venerdì 22 gennaio 2016

Alla hostess non far sapere che ti servon le cappelliere


Rinchiuse nelle cappelliere degli aerei per celebrare le prime ore di volo. Accade in Cina dove alcune foto pubblicate sul popolare servizio di messaggistica istantaneo WeChat e diventate subito virali, mostrano delle giovani hostess della compagnia aerea cinese Kunming Airlines sdraiate nello scomparto per i bagagli. Una sorta di rituale di iniziazione, si legge nel post, imposto dai colleghi più anziani a tutti gli assistenti di volo "che hanno completato dalle 30 alle 50 ore di servizio". Con le cappelliere deve aver un conto in spseso anche l'hostess di questa vicenda che  invitava una passeggera, che trovava stipata la porzione di cappelliera sopra il posto assegnato, a posizionare il suo bagaglio a mano dove vi fosse spazio. La viaggiatrice accetta per buono il consiglio della hostess ritenuto di buon conto per esperienza e prassi. Pertanto, meglio sistemando nella borsa tablet, telefoni cellulari e profumi per evitarne la rottura, la sventurata agisce come consigliato. Due ore dopo, alla discesa dall'aereo, trova manmesso il, bagaglio e trafugato il contenuto.
In questa materia trova applicazione la Convenzione di Montreal per l'unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale, conclusa a Montreal il 28 maggio 1999, è stata firmata dalla Comunità europea il 9 dicembre 1999 e approvata a suo nome con la decisione 2001/539/CE del Consiglio, del 5 aprile 2001. In particolare, a mente dell'art. 22 della Convenzione, "nel trasporto di bagagli, la responsabilità del vettore in caso di distruzione, perdita, deterioramento o ritardo è limitata alla somma di 1000 diritti speciali di prelievo per passeggero" (pari ad oggi a circa Euro 1.267,55). In virtù di detta disciplina, redatta principalmente per i bagagli da stiva, al vettore che voglia sottrarsi all'obbligazione risarcitoria, spetta di dimostrare di aver adottato, unitamente ai propri preposti, tutte le misure oggettivamente possibili, secondo un criterio di diligenza professionale, ad evitare l'evento dannoso o a ridurne le conseguenze negative. (Giudice di Pace di Milano Sentenza 18 giugno 2015, n. 9246) Con l'imbarco, al momento del chek-in, il viaggiatore affida il suo bagaglio alla custodia del vettore aereo, il quale, per andare esente da responsabilità in ipotesi di perdita od avaria, deve provare di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno e ai sensi dell'art. 2697 c.c., deve fornire la prova di eventuali fatti in contrasto con quanto dedotto dall'attore. Dello stesso tenore è la pronuncia del Tribunale di Roma, Sezione 9 civile Sentenza 26 maggio 2015, n. 11528 che afferma come per effetto della consegna delle cose trasportate da parte del vettore aereo all'impresa esercente il servizio di handling aeroportuale viene in essere un deposito a favore del terzo che ha per oggetto l'obbligo del depositario di custodire e di restituire la merce al destinatario e quest'ultimo, in caso danneggiamento o di perdita di detta merce verificatasi nella fase di tale deposito. Diverso, in parte, appare l’obbligo di risarcimento della manomissione o furto del bagaglio a mano. In questo caso non vi è una effettiva consegna del bene al vettore poiché il custode del bagaglio rimane per tutto il tempo del viaggio aereo il proprietario dello stesso. Nel caso di specie, però, la linea conduttrice della  responsabilità colposa del consumatore viene interrotta dall’intervento della hostess che con condotta negligente e superficiale