, maiuscole (A, B, C) o minuscole (a, b, c). Si consiglia, invece, di usare più livelli di numeri:
 

1. primo punto primo livello
    1.1 primo punto secondo livello
       1.2 secondo punto secondo livello
       1.2.1 primo punto terzo livello
          2.2.2 secondo punto terzo livello
    1.3 terzo punto secondo livello
2. secondo punto primo livello
 
Dalla carta stampata al web le questioni sono le stesse, ci troviamo però di fronte ad alcune scelte obbligate: la lettura a distanza e, più in generale, la lettura a video, riducono di molto la leggibilità delle lettere. In questo caso, quindi, è necessario usare font adeguati ed essenziali, ovvero quelli del secondo tipo. Ottimi quindi l’Arial e il Verdana, pessimi il Times new Roman e tutti i caratteri con “grazie”. In particolare l’Arial, essendo più stretto, permette la presenza di testi più lunghi, mentre il Verdana dovrebbe essere riservato per le presentazioni che usano poche frasi ad effetto e che non hanno blocchi di testo di una certa consistenza. Curiosa, in tempi di spending review, la storia dello studente americano di 14 anni, Suvir Mirchandani, che nel 2011 ha scoperto che cambiando il carattere di stampa sui documenti ufficiali il governo Usa avrebbe potuto ottenere risparmi nell'ordine dei 370 milioni di dollari l'anno. Risparmio ottenuto passando dal font Times New Roman al Garamond. 
Questo, infatti, inventato nel 1530 da Claude Garamont e caratterizzata da tratti più sottili rispetto agli altri caratteri, è stata eletta la font più efficiente dal punto di vista dei consumi perchè richiede meno inchiostro in fase di stampa. Il governo Usa come del resto il nostro più modesto PCT sono focalizzati sul passaggio dalla carta al Web, e quindi sull'opportunità di ridurre le attività di stampa, peraltro già effettuate, almeno si spera, su carta riciclata. Ad ogni modo, qualche stampa in bozza od in copia cortesia, ci tocca, quindi, che sia stile o risparmio carta e toner: fate la vostra scelta!