la invita a posizionare il bagaglio ovunque “vi trovi posto” sottintendendo anche il “fuori dal suo controllo” facendo ingannevolmente credere che questa sia la prassi. Difatti la proposta proviene da soggetto qualificato ed esperto non da altro viaggiatore che potrebbe far dubitare della bontà di detto invito. Per analogia di contenuti e materia  preme evidenziare la pronuncia della Suprema Corte del 19 dicembre 2014, n. 26887 relativa alla normativa del trasporto ferroviario del trasporto ferroviario, costituita dalla Legge 18 dicembre 1984, n. 976 di ratifica ed esecuzione della Convenzione di Berna del 9 maggio 1980 sui trasporti ferroviari internazionali, e dalle "Condizioni e Tariffe per i trasporti delle persone in base a tali norme non sussisteva alcun obbligo in capo al personale di sorvegliare i bagagli dei passeggeri, che rimangono esclusivamente nella loro custodia. Diversamente, però, dopo il regolamento CE n. 1371 del 2007, il contratto di trasporto ferroviario in carrozza letto obbliga il vettore ad adempiere alla relativa prestazione accessoria di custodia del bagaglio che il viaggiatore/consumatore (parte debole del contratto). Criterio, questo, recepito nell'ordinamento interno con Decreto Legislativo 17 aprile 2014, n. 70 che sul concetto di diligenza qualificata dalla qualita' dell'offerente - imprenditore, incardina il criterio per la valutazione della sua responsabilita'.Su questa scia, infatti, l'articolo 1786 c.c., espressamente estende la responsabilita' dell'albergatore all'imprenditore del servizio di carrozza letto, sulla considerazione che, come l'albergatore ha l'obbligazione accessoria di garantire il cliente contro i furti delle cose che egli porta nella camera di albergo e a tal fine di vigilare affinche' estranei non vi si introducano, cosi' l'organizzatore del trasporto ferroviario in carrozza letto e così, a mio avviso, il trasporto aereo. A questo si aggiunga che nella polizza assicurativa, proposta e stipulata con la compagnia assicuratrice dell’agenzia viaggi, il furto costituiva un rischio espressamente previsto e percio' rientrante nella sua sfera di controllo e di organizzazione di misure necessarie per scongiurarne l'accadimento. Tutto ciò premesso, però, non appare possibile escludere un concorso di colpa tra le parti sia per la temerarieta' del comportamento del dipendente della compagnia aerea ma anche da parte del viaggiatore che davanti a terzi ha spostato da una borsa all’altra i beni contenuti esponendoli pericolosamente alla pubblica fede.
Tanto chiarito in punto di diritto, indubbiamente il vettore aereo è tenuto a risarcire al passeggero il danno da questi subito per la sottrazione del bagaglio o di una parte di esso, poiché la responsabilità nell'esecuzione del contratto di trasporto aereo non può che estendersi anche al bagaglio del passeggero durante il trasporto e le relative operazioni preparatorie o accessorie. Nel caso di specie, perdipiù, non può tuttavia sottacersi che la condotta della hostess corrisponde alla cd. colpa con previsione «caratterizzata dal fatto che l'agente prevede come probabile l'evento dannoso, ma non modifica la propria condotta, nella sicura consapevolezza di poterlo evitare» Infine la Corte di Giustizia dell'Unione europea, Sezione 5 sentenza 18 settembre 2014, n. 487/12 ha definitivamente stabilito che nel caso di bagagli non consegnati, compresi gli oggetti personali, il vettore è responsabile qualora il danno derivi da sua colpa ovvero da colpa dei suoi dipendenti o incaricati.

domenica 10 gennaio 2016

L'anno che verrà!


Finalmente si schiudono alle esigenze del mondo professionale enormi risorse finanziarie sino ad ora riservate alle imprese e si mettono i professionisti nelle condizioni di effettuare importanti investimenti in progetti innovativi. I liberi professionisti, infatti, sono equiparati alle imprese nell’accesso ai fondi europei: lo prevede il comma 475 del maxiemendameto alla Legge di Stabilità approvato in Senato, che recepisce una direttiva europea. In pratica, possono accedere come le PMI ai piani operativi regionali e nazionali dei fondi sociali europei (FSE) e del fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), che rientrano nella programmazione 2014-2020. Il Fondo sociale europeo (FSE) è il principale strumento finanziario di cui l’Unione europea si serve per sostenere l’occupazione negli Stati membri oltre che per promuovere la coesione economica e sociale. Le risorse dell’FSE ammontano al 10% circa del budget comunitario totale.L’FSE è uno dei Fondi strutturali dell’UE, che sono dedicati al miglioramento della coesione sociale e del benessere economico in tutte le regioni dell'Unione europea. I Fondi strutturali sono strumenti finanziari redistributivi che sostengono la coesione in Europa concentrando i propri contributi sulle regioni meno sviluppate. L’obiettivo specifico del budget FSE, ovvero sostenere la creazione di nuovi e migliori posti di lavoro nell'UE, viene perseguito cofinanziando progetti nazionali, regionali e locali destinati ad aumentare i livelli di occupazione, la qualità dei posti di lavoro e l’inclusività del mercato del lavoro negli Stati membri e nelle loro regioni. Diversamente, il Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR) è uno dei fondi strutturali dell'Unione europea, ed è lo strumento principale della sua politica regionale, gestito dal Commissario europeo per la Politica Regionale. Sostanzialmente uguale al Fse, promuove la coesione economica e sociale attraverso la correzione dei principali squilibri regionali e la partecipazione allo sviluppo e alla riconversione delle regioni. A tale titolo, il FESR concorre anche alla promozione di uno sviluppo sostenibile e alla creazione di posti di lavoro durevoli. I liberi professionisti, spiega la norma, sono «equiparati alle PMI come esercenti attività economica, a prescindere dalla forma giuridica rivestita», in base a quanto previsto dalla Raccomandazione della Commissione UE 6 maggio 2013/361/CE, dal Regolamento UE 1303/2013, e dalle Linee d’azione per le libere professioni del Piano d’azione Imprenditorialità 2020. I fondi vengono erogati direttamente, oppure attraverso Stati e Regioni. La norma inserita in Legge di Stabilità rende coerente la legislazione italiana con le direttive comunitarie, superando le interpretazioni diverse su base regionale (che in alcuni casi chiedono, per l’accesso ai fondi, l’iscrizione alla Camera di Commercio) Aprire ai professionisti le agevolazioni per le imprese andando a valorizzare un giro d’affari di quasi 600 miliardi di euro che dà lavoro a 11 milioni di persone (dati 2010) questa norma non ha avuto vita facile. Prevista da un emendamento approvato il 15 novembre, ha poi rischiato di essere “rimossa” perché alla Camera è stato presentato un emendamento per cancellare il comma 474 (nella nuova numerazione è il comma 821) in quanto scritto in modo “fraintendibile”. Gli effetti si concretizzeranno in agevolazioni ai professionisti per acquisto di macchinari, impianti, attrezzature, opere murarie, consulenze, attività di ricerca e sviluppo, formazione. Le pmi avranno dunque dei nuovi concorrenti nell'ottenimento dei 42 miliardi di euro di fondi strutturali comunitari, i 24 di finanziamenti nazionali e gli oltre 4 che verranno concessi dalle regioni. Finora la legge prevedeva che, per poter accedere a risorse comunitarie, le imprese dovessero essere iscritte alla camera di commercio. Situazione che di fatto escludeva i professionisti a meno che non fossero soci di società. La possibilità di poter attingere dai fondi strutturali mette i professionisti in condizione di poter ottenere agevolazioni per tutte le fasi dell'attività previste. Tra le altre, ci saranno altre tre novità:

- soglie di ricavi più alte per accedere al regime forfettario: l’asticella sale da 15mila a 30mila euro e per chi avvia un’attività rientrando nei limiti previsti può sfruttare, per i primi 5 anni, la tassazione al 5%;
- ritocco al rialzo delle deduzioni IRAP,
- congelamento dell’aliquota dei contributi al 27% (più uno 0,72% per la maternità) per le partite IVA iscritte alla gestione separata INPS.

Da un lato, quindi, c’è la consapevolezza che occorre fornire agli avvocati gli strumenti per il riassetto e la riorganizzazione degli studi, per affrontare un mercato caratterizzato da una sempre maggiore concorrenza e che richiede specializzazione, Dall’altro lato, però, c’è la crisi economica che ha tagliato reddito e fatturato medio, dunque gli imponibili previdenziali, che assicurano il pagamento delle pensioni e parte degli interventi di welfare. Negli ultimi due anni, infatti, il 44% dei legali ritiene di aver visto diminuire i propri guadagni. Percentuale che sale al 49% nel Mezzogiorno. Solo per un avvocato su quattro, invece, il fatturato è aumentato. Ma il calo dei redditi, per fortuna, non ha portato con sé uno speculare calo dell’occupazione che risulta in controtendenza. Il 76% degli studi, infatti, ha mantenuto invariato il numero degli addetti mentre e il 9% lo ha aumentato. E tra le principali difficoltà denunciate dagli avvocati figura, al primo posto, il mancato o ritardato pagamento da parte dei clienti, lamentato dal 79% dei professionisti interpellati, mentre il 66% indica il peso crescente degli adempimenti burocratici. Questa la fotografia fornita dal «Primo rapporto sull’avvocatura italiana» realizzato da Censis. Contro questa crisi economica la legge di stabilità ha posto l’accento anche sul gratuito patrocinio. In particolare gli emendamenti introducono la possibilità per gli avvocati di compensare i crediti vantati nei confronti dello Stato a seguito del gratuito patrocinio prestato a favore dei soggetti non abbienti, con tutte le tasse e imposte dovute, compresa l’IVA, e compresi i contributi del personale dipendente dello studio legale, nel limite di 10 milioni annui. La misura è entrata in vigore il 1° gennaio. Lo scopo è quello di incentivare la scelta del gratuito patrocinio da parte dell’avvocato e permettere così ai meno abbienti (con reddito sotto 11.528,41 euro) di avere un bacino più ampio di avvocati da poter scegliere. Altra novità di rilievo è che la stessa possibilità di compensazione è prevista anche per i contributi dovuti alla Cassa Forense. Gli avvocati potranno scegliere se compensare o meno i propri crediti provenienti dall’attività di gratuito patrocinio con i contributi previdenziali della Cassa Forense. Gli avvocati avranno la facoltà di una compensazione anche parziale. Il credito residuo, in questo caso, verrà accreditato dallo Stato sul conto corrente dell’avvocato. La compensazione sarà esente da imposta di bollo e registro.

Chi vivrà, vedrà!


domenica 15 novembre 2015

La tenuità del fat(T)o



Il 2 aprile 2015 è entrato in vigore il D.Lgs. 16 marzo 2015, n. 28 che introduce nel nostro ordinamento penale un nuovo istituto giuridico: la non punibilità per particolare tenuità dell’offesa. Si tratta di un complesso apparato per cui saranno i Giudici i protagonisti della depenalizzazione potendo stabilire quali fatti non punire e quali, invece, meritano di essere perseguiti. Difatto, introducendo l’art. 131 bis nel codice di procedura penale, il legislatore consente il proscioglimento per reati (anche d’impatto sociale) puniti fino a cinque anni di reclusione, nei casi in cui il P.M. od il Giudice ravvisino la lieve entità del fatto. La prima conseguenza è che la pena prevista è talmente alta che comprende un numero eccezionale di reati, fra i quali, soltanto per citarne alcuni: la corruzione impropria, l’abuso e l’omissione di atti d’ufficio, molte ipotesi di falso, alcuni reati tributari (la dichiarazione infedele, l’omessa dichiarazione, l’omesso versamento dell’IVA e della ritenuta d’acconto) il falso in bilancio. Chiaramente non possono godere della non punibilità: i recidivi; i delinquenti abituali, professionali o per tendenza; chi abbia commesso più reati della stessa specie; le condotte plurime abituali o ripetute. Nemmeno, certamente, chi abbia agito per motivi abietti e futili adoperato sevizie, o profittato delle condizioni di minorata difesa della vittima, anche minorenne. L’uso di sevizie difficilmente avrebbe potuto essere considerato suscettivo di positiva valutazione!! Vi è di più, la lieve tenuità non può mai riguardare il reato di lesioni gravissime (si tratta di quelle che abbiano comportato la perdita di un senso o di un organo; tuttavia che è implicitamente consentita la non punibilità delle lesioni gravi (in cui si presenta l’indebolimento permanente di un senso o di un organo). Non è tutto: il giudizio di lieve entità si iscrive sul casellario giudiziale (la fedina penale) e nei procedimenti correlati (civile ed amministrativo) alla stregua di una condanna. La diffusione di elenchi cui si applicherebbe ha causato l’erroneo convincimento che il decreto legislativo comporti la loro depenalizzazione. La differenza è palese: con la depenalizzazione, tutti i reati, a prescindere dalle modalità con le quali in concreto si sono consumati, vengono meno; con la lieve entità , non sono punibili i reati, sanzionati in astratto nel massimo con la pena di cinque anni di reclusione o con la pena pecuniaria, solo qualora siano in concreto scarsamente offensivi. Nel primo caso, il legislatore stabilisce a priori le condotte che non costituiscono più reato; nel secondo caso, il legislatore attribuisce al giudice il potere di verificare. Per questo motivo, il decreto prevede che avverso la richiesta di archiviazione presentata dal P.M. l’indagato possa presentare opposizione ed ottenere un’udienza camerale davanti al Gip nella quale persuaderlo della sua innocenza invece che del modesto rilievo del suo comportamento illecito. Tecnicamente, il PM, verificata la ricorrenza delle condizioni volute dalla legge, deve chiedere l’archiviazione. Della richiesta deve essere dato avviso sia all’imputato che alla parte offesa, anche se quest’ultima, con la denuncia o querela, non abbia chiesto di essere avvisata in caso di richiesta di archiviazione. Resta salva la facoltà per il Giudice di rigettare la richiesta di archiviazione e provvedere ai sensi dell’art. 409 c.p.p.
Concludendo sembra evidente che una seria verifica della sussistenza dei presupposti, dell’effettiva offensività del fatto e della personalità del reo sono incompatibili con il dichiarato scopo deflattivo dell’istituto; riducendo l’obiettivo della riforma, alla scomparsa dei fascicoli bagatellari che affollano i nostri uffici penali; cosicchè le esigenze di economia processuale prevalgano su quelle di legalità ed obbligatorietà dell’azione penale. La particolare tenuità del fatto deve sperimentare la giustizia penale riparativa e riconciliativa, diffondendo protocolli secondo i quali la non punibilità è riconosciuta qualora l’imputato abbia, spontaneamente e prima del processo, provveduto ad eliminare le conseguenze dannose del reato od a riconciliarsi con la vittima. Diversamente, il principio di offensività venga strumentalizzato per “snellire” i ruoli penali.

giovedì 5 novembre 2015

Amor, amor di nostra vita ultimo inganno:parola dei giudici



In amore la menzogna interessata è lecita. La vicenda risale al 2009, quando tra due infermieri di un noto ospedale meneghino scoppia una storia d'amore. Da subito, l'uomo comincia a chiedere soldi alla compagna, promettendone sempre la restituzione, prima per pagare le tasse e poi per intraprendere una attività in Perù. La donna contrae un mutuo di 10mila euro per venire incontro alla richiesta del partner che effettivamente di lì a poco parte per il Sud America, dove lei lo raggiunge consegnandogli altro denaro. Una volta tornati a Milano però lui cambia atteggiamento e la lascia.
Dopo varie richieste di restituzione non evase, incassata la fregatura,  la disputa approda davanti al tribunale milanese dove il giudice investito della questione si domanda «se è concepibile il reato di truffa quando una persona inganni il proprio ‘compagno' (o la propria ‘compagna') circa i propri sentimenti, al solo scopo di ottenere un vantaggio patrimoniale con altrui danno». La risposta, in linea teorica, è che si è concepibile, tuttavia in concreto essa è «difficilmente ravvisabile». Infatti, anche per «evitare una spropositata estensione dell'area penale», si dovrebbero rigorosamente accertarne tutti gli elementi tipici, vale a dire: la condotta fraudolenta, il dolo ed anche la relazione consequenziale tra l'errore sul sentimento e l'atto dispositivo. Sotto il primo profilo osserva la sentenza, in assenza di raggiri «il semplice mentire sui propri sentimenti – la nuda menzogna - non integra una condotta tipica di truffa» (Trib. Milano, Sez. III, sent. 14 luglio 2015) .
Con riferimento al dolo, poi, esso dovrebbe sussistere fin dall'inizio, cioè essere alla base stessa della relazione. Infine, per quanto riguarda il terzo aspetto bisognerebbe poter affermare che il raggirato sia stato effettivamente determinato nella sua generosità soltanto dalla errata convinzione circa l'altrui sentimento. Ma ciò è molto difficile da provare perché, osserva il giudice, vi potrebbero essere altre cause alla base della dazione. Ed il tribunale fa l'esempio di un «ricco erede» che fosse stato ingannato da una «giovane e bellissima donna» e l'avesse ricoperta di «doni» e «ingenti capitali»: anche in questo caso non ci sarebbe reato, poiché esiste il «ragionevole dubbio» che la «presunta vittima» non si sarebbe comportata in modo diverso pur «sapendo della reale intenzione» della donna, magari perché «ben lieto di accompagnarsi all'avvenente ragazza».

Stesso discorso vale per l’accusa di appropriazione indebita: le parti avevano pattuito la restituzione delle somme prestate. Per la legge si tratta di un contratto di mutuo, un prestito. Così facendo, alla consegna del danaro la proprietà dello stesso è passata dalla donna all’uomo.